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Cassazione penale sez. III, 16/02/2023, n.15242

Massima

Per la configurazione del reato di corruzione di minorenne, è sufficiente l’esibizione, a persona minore degli anni 14, di foto pedopornografiche in modo tale da coinvolgere emotivamente la persona offesa e compromettere la sua libertà sessuale 

 

Supporto alla lettura

CORRUZIONE DI MINORENNE

Il reato di corruzione di minorenne è un delitto previsto dal codice penale italiano all’art. 609 quinquies. Tale tipologia di reato rientra tra i delitti contro la persona, disciplinati nel Libro II, Titolo XII del codice.

Il delitto è stato inserito nel codice penale dalla Legge 15 febbraio 1996 n. 66 e, successivamente, sostituito dalla legge 1 ottobre 2012 n. 172. Questo per la ratifica e l’esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, siglata a Lanzarote il 25 ottobre 2007.
Tale norma ha lo scopo di proteggere e tutelare un sano e ordinato sviluppo psicofisico del minore infraquattordicenne, il quale potrebbe subire un trauma dal verificarsi dell’evento criminoso.
La L. n. 103/2017 ha attuato la Convenzione di Istanbul contro la violenza nei confronti delle donne, ratificata dall’Italia mediante la legge 27 giugno 2013, n. 77, in cui è richiesto agli Stati firmatari di adottare le misure legislative necessarie per garantire che il termine di prescrizione per intentare un’azione penale relativa ai reati di violenza sessuale «sia prolungato per un tempo sufficiente e proporzionato alla gravità del reato, per consentire alla vittima minore di vedere perseguito il reato dopo aver raggiunto la maggiore età». A tal proposito, L’ attuale art. 158 c.p. prevede, per una serie di delitti in danno di minori, che il termine di prescrizione del reato inizia a decorre dal momento in cui la vittima raggiunge i 18 anni, salvo che l’azione penale sia già stata esercitata precedentemente; in quest’ultimo caso, il termine di prescrizione inizia invece a decorre dall’acquisizione della notizia di reato.
Di seguito l’elenco dei delitti a danno dei minori, fra i quali spiccano quelli a sfondo sessuale, in cui trova applicazione la previsione:
  • maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.);
  • riduzione in schiavitù, tratta di persone e commercio di schiavi (artt. 600, 601 e 602 c.p.);
  • prostituzione e pornografia minorile (artt. 600-bis e ter), detenzione di materiale pornografico minorile, anche virtuale (artt. 600-quater e 600-quater 1), turismo sessuale (art. 600-quinquies), violenza sessuale (art. 609-bis), atti sessuali e corruzione di minorenni (art. 609-quater e -quinquies), violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies), adescamento di minorenni (art. 609-undecies) e stalking (art. 612-bis)

 

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata sentenza, la Corte d’appello di Messina ha confermato la sentenza del Tribunale di Messina con la quale l’imputato era stato condannato, alla pena di anni uno e mesi tre di reclusione, in relazione al reato di cui all’art. 609 quinquies comma 2 c.p., perché inviando alla minore infraquattordicenne, tramite Messeger alcune fotografie dal contenuto pornografico (immagine del proprio organo sessuale mentre si masturbava) chiedeva alla stessa di manifestare il proprio compiacimento.

2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p..

Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) c.p.p. in relazione all’erronea applicazione della legge penale e al vizio di motivazione con riguardo alla sussistenza del reato.

Secondo il ricorrente la corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto sussistente il reato contestato, frutto di una errata interpretazione della norma là dove avrebbe ritenuto che l’inoltro della fotografia con l’esibizione del proprio organo genitale alla minore senza valutare il carattere induttivo della condotta al compimento di un atto sessuale della minore. Non emerge né dalla ricostruzione del fatto né nella motivazione alcun ulteriore dato, rispetto alla mera richiesta di compiacimento, atto a qualificare l’intero comportamento dell’imputato quale tentativo di spingere la persona offesa a compiere atti sessuali.

Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 606 comma 1 lett. e) c.p.p. in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.

Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso, che proviene dalla Settima sezione non essendo stata rilevata una causa di inammissibilità, è fondato con riguardo al secondo motivo, risulta, invece, inammissibile il primo motivo di ricorso.

