Massima

Il ricorso per cassazione, proposto ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., che deduca la violazione degli artt. 157 e ss. cod. proc. pen. a causa dell’omessa notifica rituale del decreto di citazione nel giudizio di primo grado, è ritenuto infondato qualora la dedotta nullità si basi sulla circostanza che il difensore presso cui l’imputato aveva eletto domicilio sia stato, in epoca antecedente la notifica (nel caso di specie, sospeso in data 15/11/2019, notifica avvenuta il 07/07/2020), sospeso dall’esercizio della professione forense.

Supporto alla lettura

RICORSO PER CASSAZIONE

Il ricorso per cassazione, nel processo penale, disciplinato dagli art. 606 e ss. c.p.c, è un mezzo di impugnazione ordinario, costituzionalmente previsto avverso i provvedimenti limitativi della libertà personale ed esperibile negli altri casi previsti dal codice di procedura penale, tramite il quale l’impugnante lamenta un errore di diritto compiuto dal giudice nell’applicazione delle norme di diritto sostanziale (c.d. error in iudicando) o di diritto processuale (c.d. error in procedendo).

Legittimata a ricorrere è la parte che vi abbia interesse e conseguentemente le parti necessarie quali l’imputato (a mezzo di difensore abilitato al patrocinio avanti le giurisdizioni superiori) e il pubblico ministero. Altresì, possono proporre ricorso anche le parti ritualmente costituite come la parte civile, civilmente responsabile, civilmente obbligato per la pena pecuniaria.

I giudici della Cassazione possono decidere soltanto nell’ambito dei motivi palesati dal ricorrente, in quanto il giudizio verte sulla fondatezza di tali motivi che devono corrispondere alle ipotesi tassativamente previste dall’art. 606 c.p.p.:

  • eccesso di potere;
  • error in iudicando;
  • error in procedendo;
  • mancata assunzione di una prova decisiva;
  • carenza o manifesta illogicità della motivazione.

Il ricorso può essere presentato da una parte o da un suo difensore, che deve essere iscritto ad un albo speciale predisposto dalla Corte stessa, (in mancanza viene nominato uno d’ufficio), quindi il Presidente della Cassazione assegna il ricorso ad una delle sei sezioni della Corte a seconda della materia e di altri criteri stabiliti dall’ordinamento giudiziario. Se rileva l’inammissibilità del ricorso, lo assegna alla VII Sezione Penale (c.d. Sezione Filtro), composta dai magistrati di Cassazione delle altre Sezioni Penali che vi si alternano a rotazione biennale. Entro 30 giorni la sezione adìta si riunisce in Camera di Consiglio e decide se effettivamente esiste la causa evidenziata dal Presidente, in mancanza rimette gli atti a quest’ultimo. Come nel procedimento civile, la Cassazione si riunisce a “Sezioni Unite” quando deve decidere una questione sulla quale esistono pronunce contrastanti della Corte di Cassazione stessa o per questioni di importanza rilevante.

Qualora non si proceda in camera di consiglio, l’art. 614 c.p.p. prevede l’ovvia fase dibattimentale. Particolarità è che la sentenza non viene emanata dopo la chiusura del dibattimento, ma subito dopo il termine dell’udienza pubblica. Tuttavia il presidente può decidere di differire la deliberazione ad un’udienza successiva se le questioni sono numerose o particolarmente importanti e complesse.

Sono quattro i tipi di sentenza che la Corte può emettere:

  • di inammissibilità;
  • di rigetto;
  • di rettificazione;
  • di annullamento (con rinvio o senza rinvio).

Come per il procedimento civile, anche nel processo penale è previsto il “ricorso per saltum“, cioè dal primo grado direttamente in Cassazione (art. 569 c.p.p.), è importante precisare che non si può ricorrere per saltum per i motivi alle lettere d) ed e) dell’art. 606 c.p.p. (prove non ammesse in giudizi di grado inferiore e per illogicità o motivazione carente nella sentenza) in quanto la Cassazione ha potere cognitivo di merito molto ristretto.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Venezia ha parzialmente riformato la sentenza emessa il 15/02/2021 dal Tribunale di Venezia nei confronti di (omissis), imputata del reato previsto dagli artt.624 e 625, n.4, cod. pen., rideterminando la pena inflitta in mesi due di reclusione ed Euro 100,00 di multa, previo riconoscimento della circostanza attenuante prevista dall’art.62, n.4, cod. pen., valutata prevalente sulla contestata recidiva.

