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Cassazione penale sez. IV, 22/03/2016, n.16986

Massima

Nel reato previsto dall’art. 189, comma 7, del Codice della Strada, la consapevolezza che la persona coinvolta nell’incidente necessita di soccorso può configurarsi come dolo eventuale. Questo dolo riguarda sia l’aspetto volitivo che quello intellettivo, quando l’agente, pur essendo consapevole del rischio, rifiuta deliberatamente di verificare se sussistano gli elementi che rendono il suo comportamento un reato, accettandone le conseguenze.

Supporto alla lettura

FUGA ED OMISSIONE DI SOCCORSO IN CASO DI INCIDENTE 

L’ art. 189 del Codice Della Strada, denominato “Comportamenti in caso di incidente”, si occupa di disciplinare il comportamento che l’utente della strada deve assumere in caso di incidentedisponendo, al comma 1, che “l’utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, ha l’obbligo di fermarsi e di prestare l’assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona”

Dunque, la fuga e l’omissione di soccorso producono conseguenze penali e amministrative.

In particolare, ai sensi del comma 6, “chiunque, nelle condizioni di cui comma 1, in caso di incidente con danno alle persone, non ottempera all’obbligo di fermarsi, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Si applica la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a tre anni, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI. Nei casi di cui al presente comma sono applicabili le misure previste”, mentre il comma 7 “chiunque, nelle condizioni di cui al comma 1, non ottempera all’obbligo di prestare l’assistenza occorrente alle persone ferite, è punito con la reclusione da un anno a tre anni. Si applica la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo non inferiore ad un anno e sei mesi e non superiore a cinque anni, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI”

La questione circa l’eventuale concorso tra le due fattispecie previste dall’art. 189, cc. 6 e 7, CdS ha da sempre interessato la giurisprudenza.  Difatti, l’ orientamento giurisprudenziale prevalente prevede che le due disposizioni di cui all’art. 189, cc. 6 e 7, possano concorrere, in quanto sono connotate da una diversa ratio giuridica, essendo la prima previsione finalizzata a garantire l’identificazione dei soggetti coinvolti nell’investimento e la ricostruzione delle modalità del sinistro, mentre la seconda è finalizzata a garantire che le persone ferite non rimangano prive della necessaria assistenza.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza n. 434/15 del 11/03/2015, la Corte di Appello di Catanzaro confermava la sentenza in data 03/10/2013 del Tribunale di Paola, con la quale (omissis) era stato dichiarato colpevole dei rati di cui (Capo 1) all’art. 589 c.p., commi 1 e 2, anche in relazione al D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 140, comma 1, art. 141, commi 1, 2 e 3, art. 186, comma 2, lett. a), perchè percorrendo la (omissis), direzione (OMISSIS), alla guida dell’autovettura (omissis), di proprietà di (omissis), per colpa, consistita in imprudenza ed imperizia ed inosservanza delle richiamate disposizioni del c.d.s., ponendosi alla guida in stato di ebbrezza alcolica, viaggiando a una velocità superiore a quella massima consentita e comunque non adeguata alle condizioni di tempo e di luogo, entrando in violenta collisione con il ciclomotore (omissis), cagionava la morte di (omissis) che, alla guida di quel ciclomotore, percorreva la stessa strada, nello stesso senso di marcia; nonchè, del reato previsto e punito dal D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 189, comma 7, (Capo 2) perchè, dopo aver provocato il sinistro stradale descritto, nel quale veniva coinvolta anche (omissis) in quanto trasportata sul ciclomotore, non ottemperava all’obbligo di prestare assistenza, allontanandosi dal luogo del sinistro e facendovi ritorno solo successivamente, quando sul posto erano già sopraggiunto il personale della Polizia stradale, nonchè del reato previsto e punito dal D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 186, comma 2, lett. B), (Capo 3), perchè si metteva alla guida dell’autovettura in stato di ebbrezza con un tasso alcolemico pari a 1.01 g/l e 1.05 g/l, provocando l’incidente descritto. In (omissis).

2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione (omissis), a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1):

1) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione alla mancata valutazione di elementi di prova decisivi formulati con l’atto di appello. Deduce che la motivazione è in aperto contrasto con quanto accertato in istruttoria ed è in aperto contrasto sulle risultanze processuali così come palesate in atto di appello, inficiando la stessa addirittura di contraddittorietà manifesta;

2) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione all’art. 62 c.p., n. 6. Deduce la mancanza di motivazione in ordine alla mancata concessione di quella attenuante;

3) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione all’art. 189 C.d.S., comma 7. Deduce che nel caso di specie si hanno elementi sufficienti per poter ritenere, che entrambe le persone infortunate hanno ricevuto nell’immediatezza degli eventi ogni assistenza da parte di terzi.

Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è fondato nei limiti e termini di cui appresso.

4. Va, preliminarmente affermata, ai sensi dell’art. 624 c.p.p., la responsabilità per tutti i reati ascritti (compreso quello sub capo 3 dell’imputazione per altro non oggetto di ricorso).

5. Quanto ai motivi sub 1) e 3) il ricorrente ignora le analitiche ragioni esplicitate dal giudice di appello per rigettare analoghi motivi di gravame e per confermare la responsabilità dell’imputato.

5.1. La Corte territoriale ha, in vero, fornito puntuale spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto.

Va rammentato che le sentenze di primo e secondo grado si compenetrano in un unica motivazione, versandosi in ipotesi di sostanziale c.d. “doppia conforme”.

