Massima

Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 609 bis c.p., violenza sessuale, non è necessaria una violenza che ponga il soggetto passivo nell’impossibilità di opporre una resistenza, essendo sufficiente che l’azione si compia in modo insidiosamente rapido, tanto da superare la volontà contraria del soggetto passivo.

Supporto alla lettura

VIOLENZA SESSUALE

La violenza sessuale è riconosciuta a livello internazionale come un crimine contro l’umanità e come una forma di violenza maschile sulle donne.

Nell’ordinamento italiano è riconosciuta come un delitto contro la persona ed è un reato punito secondo l’art. 609 bis c.p..

Può assumere forme diverse: dallo stupro all’aggressione sessuale, passando dalle violenze nel matrimonio, nella coppia e nella famiglia, quindi non è posto l’accento sulla sessualità, si tratta bensì di una dimostrazione di potere e della messa in atto di obiettivi personali o politici degli autori del reato.

Per la configurazione del reato è importante la mancanza di consenso da parte della vittima, e non la manifestazione del dissenso, ma anche tra partner se non c’è consenso al rapporto sessuale allora vi è violenza.

L’attuale formulazione dell’art. 609 bis c.p. è il frutto di molteplici modifiche che si sono susseguite nel corso del tempo e che hanno reso la disciplina in materia sempre più rigida. L’ultima riforma, in ordine di tempo, è quella apportata dal Codice Rosso (L. 69/2019), che non ha solo modificato l’articolo, ma ha introdotto molteplici strumenti per assicurare maggiori tutele alle donne e ai minori vittime di violenza domestica e di genere.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

OSSERVA

Con sentenza in data 09/12/2003 la Corte di Appello di Perugia confermava la condanna alla pena della reclusione inflitta nel giudizio di primo grado a (omissis), quale colpevole di avere, con violenza, costretto (omissis) a subire, dopo toccamenti lascivi, una congiunzione carnale in luogo aperto al pubblico.

La Corte, richiamando espressamente la sentenza di primo grado, riteneva infondate le censure d’inattendibilità dell’accusa della persona offesa puntualizzando che alcune non erano aderenti alle acquisizioni processuali e che altre erano irrilevanti e ribadiva laconfigurabilità dei reati contestati sia perchè l’imputato aveva coartato la libertà di autodeterminazione, nella sfera sessuale, della vittima, la quale aveva esplicitamente e ripetutamente espresso perentoria indisponibilità a aderire alle sue proposte sessuali sia perchè la congiunzione carnale era stata imposta all’interno di un’autovettura, in luogo aperto al pubblico.

Aderiva, quindi, alla ricostruzione fattuale del Tribunale secondo cui:

– l’imputato, il quale, previo accordo con la direzione del locale (omissis), stava trasportando sulla sua autovettura la (omissis) presso il comune luogo di lavoro, le aveva proposto, durante il tragitto, di divertirsi insieme toccandole nel contempo e più volte le gambe;

– al suo netto e chiaro rifiuto, (omissis) aveva imboccato una strada in mezzo alla campagna e, fermata la macchina, aveva abbassatoil sedile della ragazza; l’aveva denudata e si era congiunto carnalmente con lei;

– la ragazza era rimasta impietrita dalla paura per la situazione in cui versava che non le consentiva d’immaginare nessuna via d’uscita poichè i due si trovavano in aperta campagna, in una zona isolata, al buio, di notte e poichè un’eventuale foga era resa ancor più difficoltosa dal suo abbigliamento, essendo essa vestita per il lavoro, con tacchi alti e minigonna.

Proponeva ricorso per Cassazione l’imputato denunciando violazione di legge; mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine:

– alla ritenuta configurabilità del reato di cui all’art. 609 bis cod. pen. per l’insussistenza dell’elemento costitutivo della violenza (sia fisica che psichica) non avendo egli esercitato nessuna forma di violenza fisica sulla presunta vittima, essendo irrilevante “Il dissenso della vittima se il vizio del volere non è generato da una coazione del reo”;

– alla ritenuta configurabilità del reato di atti osceni che, pur essendo una fattispecie di pericolo, nella specie non poteva essere ravvisato perchè l’imputato aveva adottato tutte le cautele per escludere ogni possibilità che terze persone potessero scorgere ciò che stava accadendo all’interno dell’autovettura;

– al rigetto della domanda di sospensione delle statuizioni civilistiche provvisoriamente esecutive.