La Corte territoriale ha riassunto l’esposizione dei fatti di causa contenuta nella sentenza impugnata, rilevando che l’imputata era stata osservata all’interno di un esercizio commerciale nell’atto di occultare merce all’interno di un borsone, recandosi poi alla cassa per pagare una sola parte di quanto prelevato all’interno degli scaffali.

Il giudice di appello ha rigettato il motivo di gravame teso a ottenere la declaratoria di nullità del giudizio di primo grado per omessa rituale notifica del decreto di citazione, atteso che la notifica medesima era avvenuta presso un difensore già nominato di fiducia (Avv. (omissis)) e che la stessa imputata aveva quindi provveduto a nominare un nuovo difensore con revoca del precedente, dimostrando di avere avuto piena conoscenza della pendenza del giudizio.

Ha ritenuto infondato il motivo inerente alla dedotta mancanza di querela, in quanto presentata da soggetto (ovvero il direttore del punto vendita) da ritenere detentore della merce e, quindi, pienamente legittimato alla proposizione della querela medesima.

Ha rigettato il motivo inerente al richiesto disconoscimento della recidiva, in considerazione dei numerosi e ravvicinati precedenti specifici gravanti sulla ricorrente; ha ritenuto invece fondato il motivo inerente al riconoscimento della circostanza attenuante prevista dall’art. 62, n.4, cod. pen., ritenuta prevalente rispetto alla contestata recidiva, rideterminando la sanzione nel senso suddetto.

2. Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso (omissis), tramite il proprio difensore, articolando un unico motivo di impugnazione, nel quale ha dedotto – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.c), cod. proc. pen. – la violazione degli artt. 157 e ss. cod. proc. pen., derivante dall’omessa notifica all’imputata del decreto di citazione del giudizio di primo grado.

Ha esposto che l’imputata aveva eletto domicilio presso un difensore (Avv. (omissis)) che, prima della notifica del decreto di citazione a giudizio, era stato sospeso dall’esercizio della professione forense in data 15/11/2019; ha quindi dedotto che tale circostanza avrebbe determinato l’inidoneità del domicilio eletto con conseguente nullità della notifica ivi avvenuta il 07/07/2020 del decreto di citazione nel primo grado di giudizio, anche perché operata presso un soggetto da ritenersi incapace a prestare assistenza legale ed essendo indifferente la circostanza, valorizzata dalla Corte territoriale, in base alla quale l’imputata aveva successivamente nominato altro difensore.

3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

La difesa della ricorrente ha depositato successiva memoria di replica rispetto alle conclusioni del Procuratore generale.

Motivi della decisione

1. L’unico motivo di ricorso è infondato.

2. Sulla base della giurisprudenza di questa Corte va rammentato che il domicilio elettivo è il luogo specialmente indicato per riguardo a un determinato rapporto giuridico: questo speciale domicilio è volontario e determina il luogo di notificazione degli atti relativi all’affare per cui vi fu l’elezione.

Ne deriva che domiciliatario, dunque, può essere chiunque (non solo il difensore) purché non rifiuti tale funzione, conseguendone che l’Avv. (omissis) non cessò la propria veste di domiciliatario sol perché sospeso disciplinarmente; difatti, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, alla quale il Collegio aderisce, gli effetti dell’elezione del domicilio da parte dell’imputato presso il difensore permangono anche se questi, successivamente, sia stato sospeso o cancellato dall’albo professionale, in quanto il domicilio può essere eletto anche presso una persona che non abbia la qualità di difensore o che l’abbia (anche solo temporaneamente) perduta, essendo tale atto distinto e diversificato, quanto ai fini, dalla nomina del difensore (Sez. 5, n. 23096 del 10/07/2020, Afzali, Rv. 279399- 02; Sez. 6, n. 26287 del 28/05/2013, Abis, RV. 256817; Sez. 1 n. 48741 del 25/11/2004 Rv. 230518); le notifiche all’odierno ricorrente andavano dunque effettuate presso il domicilio eletto, non potendosi al fine utilizzare quale riferimento il difensore nominato d’ufficio ex art.97, comma 4, cod. proc. pen.

Conseguendone, in conclusione, che nessuna nullità si è perfezionata in presenza di notifica presso un difensore domiciliatario momentaneamente inibito dall’esercizio della professione.

3. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così è deciso in Roma, il 18 settembre 2025.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2025.

Allegati

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