2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione (omissis), a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1):
1) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione alla mancata valutazione di elementi di prova decisivi formulati con l’atto di appello. Deduce che la motivazione è in aperto contrasto con quanto accertato in istruttoria ed è in aperto contrasto sulle risultanze processuali così come palesate in atto di appello, inficiando la stessa addirittura di contraddittorietà manifesta;
2) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione all’art. 62 c.p., n. 6. Deduce la mancanza di motivazione in ordine alla mancata concessione di quella attenuante;
3) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione all’art. 189 C.d.S., comma 7. Deduce che nel caso di specie si hanno elementi sufficienti per poter ritenere, che entrambe le persone infortunate hanno ricevuto nell’immediatezza degli eventi ogni assistenza da parte di terzi.
4. Va, preliminarmente affermata, ai sensi dell’art. 624 c.p.p., la responsabilità per tutti i reati ascritti (compreso quello sub capo 3 dell’imputazione per altro non oggetto di ricorso).
5. Quanto ai motivi sub 1) e 3) il ricorrente ignora le analitiche ragioni esplicitate dal giudice di appello per rigettare analoghi motivi di gravame e per confermare la responsabilità dell’imputato.
5.1. La Corte territoriale ha, in vero, fornito puntuale spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto.
Va rammentato che le sentenze di primo e secondo grado si compenetrano in un unica motivazione, versandosi in ipotesi di sostanziale c.d. “doppia conforme”.
5.2. Nel caso che occupa, le doglianze già proposte attengono esclusivamente al fatto. Giova, qui, rammentare che, in ordine alla definizione dei confini del controllo di legittimità sulla motivazione in fatto può dirsi ormai consolidato il principio giurisprudenziale, ripetuto in plurime sentenze delle Sezioni unite penali, per il quale la Corte di cassazione ha il compito di controllare il ragionamento probatorio e la giustificazione della decisione del giudice di merito, non il contenuto della medesima, essendo essa giudice non del risultato probatorio, ma del relativo procedimento e della logicità del discorso argomentativo e rimanendo preclusa al giudice di legittimità la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.
5.3. Quanto alla manifesta illogicità della motivazione, è consolidata in giurisprudenza la massima secondo cui la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito propone effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione è compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento.
5.4. Il ricorso per cassazione deve, infatti, rappresentare censura alla sentenza impugnata, criticandone eventuali vizi in procedendo o in iudicando; esso, quindi, non può consistere in una supina riproposizione delle doglianze espresse con l’appello, ma deve consistere in una critica alle ragioni in fatto o in diritto sulla cui scorta il secondo giudice ha ritenuto di dover disattendere il gravame (Cassazione penale sez. 4^ n. 44139 del 27/10/2015).
5.5. Giova, ancora, rammentare che, nel reato di omissione di soccorso, di cui all’art. 189 C.d.S., comma 7, la consapevolezza che la persona coinvolta nell’incidente ha bisogno di soccorso può assumere la forma del dolo eventuale, che si configura normalmente in relazione all’elemento volitivo, ma che può attenere anche all’elemento intellettivo, quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso l’esistenza (ex multis, Sez. 4, n. 34134 del 13/07/2007, Rv. 237239).
5.5.1. Diversamente opinando, ogni volta che l’utente della strada dovesse omettere di fermarsi dopo che si è verificato un incidente stradale ricollegabile al suo comportamento, questi, precludendosi proprio a causa dell’omesso arresto del proprio veicolo, la possibilità di verificare de visu e nella immediatezza se dall’incidente siano derivati danni alle persone, non sarebbe sistematicamente (tranne che nei casi di verificazione di sinistri così gravi da rendere indubbia ed inequivocabile la causazione di lesioni o della morte a terzi) a conoscenza del fatto che è stato provocato un danno alle persone, sicchè il dato conoscitivo insito nel dolo del delitto de quo dovrebbe, illogicamente, essere escluso proprio a causa della inottemperanza a quell’obbligo di fermarsi che la norma impone “in caso di incidente con danno alle persone” (sez. 4, n. 34335 del 03/06/2009; sez. 4, n. 7615 del 10/11/2004).
5.5.2. Va, inoltre, rimarcato che, alla stregua della norma in parola, l’obbligo di fermarsi e attivarsi per prestare assistenza alle persone ferite sussiste indipendentemente dalla presenza di altri eventuali soccorritori e, nel caso che occupa (come ineccepibilmente rilevato dal Giudice del merito), il (omissis) non solo non si è attivato per prestare assistenza ma, una volta provocato l’incidente, è fuggito via (come riferito dal teste (omissis)).
5.6. La dinamica del sinistro, infine, non è stata oggetto di censure nell’atto di appello e, inoltre, la Corte territoriale ha, ineccepibilmente, valorizzato le risultanze della consulenza tecnica (secondo cui la velocità dell’autovettura dell’imputato era significativamente superiore al limite massimo ivi imposto di 60 Km/h), le dichiarazioni rese dal teste (oculare)(omissis), (secondo cui la macchina del (omissis) sopraggiungeva “come un missile” e per di più lo faceva in fase di sorpasso, in un tratto di strada con la linea di mezzeria continua, dove il sorpasso non è consentito) e gli esiti dell’alcoltest dimostrativi del fatto che l’imputato guidava in stato di ebrezza alcolica accertata.
7. Quanto alla censura sub 2), invece, si osserva:
7.1. I giudici del merito, in vero, non hanno compiutamente motivato la mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, limitandosi a ritenere irrilevante, a fronte della descritta condotta macroscopicamente imprudente e violativa di elementari regole del codice della strada, in punto di accertamento della responsabilità, il fatto che il (omissis) avesse risarcito il danno prima della sentenza e la mancata costituzione di parte civile.
7.2. In tal fine si rammenta che, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., comma 1, n. 6, il risarcimento del danno deve essere integrale, comprensivo, quindi, della totale riparazione di ogni effetto dannoso, e la valutazione in ordine alla corrispondenza fra transazione e danno spetta al giudice, che può anche disattendere, con adeguata motivazione, finanche ogni dichiarazione satisfattiva resa dalla parte lesa. (sez. 4, n. 34380 del 14/07/2011). Ciò che qui, complessivamente, difetta è proprio l'”adeguata motivazione”.
8. In conclusione, ritiene il Collegio che, una volta accertata la coerenza logica delle argomentazioni seguite dal giudice di merito, non è consentito alla corte di cassazione prendere in considerazione, sub specie di vizio motivazionale, la diversa valutazione delle risultanze processuali prospettata dal ricorrente sulla base dei propri differenti soggettivi punti di vista (sez. 1, n. 6383/1997, Rv. 209787; sez. 1, n. 1083/1998, Rv. 210019), sempre che (come nel caso di specie) sia da escludere con evidenza la prospettazione di un ragionevole dubbio circa l’effettivo raggiungimento dell’accertamento della responsabilità penale dell’imputato (sez. 4. n. 97 del 11/12/2015).
Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2016
