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Cassazione penale sez. IV, 15/09/2017, n. 42346

Massima

Il reato di lesioni personali stradali gravi o gravissime (Art. 590-bis c.p.) costituisce una figura autonoma di reato, e non una mera circostanza aggravante ad effetto speciale del reato base di lesioni colpose (Art. 590 c.p.). Tale autonomia è confermata dalla volontà del legislatore (L. n. 41 del 2016) di introdurre nuove fattispecie incriminatrici specifiche per il contrasto alle condotte di guida colpose, dall’inserimento della disciplina in articoli autonomi con previsione di pene edittali distinte, e dal riferimento esplicito a tali fattispecie come “reati” nell’Art. 222 C.d.S.. Ne consegue che, trattandosi di un reato autonomo, non è richiesta la condizione di procedibilità della querela.

Supporto alla lettura

LESIONI STRADALI PERSONALI

Disciplinato dall’art. 590 bis c.p., si fa riferimento alla fattispecie delittuosa colposa introdotta dalla L. 41/2016 nell’ambito dei delitti contro la persona di cui al titolo XII, libro II, del codice penale. Tale provvedimento ha scorporato dal genus delle lesioni personali colpose, ex art. 590 c.p., le nuove lesioni stradali gravi e gravissime, sono contemplate come autonoma figura di reato e non più come circostanza aggravante, mentre le lesioni lievi e lievissime sono ancora regolate dalla normativa previgente, al pari delle lesioni colpose ordinarie.

La caratteristica principale di tale fattispecie si definisce come una esterma rigidità sanzionatoria, il cui obiettivo è quello di reprimere condotte lesive dell’altrui incolumità a causa di comportamenti tenuti in violazione di una specifica disciplina, quale quella della circolazione stradale.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza indicata in epigrafe il GIP del Tribunale di Udine ha applicato a (omissis) la pena concordata fra le parti, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., in relazione al reato di lesioni stradali di cui all’art. 590-bis c.p., comma 1, disponendo altresì, ai sensi dell’art. 222 C.d.S., la revoca della patente di guida nei confronti dell’imputato.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso il difensore dell’imputato, articolando due motivi.

2.1. Con il primo motivo, limitatamente al punto concernente la revoca della patente di guida, solleva eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 222 C.d.S., comma 2, quarto periodo, nella parte in cui rende obbligatoria la revoca della patente quale effetto dell’accertamento del reato ascritto all’imputato (art. 590 bis c.p.). Sul presupposto che si tratti di sanzione sostanzialmente penale, ritiene che la norma che ne prevede l’applicazione obbligatoria contrasti con i principi di ragionevolezza e proporzionalità sanciti dagli artt. 3 e 27 Cost. in quanto non consente una valutazione di congruità della sanzione rispetto al caso concreto, risolvendosi in un’irragionevole presunzione assoluta di pericolosità del condannato, nè un giudizio di proporzionalità della pena, con ciò eludendo i principi di colpevolezza, di ragionevolezza e di proporzionalità della pena.

2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge per difetto della condizione di procedibilità (querela) richiesta dall’art. 590-bis c.p..

3. Con memoria depositata il 28.4.2017 il ricorrente insiste affinchè sia dichiarata rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata con il ricorso.

4. Il Procuratore Generale con requisitoria scritta ha chiesto che il ricorso sia rigettato.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. La dedotta questione di illegittimità costituzionale dell’art. 222 C.d.S., comma 2, quarto periodo, nella parte in cui rende obbligatoria la revoca della patente di guida quale effetto dell’accertamento del reato ascritto all’imputato (art. 590-bis c.p.) è manifestamente infondata.

2.1. Essa si fonda sull’erroneo presupposto che la revoca della patente costituisce una sanzione avente rilievo sostanzialmente penale, in quanto tale soggetta ai principi costituzionali in materia penale, evocando una pretesa interpretazione “convenzionalmente” conforme alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Si tratterebbe non già di una sanzione amministrativa, bensì di una vera e propria “pena”, nella declinazione “sostanzialistica” fornita dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo (Corte EDU 4/03/2014 Grande Stevens c. Italia), indipendentemente dal nomen iuris, in quanto è applicata sul presupposto della commissione di un reato, a conclusione di un procedimento penale e irrogata contestualmente alla condanna penale ovvero all’applicazione della pena concordata dalle parti.

