Massima

In tema di particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), la condizione di “non abitualità” della condotta, ostativa all’applicazione dell’istituto, non può essere esclusa sulla base di mere denunce o di precedenti non accertati nel tempo e nell’esistenza del reato. Per ravvisare l’abitualità è necessario che l’autore abbia commesso, oltre al fatto in esame, almeno due illeciti della stessa indole, anche se successivamente, o che il procedimento riguardi distinti reati della stessa indole. Parimenti, la circostanza attenuante del danno o del lucro di speciale tenuità (art. 62 c.p., n. 4) è pienamente compatibile con la fattispecie di spaccio di stupefacenti di lieve entità (art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990), contrariamente a quanto ritenuto da interpretazioni che ne deducono una duplice valutazione del medesimo fatto.

Supporto alla lettura

PUNIBILITA

La punibilità si definisce come l’insieme delle eventuali condizioni, ulteriori ed esterne rispetto al fatto antigiuridico e colpevole, che fondano o escludono l’opportunità di punirlo. Ad esempio, l’art. 131-bis c.p. prevede l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto quando l’offesa è, per le modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo, particolarmente tenue e se il comportamento non è abituale.

Sulla base della teoria generale del reato, secondo la concezione tripartita (maggioritaria), l’ illecito penale si scompone in:

1) Il fatto: è l’insieme degli elementi oggettivi che individuano e caratterizzano ogni singolo reato come offesa a uno o più beni giuridici.

2) l’antigiuridicità: esprime il rapporto di contraddizione tra il fatto e l’ordinamento giuridico

3) la colpevolezza:  l’insieme dei requisiti dai quali dipende la possibilità di muovere all’agente un rimprovero per aver commesso il fatto antigiuridico ( dolo, colpa, dolo misto a colpa, assenza di scusanti, la conoscenza o la conoscibilità della legge penale violata)

Invero, alla luce della teoria quadripartita del reato, anche la punibilità assurgerebbe ad elemento costitutivo del reato anziché costituire una mera “normale conseguenza” del reato. In altri termini, ove la punibilità difetti per qualsiasi ragione, non sarebbe ravvisabile reato nonostante la compresenza degli altri elementi.

Le cause di esclusione della punibilità sono:

  • cause personali concomitanti di non punibilità:  alcune situazioni che attengono
    alla posizione personale dell’agente o ai suoi rapporti con la vittima; cause personali
    sopravvenute di non punibilità: comportamenti dell’agente susseguenti alla commissione
    del fatto antigiuridico e colpevole;
  • cause oggettive di non punibilità: situazioni che ineriscono all’entità dell’offesa;
  • cause di estinzione del reato: fatti naturali o giuridici successivi alla commissione del fatto antigiuridico e colpevole, che o sono del tutto indipendenti da comportamenti dell’agente o che non esauriscono in un comportamento dell’agente. Il legislatore rimette al giudice il compito di valutare l’opportunità di un’effettiva punizione dell’autore di un fatto antigiuridico e colpevole.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 11 ottobre 2018 la Corte di Appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma, resa a seguito di giudizio abbreviato, con cui (omissis) ed (omissis) sono stati ritenuti responsabili del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990art. 73, comma 5, per avere ceduto a (omissis) una bustina di marijuana del peso complessivo di gr. 0,98, pari a tre dosi singole medie, per il corrispettivo di dieci Euro.

2. Avverso la sentenza propone ricorso (omissis), a mezzo del suo difensore, formulando due motivi.

3. Con il primo motivo, lamenta la falsa applicazione dell’art. 131 bis c.p., nonchè il vizio di motivazione per non avere la Corte territoriale riconosciuto la sussistenza della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p., stante la tenuità dell’offesa. Rileva che la sentenza impugnata ha escluso la ricorrenza dei presupposti applicativi della disposizione, ritenendo ostativa la presenza non di precedenti condanne, insussistenti, ma di mere denunce per reati in materia di stupefacenti, contravvenendo ai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il requisito dell’abitualità della condotta non può essere desunto in assenza di precedenti penali.

4. Con il secondo motivo, fa valere la violazione della legge penale, in relazione all’art. 62 c.p., n. 4, ritenuto dalla Corte territoriale incompatibile con la fattispecie di cui al D.P.R. n. 309 del 1990art. 73, comma, sulla base della considerazione che l’applicazione dell’attenuante si risolverebbe in una duplice valutazione del medesimo fatto. Rileva che sia l’evento dannoso, relativo alla circolazione di tre dosi di marijuana, che il lucro, pari a dieci Euro, sono di speciale tenuità e che (omissis) è, a sua volta un consumatore, sicchè lo spaccio da parte sua, non aveva altro scopo se non quello di procurarsi il denaro per coprire il suo consumo giornaliero. Conclude per l’annullamento della sentenza impugnata.

5. Con atto in data 14 gennaio 2020, il ricorrente propone motivi aggiunti insistendo nelle conclusioni formulate.

6. Con requisitoria scritta in data 10 marzo 2021, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha concluso per il rigetto del ricorso.