Chiedeva l’annullamento della sentenza.

Il ricorso è infondato poggiando le censure sulla valutazione dei fatti riduttiva e diversa da quella dei Giudici del merito.

La giurisprudenza di questa Corte è orientata nel senso che la violenza richiesta per l’integrazione del reato de quo non è soltanto quella che pone il soggetto passivo nell’impossibilità di opporre tutta la resistenza voluta, tanto da realizzare un vero eproprio costringimento fisico, ma anche quella che si manifesta nel compimento insidiosamente rapido dell’azione criminosa, così venendosi a superare la contraria volontà del soggetto passivo (Cass. Sez. 3^ n. 3990/2001, Invidia; Sezione 3^ n. 1569/2004, 02/07 – 23/09/2004).

Nella specie, è stato ritenuto, con congrua ed incensurabile motivazione, che il rapporto sessuale, preceduto da repentini toccamenti delle gambe nude, è stato imposto alla vittima, la quale, appena intuite le intenzioni del (omissis), lo aveva scongiurato di desistere.

In tale condizione psichica si è innestata la condotta dell’imputato, il quale, approfittando della creata situazione di minorata difesa (avendo condotto la vittima in aperta campagna e in ora notturna per impedirle richieste d’aiuto o possibilità di foga), ha commesso abusi sessuali senza il consenso della stessa.

Il reato, quindi, si è perfezionato alla stregua delle descritte modalità dell’azione, poichè la ragazza, prima, ha subito palpeggiamenti a sorpresa sulle gambe scoperte e poi, per il contesto ambientale in cui avveniva, non è stata in condizioni di opporsi alla congiunzione carnale commessa in prosecuzione dell’iniziale condotta criminosa.

Erronea è, quindi, l’asserzione difensiva secondo cui l’atto sessuale non sarebbe connotato da violenza.

Anche il secondo motivo non è puntuale.

Premesso che la fattispecie criminosa di cui all’art. 527 cod. pen. è un reato di pericolo per il quale non è necessario che si sia realizzato l’evento e che la visibilità degli atti sessuali deve essere valutata ex ante, in relazione al luogo, all’ora ed alle modalità del fatto, va osservato che le condotte oscene poste inessere all’interno di un’autovettura in sosta in luogo pubblico sono penalmente rilevanti anche se siano compiuti in ora notturna o su strada non frequentata, in quanto siffatte circostanze non eliminano in modo assoluto l’evenienza che gli atti osceni siano percepiti da occasionali passanti, salvo che l’autore del fatto non abbia adottato specifiche cautele, come l’appannamento o la copertura dei vetri della vettura, idonee ad impedire in modo assoluto tale evenienza (Cassazione Sezione 3^, n. 6302/1998 RV. 1^ 210965, Bertoja; conforme 198614239 RV. 174655; conforme 198601913 RV. 172048).

Nella specie, la congiunzione carnale è avvenuta su un’autovettura posteggiata in aperta campagna, dietro una siepe, ma in prossimità di una strada principale e senza alcuna particolare cautela per schermare i vetri, sicchè non era esclusa la possibilità che automobilisti di passaggio, illuminando coi fari l’abitacolo della vettura, scorgessero qualche avveniva al suo interno.

Il reato, commesso l’8 marzo 1997, è prescritto per decorso del termine massimo di anni 7 mesi 6, sicchè va emessa la consequenziale declaratoria con l’eliminazione della relativa pena di mesi due di reclusione.

E’ inammissibile l’ultima censura con cui si contesta, senza addurre alcuna specifica motivazione, il rigetto della istanza di sospensione delle statuizioni civilistiche perchè non corredata da documentazione.

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all’art. 527 cod. pen. perchè estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena di mesi due di reclusione.

Rigetta il ricorso nel resto.

Così deciso in Roma, nella Pubblica udienza, il 1 febbraio 2006.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2006

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi