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Cassazione penale sez. III, 14/07/2025, n. 25814

Massima

In tema di reati di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.) e violenza sessuale (art. 609 bis c.p. e ss.), la Corte di Cassazione ha statuito che il delitto di violenza sessuale si procede d’ufficio qualora sia connesso a un altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio, come nel caso di connessione con il reato di maltrattamenti in famiglia, ai sensi dell’art. 609 septies, comma 4, n. 4, cod. pen., rendendo irrilevante l’eventuale assenza o tardività della querela per le condotte sessuali.

Supporto alla lettura

VIOLENZA SESSUALE

La violenza sessuale è riconosciuta a livello internazionale come un crimine contro l’umanità e come una forma di violenza maschile sulle donne.

Nell’ordinamento italiano è riconosciuta come un delitto contro la persona ed è un reato punito secondo l’art. 609 bis c.p..

Può assumere forme diverse: dallo stupro all’aggressione sessuale, passando dalle violenze nel matrimonio, nella coppia e nella famiglia, quindi non è posto l’accento sulla sessualità, si tratta bensì di una dimostrazione di potere e della messa in atto di obiettivi personali o politici degli autori del reato.

Per la configurazione del reato è importante la mancanza di consenso da parte della vittima, e non la manifestazione del dissenso, ma anche tra partner se non c’è consenso al rapporto sessuale allora vi è violenza.

L’attuale formulazione dell’art. 609 bis c.p. è il frutto di molteplici modifiche che si sono susseguite nel corso del tempo e che hanno reso la disciplina in materia sempre più rigida. L’ultima riforma, in ordine di tempo, è quella apportata dal Codice Rosso (L. 69/2019), che non ha solo modificato l’articolo, ma ha introdotto molteplici strumenti per assicurare maggiori tutele alle donne e ai minori vittime di violenza domestica e di genere.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 15 novembre 2023, il Tribunale di Patti condannava (omissis) alla pena di anni 6 e mesi 2 di reclusione, in quanto ritenuto colpevole dei reati di cui agli art. 572 cod. pen. (capo A) e 609 bis – 609 ter, n. 5 quater cod. pen. (capo C), commessi in Mistretta sino all’11 gennaio 2021, in danno della moglie (omissis), in cui favore veniva riconosciuto il diritto al risarcimento del danno, da liquidare in separata sede. Con sentenza del 23 ottobre 2024, la Corte di appello di Messina, in parziale riforma della decisione di primo grado, riduceva la pena ad anni 6 e mesi 1 di reclusione, confermando nel resto la pronuncia del Tribunale.

2. Avverso la sentenza della Corte di appello peloritana, (omissis), tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando quattro motivi.

Con il primo, la difesa censura l’omessa declaratoria di improcedibilità nei confronti dell’imputato per mancanza di querela per il delitto di violenza sessuale, con riferimento alle condotte anteriori al 2014, evidenziando innanzitutto che il rapporto tra (omissis) e la persona offesa è stato contraddistinto da una lunga interruzione protrattasi per circa sei anni, ossia dal giugno 2014 all’agosto 2020, quando la donna ha deciso di tornare nella casa coniugale. Ciò posto, ribadita l’autonomia tra le condotte riferibili al periodo antecedente al luglio 2014 e quelle collocabili nel periodo agosto 2020-gennaio 2021, si rileva che per i fatti relativi al 2014 vi sarebbe il difetto di querela, posto che quella presentata il 12 luglio 2014 dalla B.B. era riferita solo a generiche vessazioni psicologiche, senza alcun cenno a presunte violenze sessuali, essendo scaturito da tale querela un procedimento penale per maltrattamenti in famiglia contestato a (omissis) fino al 12 luglio 2014, definito nel 2023 con sentenza assolutoria della Corte di appello di Messina.

Con il secondo motivo, la difesa censura, sotto il duplice profilo del vizio di motivazione e della violazione di legge, la valutazione di attendibilità della persona offesa, le cui dichiarazioni, oltre a non essere intrinsecamente credibili, non hanno trovato adeguato riscontro probatorio, posto che i figli dell’imputato, (omissis) e (omissis), hanno negato di aver assistito a episodi di violenza, parlando di meri litigi tra i coniugi, con insulti reciproci, mentre non si è tenuto conto che la figlia (omissis) non frequentava più la casa familiare dal 2018 e che vi ha fatto rientro per qualche giorno solo per in occasione del Capodanno del 2020. Del resto, per il periodo coincidente con la ripresa della convivenza (agosto 2020-11 gennaio 2021), quello cui è stato circoscritto il giudizio di colpevolezza, non sono stati indicati elementi idonei a conferire credibilità all’incerto racconto della denunciante.

Con il terzo motivo, oggetto di doglianza è la conferma del giudizio di colpevolezza dell’imputato in ordine al reato di violenza sessuale, rilevandosi che da parte di (omissis) non vi è stata alcuna forma di prevaricazione nei confronti della (omissis), non avendo costei mai avuto rapporti anali con l’imputato e non risultando affatto provati i palpeggiamenti che la persona offesa ha riferito essere stati compiuti in pubblico dal marito.