7. Con memoria del 23 marzo 2021 la difesa dell’imputato ha chiesto discutersi oralmente.

Motivi della decisione

1. Il ricorso va accolto.

2. Con riferimento al primo motivo, va osservato che la Corte territoriale affronta la questione dell’applicabilità dell’art. 131 bis c.p. considerando onere dell’imputato fornire al giudice elementi specifici da cui ricavare la sussistenza dei presupposti del riconoscimento della causa di non punibilità, mancanti nel caso di specie. A ciò aggiunge che, seppure incensurati, entrambi gli imputati sono stati arrestati e denunziati per reati concernenti gli stupefacenti, circostanza questa che consente di escludere che il fatto possa essere inquadrato come connotato da particolare tenuità.

3. La motivazione richiama una pronuncia della Suprema Corte (Sez. 2, Sentenza n. 32989 del 10/04/2015, Rv. 264223) non pertinente, trattandosi di una decisione relativa al riconoscimento della causa di non punibilità, in sede di legittimità, comunque superata dalla sentenza delle Sezioni unite Thushaj (Sez. U, Sentenza n. 13681 del 25/02/2016, Rv. 266590)1 secondo cui la Corte di legittimità può procedere all’esame diretto dei presupposti in diritto circa l’applicabilità dell’art. 131 bis c.p., sulla base del fatto accertato con la sentenza di merito dichiarandola d’ufficio ed annullando senza rinvio la sentenza impugnata, a norma dell’art. 620 c.p.p., comma 1, lett. l).

4. Ora, la disposizione di cui all’art. 131-bis c.p. stabilisce che la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art. 133, comma 1, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale, con ciò escludendo l’applicabilità della norma nel caso in cui l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonchè nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.

5. Nel caso di specie la Corte territoriale ha ritenuto ostativa la presenza di denunce per reati concernenti gli stupefacenti. anche sotto diverse generalità.

6. Va, nondimeno, ricordato che l’abitualità, ostativa all’applicazione dell’istituto, può ravvisarsi quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame. A questo proposito il giudice può fare riferimento non solo alle condanne irrevocabili ed agli illeciti sottoposti alla sua cognizione – nel caso in cui il procedimento riguardi distinti reati della stessa indole, anche se tenui – ma anche ai reati in precedenza ritenuti non punibili ex art. 131-bis c.p. (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591). La norma, infatti, “intende escludere dall’ambito della particolare tenuità del fatto comportamenti “seriali” (…). Parimenti non oscuro è il riferimento alla commissione di “più reati della stessa indole”. In primo luogo, non si parla di condanne ma di reati. Inoltre, il tenore letterale lascia intendere che l’abitualità si concretizza in presenza di una pluralità di illeciti della stessa indole (dunque almeno due) diversi da quello oggetto del procedimento nel quale si pone la questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis. In breve, il terzo illecito della medesima indole dà legalmente luogo alla serialità che osta all’applicazione dell’istituto (…) L’alterità al plurale dei reati diversi da quello oggetto del processo non lascia dubbio che la serialità ostativa si realizza quando l’autore faccia seguire a due reati della stessa indole un’ulteriore, analoga condotta illecita. I reati possono ben essere successivi a quello in esame, perchè si verte in un ambito diverso da quello della disciplina legale della recidiva; ed è in questione un distinto apprezzamento in ordine, appunto, alla serialità dei comportamenti. La pluralità dei reati può concretarsi non solo in presenza di condanne irrevocabili, ma anche nel caso in cui gli illeciti si trovino al cospetto del giudice che, dunque, è in grado di valutarne l’esistenza; come ad esempio nel caso in cui il procedimento riguardi distinti reati della stessa indole, anche se tenui” (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, in motivazione).

7. La Corte territoriale, invece, in questo caso, pur dando atto dell’incensuratezza, ha ritenuto ostativa l’esistenza di mere denunce, senza neppure indicarne nè la collocazione temporale, nè l’eventuale successivo accertamento dei reati che ne formano oggetto, a ciò limitando il giudizio, senza verificare la sussistenza dei parametri applicativi della disposizione, incorrendo nella falsa applicazione della legge, che giustifica l’annullamento della sentenza impugnata.

8. Il secondo motivo è parimenti fondato. E’ sufficiente ricordare che, diversamente da quanto opinato dalla Corte territoriale, le Sezioni Unite hanno di recente ritenuto che: “in tema di stupefacenti, la circostanza attenuante del lucro e dell’evento di speciale tenuità di cui all’art. 62 c.p., n. 4, è compatibile con la fattispecie di lieve entità, prevista dal D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309art. 73, comma 5. (Sez. U, Sentenza n. 24990 del 30/01/2020, Dabo Kabiru, Rv. 279499).

9. La sentenza impugnata deve, dunque, essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma, per nuovo giudizio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. e della circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4 e rinvia, per nuovo giudizio su tali punti, ad altra sezione della Corte di appello di Roma.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2021

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi