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Cassazione penale sez. IV, 04/07/2024, n.26297

Massima

La mancata allegazione, da parte del pubblico ministero, dei decreti autorizzativi delle intercettazioni alla richiesta di misura cautelare e la successiva omessa trasmissione al tribunale del riesame non comportano l’inefficacia della misura o l’inutilizzabilità delle intercettazioni, a meno che i decreti non siano stati adottati in violazione della legge. Tuttavia, il tribunale è obbligato ad acquisire tali decreti per garantire il diritto di difesa della parte interessata e verificare la loro legittimità. In un caso specifico, la Corte ha annullato l’ordinanza del tribunale del riesame per aver omesso l’acquisizione dei decreti autorizzativi, considerando erronea la valutazione che i documenti non fossero rilevanti.

Supporto alla lettura

INTERCETTAZIONI 

Le intercettazioni sono uno dei mezzi di ricerca della prova disciplinati dal codice di procedura penale  (Libro III, Titolo III, Capo IV, artt. 266-271). In assenza di una definizione legislativa, la giurisprudenza è intervenuta per colmare tale lacuna, stabilendo che le intercettazioni sono  captazioni occulte e contestuali di una comunicazione o conversazione tra due o più soggetti che agiscono con l’intenzione di escludere altri e con modalità oggettivamente idonee a tale scopo, attuate da un soggetto estraneo alla conversazione mediante strumenti tecnici di precisione tali da vanificare le cautele poste a protezione del carattere riservato della comunicazione

Le intercettazioni possono essere:

  • telefoniche, se consistono nell’acquisizione di telecomunicazioni attraverso il telefono o altre forme di trasmissione;
  • ambientali, se si indirizzano a colloqui tra presenti all’insaputa di almeno uno degli interessati;
  • informatiche, se si intercetta il flusso di comunicazioni relativo a sistemi informatici o telematici.

Ai sensi dell’ art. 267 c.p.p., la richiesta del PM al GIP del decreto motivato che autorizza le intercettazioni deve basarsi sui seguenti presupposti:

  • devono essere presenti gravi indizi di reato
  • l’intercettazione deve risultare assolutamente indispensabile per la prosecuzione delle indagini. L’indagine investigativa non può trarre origine dall’intercettazione.

Da ultimo, la legge 9 agosto 2024, n. 114 “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all’ordinamento giudiziario e al codice dell’ordinamento militare (Riforma Nordio)” ha modificato anche la disciplina relativa alle intercettazioni (si veda, ad esempio, l’ introduzione dell’obbligo di interrogatorio dell’indagato prima di disporre la misura cautelaresalvo che sia necessario l’effetto sorpresa, che deve essere documentato integralmente con riproduzione audiovisiva o fonografica a pena di inutilizzabilità, mentre esso è escluso se c’è pericolo di fuga o di inquinamento delle prove.

Si distinguono dalle intercettazioni, i tabulati telefonici che, invece, contengono l’elenco di tutte le chiamate effettuate da un telefono in un certo intervallo di tempo e consentono solamente di verificare se una conversazione telefonica v’è stata o meno, senza poter conoscere in alcun modo il contenuto della telefonata. In altri termini, solo l’intercettazione consente di “sentire” ciò che gli intercettati si stanno dicendo.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Firenze, con il provvedimento indicato in epigrafe, ha rigettato le richieste di riesame dell’ordinanza con la quale è stata applicata a carico di (omissis) e di (omissis) la misura della custodia cautelare in carcere per le fattispecie di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, a carico della prima, e, quanto alla seconda indagata, per reati in materia di prostituzione oltre che per associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei detti reati.

2. Avverso l’ordinanza di riesame le indagate, tramite il comune difensore e con atto congiunto, hanno proposto ricorsi fondati sui motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).

2.1. Nell’interesse di (omissis)  e di (omissis) , con il primo motivo, si deduce la violazione di legge per la mancata acquisizione, da parte del Tribunale, dei provvedimenti autorizzativi delle intercettazioni, non trasmessi al G.i.p. ex art. 291 cod. prò. pen., i cui esiti avrebbero fondato tanto l’ordinanza genetica quanto il rigetto dei riesami, nonostante specifiche richieste rivolte con gli atti di riesame nell’interesse di entrambe le indagate. Il giudice del riesame, peraltro, pur avendo correttamente riportato in ordinanza la richiesta difensiva avente a oggetto l’acquisizione dei provvedimenti autorizzativi, nei termini di cui innanzi, l’avrebbe ritenuta inconferente, così non procedendo all’acquisizione dei detti provvedimenti, in ragione della messa a disposizione della difesa, da parte del Pubblico Ministero, dei supporti informatici, cosa ben diversa dai provvedimenti di autorizzazione o convalida delle intercettazioni