4. In relazione al primo motivo di doglianza afferente all’affermazione di responsabilità dell’odierno ricorrente, osserva, la Corte, che può essere esaminato prendendo in considerazione sia la motivazione della sentenza impugnata sia quella della sentenza di primo grado, e ciò in quanto i giudici di merito hanno adottato decisioni e percorsi motivazionali comuni, che possono essere valutati congiuntamente ai fini di una efficace ricostruzione della vicenda processuale e di una migliore comprensione delle censure del ricorrente. Allorché infatti le sentenze di primo e secondo grado concordino, come in specie, nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo (ex plurimis, Sez. 1, n. 8868 del 26/06/2000, Sangiorgi, Rv. 216906; cfr. da ult. Sez. 5, n. 40005 del 07/03/2014, Lubrano Di Giunno, Rv. 260303), cui occorre far riferimento per giudicare della congruità della motivazione, integrando e completando quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella d’appello (Sez. 1, n. 1309 del 22/11/1993, dep. 1994, Scardaccione, Rv. 197250)”.

Ciò premesso, la doglianza di violazione di legge in ordine alla qualificazione del fatto di reato di cui all’art. 609 quinquies comma 2, c.p., per avere inviato, tramite applicativo Messenger, ad una persona minore degli anni quattordici, alcune fotografie pornografiche che lo ritraevano con l’organo sessuale mentre si masturbava, e la illogicità della motivazione in relazione all’affermazione della responsabilità penale, è inammissibile perché in contrasto sia con il dato normativo sia con la consolidata giurisprudenza di legittimità.

5. Va, in primo luogo, premesso che, secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di corruzione di minorenne, anche le condotte poste in essere mediante comunicazione telematica sono riconducibili alla fattispecie di cui art. 609-quinquies, comma 2, c.p., poiché il far assistere persona minore di anni 14 al compimento di atti sessuali o il mostrare alla medesima materiale pornografico al fine di indurla a compiere o a subire atti sessuali non richiede necessariamente la presenza fisica degli interlocutori (Sez. 3, n. 14210 del 30/10/2019, V., Rv. 279293 – 01).

Orbene, la tesi in punto di diritto sostenuta dal ricorrente secondo cui mancherebbe la prova dell’induzione al compimento di atti sessuali è giuridicamente errata.

L’esibizione di organi sessuali e di foto pornografiche esplicite con genitali in mostra e atti sessuali evidenti – come nel caso in esame – a persona di età inferiore di anni quattordici, configura la condotta del reato di corruzione di minorenni, caratterizzato, stante il fine di indurre il minore infraquattordicenne a compiere o subire atti sessuali, dal dolo specifico, la cui sussistenza può essere desunta anche dalle circostanze di tempo e luogo della condotta, laddove indicative delle specifiche finalità dell’atto (Sez. 3, n. 30435 del 10/06/2022, Rv. 283548 – 01).

Il reato di cui all’art. 609 quinquies c.p. tutela, infatti, il corretto sviluppo del minore, mediante la punizione di condotte invasive finalizzate all’induzione al compimento a subire atti sessuali. E’ una norma che pone un’anticipazione della tutela penale, rispetto a più gravi reati, per impedire condotte lesive delle sfera sessuale e del corretto sviluppo del minore.

Ai fini della consumazione non è necessario che il minore subisca un danno ossia concretamente e negativamente coinvolto emotivamente dalla condotta dell’agente o tantomeno che compia atti sessuali che, diversamente, integrerebbe il reato di cui all’art. 609 bis c.p. 609 quater c.p..

L’induzione al compimento di atti sessuali costituisce l’aspetto finalistico del dolo specifico dell’agente e non l’evento del reato.

Non essendo stato contestato il fatto materiale, correttamente i giudici del merito hanno ritenuto configurabile il reato contestato essendo sufficiente l’esibizione, a persona minore degli anni 14, di foto pedopornografiche in modo tale da coinvolgere emotivamente la persona offesa e compromettere la sua libertà sessuale, come avvenuto nel caso in esame, avendo l’imputato sollecitato la minore ad esprimere compiacimento argomentando, da tale ultimo elemento, il dolo specifico richiesto dalla norma.

6. E’ fondato il secondo motivo di ricorso. La sentenza impugnata, a fronte di un motivo di appello con cui la difesa chiedeva il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, è priva di risposta.

7. Conclusivamente la sentenza impugnata va annullata limitatamente all’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte d’appello di Messina. Il ricorso nel resto va dichiarato inammissibile.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Messina. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2023

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