2.2. Ma la tesi della natura sostanzialmente penale della revoca della patente di guida non regge ai fini che qui rilevano.

Il concetto di matiere penale inteso in senso sostanzialistico è stato elaborato dalla Corte di Strasburgo al precipuo fine di estendere l’applicazione del divieto di bis in idem in conformità all’art. 4 prot. n. 7 CEDU, in relazione alla libertà accordata alla Corte EDU di applicare il regime garantistico della CEDU, mentre non può risolversi nell’attribuzione di un potere in grado di annullare le differenze tra le nozioni Europea ed interna di sanzione penale.

In proposito, la Corte Costituzionale (Corte Cost. n. 49 del 14 gennaio 2015) ha chiarito che, in relazione al diritto interno, l’autonomia dell’illecito amministrativo dal diritto penale attiene al più ampio grado di discrezionalità del legislatore nel configurare gli strumenti migliori per perseguire l’effettività dell’imposizione di obblighi e doveri. La Consulta ha, altresì, sottolineato come la giurisprudenza della Corte EDU abbia elaborato suoi peculiari indici per qualificare una sanzione come pena ai sensi dell’art. 7 CEDU al fine di scongiurare che vasti processi di decriminalizzazione possano avere l’effetto di sottrarre gli illeciti, così depenalizzati, alle garanzie sostanziali assicurate dagli artt. 6 e 7 della Convenzione EDU senza voler porre in discussione la discrezionalità dei legislatori nazionali nell’adottare strumenti sanzionatori ritenuti più adeguati dell’illecito penale.

2.3. Tale interpretazione della materia penale in senso sostanzialistico non può essere sic et simpliciter trasposta per regolare il presente caso al fine di affermare la contrarietà della norma che impone la sanzione amministrativa accessoria rispetto ai principi sanciti dagli artt. 3 e 27 Cost.; qui non si discute della violazione del principio del ne bis in idem, posto che l’irrogazione di una sanzione amministrativa accessoria in un processo definito ai sensi dell’art. 444 c.p.p. non equivale a dire che l’imputato sia sottoposto ad un procedimento amministrativo e ad un procedimento penale per il medesimo fatto, godendo egli delle garanzie del giusto processo all’interno del quale viene irrogata la stessa sanzione amministrativa.

2.4. Non è, dunque, possibile affermare che dalla pronuncia della Corte EDU 4/03/2014 Grande Stevens c. Italia possa trarsi in termini assoluti ed astratti un principio di tendenziale equiparazione della sanzione amministrativa a quella penale, scardinando principi come la riserva assoluta di legge per le norme penali (art. 25 Cost.) ovvero la presunzione di non colpevolezza (pure affermata in Corte EDU 23/09/2008, Grayson e Barnham c. Regno Unito) che, interpretata in tutta la sua estensione, renderebbe illegittima la provvisoria esecutività di condanne pecuniarie anche in materia extrapenale, od anche il divieto assoluto di retroattività della sanzione amministrativa.

2.5. Nella fattispecie qui in esame, la previsione di una sanzione amministrativa irrogata all’esito di un giudizio penale, ancorchè definito ai sensi dell’art. 444 c.p.p. con riguardo alla pena principale, vanifica la stessa preoccupazione, rinvenibile in alcune enunciazioni teoriche della giurisprudenza CEDU, di una configurazione amministrativa dell’illecito al fine precipuo, se non esclusivo, di eludere le garanzie proprie del processo penale (cd. “truffa delle etichette”).

2.6. In sostanza, la ricorrenza di alcuni caratteri comuni non comporta, di necessità, l’equiparazione della sanzione amministrativa a quella penale a tutti gli effetti. Anche ove, in ipotesi, si volesse estendere la portata applicativa dei criteri interpretativi posti dalla Corte EDU, quanto sopra va letto, in ogni caso, nell’ambito sanzionatorio penale entro il quale si configura la sanzione amministrativa di cui si tratta.

2.7. L’obbligatorietà dell’irrogazione della sanzione amministrativa, dunque, si ritiene derivi da una scelta legislativa rientrante nei limiti dell’esercizio ragionevole del potere legislativo, più volte considerata dal giudice delle leggi non sindacabile sotto il profilo della pretesa irragionevolezza, in quanto fondata su differenti natura e finalità rispetto alle sanzioni penali. Giova richiamare, in proposito, i casi nei quali la Consulta ha ritenuto trattarsi di sanzione con chiara finalità preventiva, piuttosto che sanzionatoria (Corte Cost. n. 196 del 12 maggio 2010 in cui il criterio dello scopo è stato adoperato in una questione di legittimità costituzionale che riguardava la possibilità di applicare retroattivamente la normativa in materia di confisca obbligatoria del veicolo per guida in stato di ebbrezza).

