2. Avverso la sentenza della Corte di appello calabrese, (omissis), tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando quattro motivi.
Con il primo, la difesa deduce la violazione degli art. 609 bis e 129 c.p.p., rinnovando l’eccezione della tardività della querela sporta il 5 marzo 2010 rispetto all’episodio contestato al capo A, contestato genericamente come commesso nel (omissis), senza alcuna specificazione della data precisa, per cui, in relazione al capo A, l’azione penale doveva ritenersi improcedibile.
Con il secondo motivo, viene eccepita la violazione dell’art. 78 c.p.p., comma 2 in ordine alla costituzione di parte civile, che era avvenuta fuori udienza, mediante deposito dell’atto in cancelleria il 26 novembre 2013, senza tuttavia che tale atto sia stato mai notificato al difensore dell’imputato.
Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla valutazione dell’attendibilità delle dichiarazioni dei testi e, in particolare, della persona offesa, rilevando che la Corte di appello non aveva tenuto conto delle numerose incoerenze della deposizione della (omissis), caratterizzata peraltro da frequenti “non ricordo”.
Inoltre, aggiunge la difesa, nel caso di specie difettavano adeguate prove scientifiche in ordine alle presunte violenze subite dalla persona offesa, peraltro costituitasi parte civile, la cui ricostruzione, oltre a essersi rivelata confusa, non poteva in ogni caso ritenersi riscontrata dalle sole dichiarazioni della madre.
Con il quarto motivo, infine, oggetto di doglianza è il vizio di motivazione rispetto all’omesso vaglio applicativo della regola dell'”oltre ogni ragionevole dubbio”, non avendo la Corte territoriale considerato che il quadro probatorio era rappresentato dalla sommatoria di elementi incerti e mere congetture personali. I dubbi erano invero più che ragionevoli, non essendo ad esempio comprensibile sul piano logico che la presunta vittima delle ripetute violenze sessuali abbia mantenuto la relazione amorosa intrapresa con (omissis), senza mai allontanarsi dal suo “carnefice”, ma anzi continuando a consentirgli addirittura l’accesso all’interno della propria abitazione.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
In accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al capo A), per essere il reato non procedibile per mancanza di querela, mentre, in relazione alle restanti doglianze, il ricorso è inammissibile perchè manifestamente infondato.
1. Iniziando dal primo motivo, premesso che entrambi gli episodi contestati sono procedibili a querela, occorre innanzitutto rilevare che la querela è stata presentata da (omissis) il 5 marzo 2010, per cui, se alcun problema si pone rispetto al reato di cui al capo B, commesso nel (omissis), risulta invece problematica la situazione rispetto all’episodio di violenza sessuale contestato al capo A, che si assume commesso, genericamente, nel “(omissis)”.
Dunque, perchè possa ritenersi tempestiva la querela, il fatto dovrebbe essere avvenuto non oltre sei mesi prima, ovvero dal 5 (omissis) in poi.
Tuttavia, in mancanza di un’adeguata specificazione temporale e non avendo in ogni caso l’istruttoria dibattimentale consentito l’esatta collocazione cronologica del fatto, la contestazione non può che essere riferita, in un’ottica di favor rei, al primo giorno del mese di settembre, non potendosi escludere, in presenza di una tale estensione temporale della contestazione, che il reato sia stato commesso nei primi giorni del mese, ovvero in quelli utili al fine di scongiurare determinati effetti della legge penale, in tal caso in materia di condizioni di procedibilità.
Dunque, in presenza di contestazioni riferite a un determinato mese, senza indicazione del giorno preciso, il fatto deve ritenersi commesso, in mancanza di elementi probatori di segni contrario, nel primo giorno del mese, ciò in coerenza con la pertinente affermazione di questa Corte (Sez. 1, n. 49086 del 24/05/2012, Rv. 253958), secondo cui, in tema di prescrizione, qualora il reato sia contestato come commesso genericamente fino a un certo anno, senza indicazione del mese o del giorno, il termine di prescrizione, per il principio del favor rei), comincia a decorrere dal primo giorno utile dell’anno indicato.
Pertanto, cristallizzata al (omissis) l’epoca di commissione del reato de quo, la querela sporta il 5 marzo 2010 deve ritenersi tardiva, per cui la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al capo A), per essere il reato improcedibile per mancanza di una tempestiva querela.
2. Passando al secondo motivo, deve invece rilevarsi che lo stesso è manifestamente infondato, avendo già il Tribunale efficacemente osservato, nel rigettare la relativa eccezione preliminare, che nel caso di specie la conoscenza dell’iniziativa processuale della parte civile era stata comunque assicurata, in quanto, pur essendo avvenuta la costituzione di parte civile fuori udienza, la difesa, già in sede di udienza preliminare, aveva avuto piena contezza dell’atto, come se la costituzione fosse avvenuta in udienza, per cui, in mancanza peraltro di una espressa previsione di nullità ex art. 78 c.p.p., deve escludersi che, sul piano sostanziale, vi sia stata alcuna violazione del diritto di difesa.
3. Passando al terzo e al quarto motivo, suscettibili di essere trattati in maniera unitaria, perchè tra loro sovrapponibili, occorre evidenziare che, a differenza di quanto dedotto nel ricorso, la valutazione di attendibilità della persona offesa operata dai giudici di merito non presenta vizi di legittimità.
Invero le due conformi sentenze di merito, destinate a integrarsi reciprocamente, hanno operato una puntuale ricostruzione della vicenda oggetto di contestazione, richiamando in primo luogo le dichiarazioni della persona offesa, (omissis), la quale, nelle due udienze in cui si è svolto l’esame dibattimentale, ha descritto il suo rapporto con (omissis), iniziato nel giugno 2009, in un periodo in cui ella viveva con il figlio, avuto dal marito (omissis) da cui si era separata consensualmente, mentre (omissis) diceva di essere in crisi con la moglie. Tra i due, conosciutisi presso una gelateria di Catanzaro ubicata vicino la casa dei genitori della donna, nasceva una relazione sentimentale che si concretizzava in una convivenza presso l’abitazione della persona offesa, con l’intesa che costei, per non alterare l’equilibrio del figlio, avrebbe dormito di notte con questi, mentre (omissis) sarebbe rimasto a dormire sul divano-letto della cucina.
Ciò posto, una notte del mese di (omissis), (omissis) si introduceva nella stanza dove dormiva la sua compagna e, dopo averla palpeggiava, la penetrava, non avendo potuto la donna reagire, se non tentando invano di allontanare da sè l’imputato, in quanto si trovava in una condizione soporifera indotta dall’uso, noto al compagno, di alcuni psicofarmaci che in quel periodo stata assumendo. Dopo quell’episodio, la (omissis), che poi scoprirà di essere rimasta incinta, iniziò a trattare freddamente (omissis), anche perchè questi aveva iniziato a comportarsi in maniera possessiva, assumendo atteggiamenti ostili anche verso il figlio.
Nonostante ciò, la convivenza non fu interrotta e si arrivò così al mese di (omissis), nel corso del quale, durante le festività natalizie, la coppia si recò a cena presso l’abitazione dei genitori della denunciante; a fine serata, la donna espresse il desiderio di restare a dormire dai suoi con il figlio, invitando (omissis) a fare rientro a casa, ma, dopo le insistenze della madre, che non era al corrente del crescente disagio della figlia, l’imputato rimase anch’egli a dormire dai genitori della compagna, collocandosi nella stanza del fratello della (omissis). A un certo punto della notte, (omissis) entrò nel soggiorno dove la persona offesa era rimasta a dormire con il figlio e, intimandole di stare zitta, le impose un nuovo rapporto sessuale, cui la donna fu suo malgrado costretta a sottostare, per non svegliare il figlio e gli altri familiari; l’indomani, tuttavia, la (omissis) si fece coraggio e raccontò tutto ai genitori, interrompendo la sua relazione con il ricorrente, dal quale pretese la restituzione delle chiavi di casa sua.
Nonostante le insistenze di (omissis), la donna rimase ferma nel suo proposito e, dopo aver sporto querela nel marzo 2010, nel successivo mese di aprile riprese a coabitare con il suo ex marito, con il quale nel frattempo aveva ripreso i rapporti.
4. Orbene, il racconto della persona offesa è stato ritenuto ragionevolmente credibile dai giudici di merito, sia perchè lineare, preciso e costante, sia perchè riscontrato dalle dichiarazioni tanto della madre (omissis), che ha confermato i fatti avvenuti presso la sua abitazione, quanto del Dott. (omissis), neurologo che aveva in cura la (omissis) e che ha fornito a sua volta importanti elementi di conforto rispetto alla descrizione dei tempi e delle ricadute della terapia farmacologica all’epoca in corso, smentendo in particolare l’assunto dell’imputato secondo cui l’avvio della cura sarebbe risalita al mese di ottobre 2009, avendo il teste invece precisato che la cura era iniziata ad agosto 2009 con la somministrazione di alcun farmaci che, pur non influendo sulle ordinarie capacità cognitive della paziente, tuttavia determinavano effetti collaterali come sonnolenza e debolezza muscolare, il che spiega il motivo della reazione flebile opposta dalla (omissis) in occasione dell’episodio di settembre, mentre l’assenza di lesioni fisiche è riconducibile al fatto che la vittima preferì subire i rapporti sessuali, piuttosto che svegliare il figlio che le dormiva accanto. Nel confrontarsi con le deduzioni difensive, i giudici di merito hanno poi escluso che il quadro probatorio sia stato minato delle dichiarazioni dell’imputato e della moglie, rimarcando come non fosse affatto contraddittorio che la (omissis), dopo essere stata artefice della separazione di (omissis), abbia, seppur gradualmente. posto un muro alla prosecuzione del rapporto, chiedendo anche un risarcimento del danno a seguito della reiterata invasione della propria sfera sessuale.
In definitiva, la valutazione della credibilità del racconto della persona offesa operata dal Tribunale e dalla Corte di appello, in quanto sorretta da argomentazioni logiche e aderenti alle acquisizioni istruttorie, non presta il fianco alle doglianze difensive, che invero risultano formulate in termini assertivi e soprattutto non sufficientemente specifici, essendo mancato nel ricorso un adeguato confronto con le pertinenti considerazioni delle sentenze di merito.
5. In conclusione, deve ribadirsi che solo il primo motivo è meritevole di accoglimento, dovendo la sentenza impugnata essere annullata senza rinvio limitatamente al capo A (episodio del (omissis)), conseguendo da ciò la rideterminazione della pena nella misura di anni 3 e mesi 4 di reclusione, dovendosi cioè eliminare, dopo la riduzione di un terzo per la concessione delle attenuanti generiche sulla pena base di anni 5 di reclusione, il corrispondente aumento per la continuazione esterna, che nella sentenza di primo grado, confermata dalla Corte di appello, era stato fissato in mesi 2 di reclusione.
Così deciso in Roma, il 17 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2019
