Svolgimento del processo
1. La Corte d’appello di Bari, in data 13 gennaio 2020, ha confermato la condanna emessa dal Tribunale barese il 20 maggio 2019 a carico di (omissis) (oltrechè di (omissis)) alla pena ritenuta di giustizia e alle connesse statuizioni civili, in relazione al delitto di incendio colposo loro addebitato e accertato il (omissis).
Alla (omissis) è addebitato di non avere predisposto ai confini del proprio fondo, entro il termine stabilito dalla legislazione regionale, le cosiddette “precese” (fasce protettive “tagliafuoco” da realizzare sul perimetro dei fondi agricoli per impedire il diffondersi di eventuali incendi); a causa di tale comportamento omissivo, le fiamme di un incendio sviluppatosi in un terreno vicino si propagavano sia al terreno della stessa (omissis), che ad altro terreno adiacente, quello di proprietà di (omissis), il cui figlio (omissis) aveva segnalato alla Stazione c.c. – Corpo Forestale di Cassano alle Murge che alcuni alberi del suo terreno erano stati danneggiati dal fuoco. I Carabinieri accertavano che gli alberi complessivamente danneggiati erano diciotto, di cui quattro erano andati distrutti.
Per quanto qui d’interesse, la Corte di merito, richiamate le doglianze delle imputate appellanti, ha ritenuto innanzitutto che, diversamente da quanto prospettato dalle difese della (omissis) e della (omissis), il fuoco sviluppatosi nei terreni dell’area era qualificabile come “incendio”, sulla base della nozione accolta in alcuni arresti giurisprudenziali; ed ha poi escluso che potesse trovare applicazione la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, invocata dalle appellanti.
2. Avverso la prefata sentenza ricorre la (omissis), con atto articolato in quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione, non avendo la Corte di merito dichiarato la nullità della sentenza di primo grado, a fronte del fatto che il Tribunale aveva omesso di esaminare la memoria con la quale la difesa dell’imputata aveva chiesto che fosse valutata l’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p.. Erra la Corte d’appello nell’opporre alla doglianza difensiva il principio di tassatività delle nullità, non applicabile alle richieste della parte, laddove nella specie si trattava di una memoria difensiva, la cui omessa valutazione integra, appunto, nullità.
2.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla nozione di “incendio” accolta dalla Corte distrettuale: richiamando alcuni arresti giurisprudenziali, la deducente evidenzia come nella specie non potesse parlarsi di un fuoco idoneo a porre in pericolo l’incolumità di un numero indeterminato di persone, atteso che si trattava di un fuoco verificatosi in aperta campagna, lontano da qualsiasi centro abitato e che si è spento da solo.
2.3. Con il terzo motivo l’esponente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’omessa pronunzia dell’assoluzione per particolare tenuità del fatto: ricorrevano tutte le condizioni per poter prosciogliere l’imputata, avuto riguardo alla modestàoffensività della condotta.
2.4. Con il quarto motivo, infine, si denunciano violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche.
Motivi della decisione
1. Il ricorso non può dirsi manifestamente infondato, presentando anzi alcuni elementi di fondatezza, con la conseguenza che, essendo decorso il termine di prescrizione, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, agli effetti penali, per l’estinzione del reato. ò Va ricordato infatti che, in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento; e che, quanto al giudizio di cassazione, sempre nel caso in cui concorra una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, Sentenza n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, RRvv. 244274 e 244275).
Nella specie, non può affermarsi la manifesta infondatezza delle censure del ricorrente, che, anzi, risultano per alcuni versi fondate, specialmente per ciò che attiene la nozione di “incendio” accolta dalla prevalente e qui condivisa giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, ai fini dell’integrazione del delitto di incendio (doloso o colposo) occorre distinguere tra il concetto di “fuoco” e quello di “incendio”, in quanto si ha incendio solo quando il fuoco divampi irrefrenabilmente, in vaste proporzioni, con fiamme divoratrici che si propaghino con potenza distruttrice, così da porre in pericolo la incolumità di un numero indeterminato di persone (ex multis vds. Sez. 1, Sentenza n. 14263 del 23/02/2017, Ajmi, Rv. 269842).
Il pericolo per l’incolumità di un numero indeterminato di persone è stato correttamente indicato come tratto differenziale decisivo, vertendosi in tema di reati contro la pubblica incolumità; e ciò, nel caso di specie, assume un peso decisivo, avuto riguardo al fatto che la propagazione delle fiamme non è stata vista da alcuno – essendosene rilevati unicamente gli effetti a posteriori -, che il fuoco si era già spento quando i Carabinieri furono avvisati da (omissis) e che il luogo ove le fiamme si erano diffuse non risulta fosse abitato, trattandosi di terreni di campagna e non essendo emerso che vi fossero in prossimità case o altri luoghi caratterizzati da presenza di persone.
Nella specie, di contro, la sentenza impugnata richiama arresti giurisprudenziali in cui il tratto caratteristico dell’incendio è indicato in relazione alla forza di propagazione delle fiamme: il che, certamente, può corrispondere alla nozione di incendio, a patto che ciò venga posto in correlazione con la messa in pericolo dell’incolumità di una pluralità indeterminata di persone.
2. Anche per quanto concerne il diniego della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, oggetto di contestazione nel terzo motivo di ricorso, il ricorso non può dirsi manifestamente infondato: la sentenza impugnata argomenta infatti la propria decisione richiamando le modalità del fatto in termini che, in realtà, risultano sovrapponibili allo stesso paradigma del delitto di incendio descritto dalla Corte di merito e non introducono elementi che, in relazione alla vicenda che occupa, denotino un disvalore particolare (e non particolarmente tenue) rispetto a quello ordinariamente collegato al paradigma delineato nella fattispecie astratta: a fronte di ciò, si ricorda che, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133 c.p., comma 1, delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, Sentenza n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590).
3. A fronte di quanto precede, il reato contestato alla (omissis) è ormai estinto per l’intervenuta prescrizione, maturata pur a fronte dei periodi sospensivi intervenuti nel corso del giudizio.
La sentenza impugnata va pertanto annullata senza rinvio agli effetti penali, perchè il reato è estinto per prescrizione; e con rinvio agli effetti civili al giudice civile competente per valore in grado d’appello.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio, agli effetti penali, la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione. Annulla la sentenza impugnata, ai fini civili, e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2021