2.8. Una lettura sistematica della disposizione che impone la revoca della patente di guida, dunque, consente di ribadirne la natura amministrativa, e la dimensione accessoria, ancillare, rispetto al procedimento penale, pur quando ordinata dal giudice penale; tant’è che resta eseguibile ad opera del Prefetto, ai sensi dell’art. 224 C.d.S., comma 3, anche in caso di estinzione del reato per causa diversa dalla morte dell’imputato.

3. Anche il secondo motivo è infondato.

La tesi del ricorrente secondo cui la disciplina dettata dal vigente art. 590-bis c.p. (recante il titolo: “lesioni personali stradali gravi o gravissime”) costituirebbe una circostanza aggravante ad effetto speciale del reato base di lesioni colpose di cui all’art. 590 c.p., con conseguente necessità di una querela ai fini della sua procedibilità, pur suggestiva, appare smentita da plurimi argomenti a favore della opposta tesi della autonomia di tale figura di reato.

3.1. La detta disciplina è entrata in vigore con la pubblicazione della L. n. 41 del 2016, la cui intestazione reca: “Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali”, chiaramente indicativa della volontà del legislatore di introdurre due nuove figure di reato che, pur descrivendo condotte specifiche e specializzanti rispetto alle fattispecie base di cui ai reati di omicidio colposo e lesioni colpose (artt. 589 e 590 c.p.), assumono caratteristiche particolari a sè stanti, che le distinguono da queste ultime e le rendono meritevoli di una disciplina autonoma.

E’ noto, infatti, che la ratio della legge istitutiva dei reati stradali in questione è quello di operare un efficace contrasto al crescente numero di vittime causate da condotte di guida colpose o sotto l’effetto di alcool e di sostanze stupefacenti, al fine di emanare un assetto normativo idoneo a regolamentare specificamente – in maniera autonoma e indipendente dalle generali figure colpose di omicidio e lesioni – i reati che conseguono alle indicate condotte, caratterizzate dalla violazione della disciplina della circolazione stradale.

3.2. Sotto il profilo testuale è significativo che la disciplina in disamina sia stata inserita in articoli autonomi del codice penale, rubricati con il titolo del relativo reato e con previsione di specifiche e distinte pene edittali.

3.3. Va inoltre sottolineato che nell’ambito di tali figure criminose sono previste delle specifiche circostanze aggravanti e attenuanti. Le prime sono richiamate dall’art. 590-quater c.p., che, nel disciplinare il computo delle circostanze, menziona esplicitamente “le circostanze aggravanti di cui all’art. 589-bis c.p., commi 2, 3, 4, 5 e 6, art. 589-ter c.p., art. 590-bis c.p., commi 2, 3, 4, 5 e 6…”, chiaramente escludendo la natura circostanziale delle ipotesi incriminatrici di cui all’art. 589-bis c.p., comma 1 e art. 590-bis c.p.. Una circostanza attenuante specifica è, inoltre, prevista al settimo comma dei predetti articoli del codice penale, qualora l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole (cui consegue la diminuzione della pena fino alla metà). E’ evidente che la previsione di specifiche circostanze di aggravamento o di attenuazione delle pene previste per le ipotesi base dei reati stradali colposi in riferimento è indicativa della natura autonoma (e non circostanziale) di tali fattispecie incriminatrici.

3.4. Infine, è appena il caso di rilevare che la L. n. 41 del 2016 ha modificato l’art. 222 C.d.S., qualificando come “reati” (e non come circostanze aggravanti) le fattispecie criminose in questione, facendo appunto derivare dalla condanna (o dal patteggiamento) “per i reati di cui agli artt. 589-bis e 590-c.p.” la revoca della patente di guida.

3.5. Conclusivamente, la norma incriminatrice di cui all’art. 590-bis c.p. delinea una figura autonoma di reato e non una circostanza aggravante ad effetto speciale del delitto di cui all’art. 590 c.p., e pertanto non necessita di querela ai fini della sua procedibilità.

4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Dichiara manifestamente infondata la dedotta questione di legittimità costituzionale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2017

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