2.2. Nell’interesse di (omissis) si deducono altresì violazione di legge e vizio cumulativo di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria circa la partecipazione al sodalizio in quanto dedotta, in forza degli esiti di sole tre intercettazioni, senza esplicitare gli elementi sottesi alla ritenuta affectio societatis, in ragione dell’essersi l’indagata avvalsa della facoltà di non rispondere e, illogicamente, in considerazione di una precedente conferma dei gravi indizi di colpevolezza all’esito di precedente riesame, ancorché con ordinanza poi annullata in sede di legittimità per ragioni d’incompetenza territoriale. A quanto innanzi si aggiungono le censure, sempre in termini di violazione di legge e vizio cumulativo di motivazione, circa la mancata sussunzione dell’ascritta fattispecie di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 nell’ipotesi di “lieve entità” e in merito alla ritenuta sussistenza dei pericoli di recidiva e di fuga, comunque, per la ricorrente, arginabili con altra misura meno afflittiva. Il Tribunale, in particolare, sul punto non sì sarebbe confrontato con le deduzioni difensive, tra cui quelle inerenti alla disgregazione del sodalizio e alle motivazioni del viaggio in Cina che l’indagata si accingeva a intraprendere, argomentate anche da informazioni assunte ex art. 391-ò/s cod. proc. pen.

2.3. Nell’interesse di (omissis) si deducono invece violazione di legge e vizio cumulativo di motivazione in ordine all’individuazione dell’indagata quale soggetto addetto alla gestione delle prostitute all’interno del locale, e in merito all’effettiva sussistenza dei reati in materia di prostituzione, che l’indagata avrebbe commesso in esecuzione del proprio ruolo all’interno del sodalizio, i quali, a dire della ricorrente, sarebbero il risultato del travisamento dell’intero compendio probatorio costituito dall’informativa conclusiva (comprese le immagini e le sommarie informazioni acquisite). A quanto innanzi si aggiungono le censure, sempre in termini di violazione di legge e vizio cumulativo di motivazione, circa la ritenuta sussistenza del pericolo di fuga in assenza di confronto con le deduzioni difensive evidenzianti, peraltro, il non immediato ritorno in Cina dell’indagata dopo la precedente scarcerazione, e in merito alla valutazione della gravità dei fatti e alla sanzione in concreto irrogabile.

3. Le parti hanno concluso per iscritto nei termini di cui in epigrafe.

Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso, proposto con atto congiunto e nell’interesse di entrambe le indagate, è fondato, con conseguente assorbimento della decisione in merito alle altre censure.

2. In tema di intercettazioni telefoniche, difatti, in caso di mancata allegazione, da parte del Pubblico Ministero, dei relativi provvedimenti autorizzativi a corredo della richiesta di applicazione di misure cautelari, la successiva omessa trasmissione degli stessi al Tribunale del riesame a seguito di impugnazione del provvedimento coercitivo non determina l’inefficacia della misura ex art. 309, comma 10, cod. proc. pen., in quanto atti non trasmessi ex art. 291 cod. proc. pen., né l’inutilizzabilità delle intercettazioni, che invece consegue all’adozione dei decreti fuori dei casi consentiti dalla legge o in violazione delle disposizioni previste dagli artt. 267 e 268 cod. proc. pen, obbligando però il Tribunale ad acquisire i detti provvedimenti a garanzia del diritto di difesa della parte che ne abbia fatta richiesta ai fini del controllo in merito alla loro sussistenza e alla legittima adozione (si vedano sul punto, ex plurimis Sez. 1, n. 823 del 11/10/2016, dep. 2017, Fiammetta, Rv. 269291;

Sez. 3, n. 42371 del 12/10/2007, Gulisano, Rv. 238059; Sez. 1 n. 8806, del 15/02/2005, Ferrini, Rv. 231083; Sez. 4, n. 4631 del 01/12/2004, dep. 2005, Kelolli, Rv. 230685; Sez. 6, n. 6 del 02/1072003, dep. 2004, Rv. 228860).

3. Orbene, come dedotto dalle ricorrenti, il Tribunale, pur essendone obbligato a garanzia del diritto di difesa e in forza di specifica richiesta rivoltagli nell’interesse di entrambe le indagate, alla quale fa riferimento lo stesso provvedimento impugnato (pag. 2), non ha disposto l’acquisizione dei provvedimenti autorizzativi delle intercettazioni, non trasmessi ai sensi dell’art. 309 cod. proic. pen. e dedotti come non allegati con la richiesta ex art. 291 dello stesso codice di rito, i cui esiti, per quanto emerge dalla stessa ordinanza impugnata, sono stati utilizzati tanto dall’ordinanza genetica quanto da quella di rigetto dei riesami; ciò, peraltro, con motivazione sul punto illogica in quanto facente riferimento alla messa a disposizione della difesa, da parte del Pubblico Ministero, dei supporti informatici delle intercettazioni, cosa differente dai relativi sottesi provvedimenti autorizzativi.

4. In conclusione, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Firenze, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.

Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà delle ricorrenti, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui le indagate si trovano ristrette perché provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis del citato articolo 94.

In caso di diffusione del presente provvedimento, infine, devono essere omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 D.Lgs. n. 196 del 2003, in quanto imposto per legge.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Firenze competente ai sensi dell’art. 309, co. 7, cod. proc. pen. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. Oscuramento dati sensibili perché imposto dalla legge.Così deciso il 15 maggio 2024.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2024.

Allegati

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