1.1. I giudici della cautela hanno ritenuto
2. Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione l’indagato, a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con il primo motivo si deduce violazione della legge processuale penale, lamentando l’incompetenza del Tribunale di Livorno, in quanto le condotte poste in essere, riguardanti l’assunzione, l’utilizzazione e l’impiego dei laboratori, sono state commesse in provincia di Grosseto.
I contratti, infatti, indicano come sede di assunzione il comune di C (G), così come i lavoratori furono effettivamente impiegati nella stessa provincia.
Deve invece escludersi che egli, quale datore di lavoro, possa rispondere anche della condotta di reclutamento, che erroneamente i giudici della cautela hanno valorizzato per radicare la competenza.
Né la competenza può essere determinata in relazione agli addebiti provvisoriamente elevati agli altri indagati, in assenza di qualsivoglia ipotesi di connessione tra le diverse incolpazioni.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta, in relazione al periculum in mora, il difetto di motivazione, o quantomeno il suo carattere apparente, risolvendosi il percorso giustificativo in una mera clausola di stile, comune a tutti gli indagati, che ignora la (dimostrata) solvibilità del ricorrente.
3. Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
Più in particolare, il Sostituto Procuratore generale in sede ha chiesto dichiararsi la inammissibilità del ricorso.
Il ricorrente ne ha chiesto, invece, l’accoglimento.
Va subito osservato che, ai sensi dell’art. 325, comma 1, cod, proc. pen., il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (ex plurimis: Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692 – 01; conf., Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, Mannolo, Rv. 285608 -01; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656 – 01).
Non vi rientra invece l’illogicità manifesta, la quale può essere denunciata nel giudizio di legittimità soltanto attraverso lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 2 del 28/01/2004, Ferrazzi).
Dunque, ove il ricorso per cassazione sia limitato alla sola violazione di legge, va esclusa la sindacabilità del vizio di manifesta illogicità mentre è possibile denunciare il vizio di motivazione apparente, ovvero la violazione dell’art. 125, comma, 3 cod. proc. pen., che impone l’obbligo della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali (Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino, Rv. 224611).
Quest’ultimo vizio è ravvisabile allorché la motivazione sia completamente priva dei requisiti minimi di coerenza e di completezza, al punto da risultare inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di merito, oppure le linee argomentative siano talmente scoordinate e privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza da rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il provvedimento (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008 Ivanov, Rv. 239692).
1.1. Ciò posto, il primo motivo è inammissibile poiché aspecifico.
Il ricorrente sostiene che il datore di lavoro non possa rispondere della condotta di reclutamento, l’unica in grado di radicare la competenze.
Nel sostenere ciò, il ricorso non si confronta con le motivazioni dei due provvedimenti, che tra di loro si integrano, dalle quali si evince che anche la fase del reclutamento era a lui riferibile oggettivamente e soggettivamente (p. 53 ordinanza del 22 aprile 2024; p. 2 provvedimento impugnato); sicché la condotta rilevante ha avuto inizio presso il centro di accoglienza di P, così radicando la competenza del Tribunale di Livorno.
D’altra parte, già prima della entrata in vigore delle modifiche di cui alla legge 29 ottobre 2016, n. 199, si era ritenuto possibile configurare il concorso di persone nel reato commesso dal c.d. caporale.
1.2. Anche il secondo motivo è inammissibile poiché aspecifico e comunque non consentito, non confrontandosi con le argomentazioni spese dai giudici della cautela in punto di periculum in mora, limitandosi a reiterare in sede di legittimità le doglianze già compiutamente esaminate dal giudice del riesame.
Non si è in presenza di una motivazione mancante o apparente – ovvero gli unici vizi rilevabili ex art. 325 cod. proc. pen. sposto che il Tribunale ha esplicitato le ragioni della propria decisione (pp. 2 e 3), confrontandosi con le argomentazioni difensive ed indicando gli elementi da cui ha desunto il pericolo di dispersione dei beni e, quindi, la necessità di procedere all’anticipazione degli effetti della confisca.
Il Tribunale ha inoltre sottolineato come la libera disponibilità del denaro possa aggravare le conseguenze del reato, in relazione al mancato versamento dei contributi previdenziali.
Così facendo, e a dispetto di quanto immotivatamente sostenuto dal ricorrente, il Tribunale ha fatto corretta applicazione del principio affermato da questa Corte, nella sua più autorevole composizione, secondo cui il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili ex lege (Sez. U, n. n. 36959 del 24/6/2021, Eliade, Rv. 281848).
Inoltre, osserva il collegio che le censure relative alla solvibilità del ricorrente si traducono nella (non consentita) prospettazione di vizi riguardanti la tenuta logica della motivazione, a fronte di un percorso argomentativo in cui si è dato conto, pur sinteticamente, degli indicatori fattuali da cui inferire il rischio di dispersione del patrimonio.
2. Stante l’inammissibilità del ricorsole non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in Euro tremila.
Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2024.