5.2. Nel caso che occupa, le doglianze già proposte attengono esclusivamente al fatto. Giova, qui, rammentare che, in ordine alla definizione dei confini del controllo di legittimità sulla motivazione in fatto può dirsi ormai consolidato il principio giurisprudenziale, ripetuto in plurime sentenze delle Sezioni unite penali, per il quale la Corte di cassazione ha il compito di controllare il ragionamento probatorio e la giustificazione della decisione del giudice di merito, non il contenuto della medesima, essendo essa giudice non del risultato probatorio, ma del relativo procedimento e della logicità del discorso argomentativo e rimanendo preclusa al giudice di legittimità la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.

5.3. Quanto alla manifesta illogicità della motivazione, è consolidata in giurisprudenza la massima secondo cui la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito propone effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione è compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento.

5.4. Il ricorso per cassazione deve, infatti, rappresentare censura alla sentenza impugnata, criticandone eventuali vizi in procedendo o in iudicando; esso, quindi, non può consistere in una supina riproposizione delle doglianze espresse con l’appello, ma deve consistere in una critica alle ragioni in fatto o in diritto sulla cui scorta il secondo giudice ha ritenuto di dover disattendere il gravame (Cassazione penale sez. 4^ n. 44139 del 27/10/2015).

5.5. Giova, ancora, rammentare che, nel reato di omissione di soccorso, di cui all’art. 189 C.d.S., comma 7, la consapevolezza che la persona coinvolta nell’incidente ha bisogno di soccorso può assumere la forma del dolo eventuale, che si configura normalmente in relazione all’elemento volitivo, ma che può attenere anche all’elemento intellettivo, quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso l’esistenza (ex multis, Sez. 4, n. 34134 del 13/07/2007, Rv. 237239).

5.5.1. Diversamente opinando, ogni volta che l’utente della strada dovesse omettere di fermarsi dopo che si è verificato un incidente stradale ricollegabile al suo comportamento, questi, precludendosi proprio a causa dell’omesso arresto del proprio veicolo, la possibilità di verificare de visu e nella immediatezza se dall’incidente siano derivati danni alle persone, non sarebbe sistematicamente (tranne che nei casi di verificazione di sinistri così gravi da rendere indubbia ed inequivocabile la causazione di lesioni o della morte a terzi) a conoscenza del fatto che è stato provocato un danno alle persone, sicchè il dato conoscitivo insito nel dolo del delitto de quo dovrebbe, illogicamente, essere escluso proprio a causa della inottemperanza a quell’obbligo di fermarsi che la norma impone “in caso di incidente con danno alle persone” (sez. 4, n. 34335 del 03/06/2009; sez. 4, n. 7615 del 10/11/2004).

5.5.2. Va, inoltre, rimarcato che, alla stregua della norma in parola, l’obbligo di fermarsi e attivarsi per prestare assistenza alle persone ferite sussiste indipendentemente dalla presenza di altri eventuali soccorritori e, nel caso che occupa (come ineccepibilmente rilevato dal Giudice del merito), il (omissis) non solo non si è attivato per prestare assistenza ma, una volta provocato l’incidente, è fuggito via (come riferito dal teste (omissis)).

5.6. La dinamica del sinistro, infine, non è stata oggetto di censure nell’atto di appello e, inoltre, la Corte territoriale ha, ineccepibilmente, valorizzato le risultanze della consulenza tecnica (secondo cui la velocità dell’autovettura dell’imputato era significativamente superiore al limite massimo ivi imposto di 60 Km/h), le dichiarazioni rese dal teste (oculare)(omissis), (secondo cui la macchina del (omissis) sopraggiungeva “come un missile” e per di più lo faceva in fase di sorpasso, in un tratto di strada con la linea di mezzeria continua, dove il sorpasso non è consentito) e gli esiti dell’alcoltest dimostrativi del fatto che l’imputato guidava in stato di ebrezza alcolica accertata.

7. Quanto alla censura sub 2), invece, si osserva:

7.1. I giudici del merito, in vero, non hanno compiutamente motivato la mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, limitandosi a ritenere irrilevante, a fronte della descritta condotta macroscopicamente imprudente e violativa di elementari regole del codice della strada, in punto di accertamento della responsabilità, il fatto che il (omissis) avesse risarcito il danno prima della sentenza e la mancata costituzione di parte civile.

7.2. In tal fine si rammenta che, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., comma 1, n. 6, il risarcimento del danno deve essere integrale, comprensivo, quindi, della totale riparazione di ogni effetto dannoso, e la valutazione in ordine alla corrispondenza fra transazione e danno spetta al giudice, che può anche disattendere, con adeguata motivazione, finanche ogni dichiarazione satisfattiva resa dalla parte lesa. (sez. 4, n. 34380 del 14/07/2011). Ciò che qui, complessivamente, difetta è proprio l'”adeguata motivazione”.

8. In conclusione, ritiene il Collegio che, una volta accertata la coerenza logica delle argomentazioni seguite dal giudice di merito, non è consentito alla corte di cassazione prendere in considerazione, sub specie di vizio motivazionale, la diversa valutazione delle risultanze processuali prospettata dal ricorrente sulla base dei propri differenti soggettivi punti di vista (sez. 1, n. 6383/1997, Rv. 209787; sez. 1, n. 1083/1998, Rv. 210019), sempre che (come nel caso di specie) sia da escludere con evidenza la prospettazione di un ragionevole dubbio circa l’effettivo raggiungimento dell’accertamento della responsabilità penale dell’imputato (sez. 4. n. 97 del 11/12/2015).

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena per il reato di omicidio colposo con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Catanzaro. Rigetta nel resto il ricorso. Ai sensi dell’art. 624 c.p.p., dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilità per tutti i reati ascritti.Così deciso in Roma, il 22 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2016

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