Con il quarto motivo, infine, la difesa contesta la conferma del giudizio di colpevolezza in ordine al reato di maltrattamenti in famiglia, sottolineando che il primo periodo della contestazione è coperto dal giudicato in forza della sentenza assolutoria del 2023, mentre, rispetto al periodo della nuova convivenza dei coniugi dall’agosto 2020 all’11 gennaio 2021, si osserva che la stessa (omissis) ha dichiarato che, dopo la riconciliazione, il marito ha cambiato atteggiamento nei suoi confronti, per cui, in ordine alla ripresa della convivenza, non può ritenersi provato l’elemento oggettivo della fattispecie contestata.

2.1. Con memoria trasmessa il 12 marzo 2025, l’avvocato (omissis), difensore di fiducia dell’imputato, nel replicare alla requisitoria del Procuratore generale, ha insistito per l’accoglimento del ricorso, ribadendone gli argomenti.

3. Con memoria trasmessa l’11 marzo 2025, l’avvocato Salvatore Timpanaro, difensore di fiducia della parte civile (omissis), ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, la conferma delle statuizioni civili e la condanna dell’imputato alla refusione delle spese di giudizio.

Motivi della decisione

Il ricorso è nel suo complesso infondato.

1. Iniziando dal primo motivo, se ne deve rimarcare l’inammissibilità, innanzitutto perché, come riconosciuto nel ricorso, la questione del difetto di querela per una parte delle condotte contestate è stata sollevata per la prima volta in sede di legittimità. Sul punto deve infatti richiamarsi la condivisa affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 35767 del 21/04/2017, Rv. 271245), secondo cui la tardività della querela non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità, trattandosi di eccezione che comporta accertamenti di fatto che sono devoluti al giudice di merito e che, non essendo stati richiesti tempestivamente, sono preclusi nei successivi gradi di giudizio. A ciò deve solo aggiungersi che la questione, per come prospettata, appare comunque manifestamente infondata nel merito, posto che il reato di violenza sessuale contestato a (omissis) al capo C risulta connesso con quello di maltrattamenti in famiglia, procedibile d’ufficio, di cui al capo A, per il quale pure vi è stata condanna, trovando quindi applicazione, in punto di procedibilità, la previsione di cui all’art. 609 septies, comma 4, n. 4, cod. pen., secondo cui per il delitto di violenza sessuale si procede d’ufficio se, come appunto nel caso di specie, il fatto è connesso con un altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.

2. Passando ai restanti motivi di ricorso, suscettibili di trattazione unitaria, perché tra loro sostanzialmente sovrapponibili, ritiene il Collegio che il giudizio di attendibilità della persona offesa e la conseguente affermazione della responsabilità penale dell’imputato in ordine ai reati di cui ai capi A e C non presentano vizi di legittimità rilevabili in questa sede. Deve infatti osservarsi che le due conformi sentenze di merito, le cui argomentazioni sono destinate a integrarsi reciprocamente per formare un apparato motivazionale unitario, hanno operato un’attenta disamina del materiale probatorio acquisito, valorizzando in particolare le querele e le dichiarazioni investigative (acquisite con il consenso delle parti) rese da (omissis); costei, dopo aver premesso di essersi sposata nel 1989 con (omissis), ha riferito che questi, già dopo un anno di matrimonio, ha iniziato ad assumere nei confronti di lei un atteggiamento sempre più prevaricante, apostrofandola con epiteti ingiuriosi, talora mettendole “le mani addosso” e costringendola a subire palpeggiamenti o rapporti sessuali contro la sua volontà, al termine dei quali capitava a volte che egli urinasse nella sua vagina, perché diceva di considerarla “un gabinetto”. L’imputato pretendeva inoltre di consumare rapporti anali e, al rifiuto della donna, egli la minacciava di morte, oppure di cacciarla di casa. Dopo anni di vessazioni, la (omissis) decideva quindi nel 2014 di abbandonare la casa familiare con il figlio minore (omissis), trovando ospitalità a Bologna presso l’abitazione della sorella (omissis). Dopo circa tre anni e una breve relazione con un altro uomo, la persona offesa tornava a Mistretta, ospite della sorella (omissis), e intraprendeva una nuova relazione con un uomo di Palermo, città dove ella si trasferiva per tre anni insieme al figlio (omissis), ciò mentre a sua volta l’imputato aveva instaurato un legame con la vedova del fratello della moglie. Quando quest’ultima relazione si incrinò, (omissis) nell’aprile 2020 contattò la consorte proponendole di tornare insieme e promettendole che non avrebbe più abusato degli alcolici e che sarebbe cambiato. La (omissis) accettò la proposta e tornò di nuovo a vivere con l’imputato. Questi, tuttavia, a partire dall’agosto 2020, riprese a fare uso degli alcolici e a maltrattare la moglie, costringendola a subire rapporti sessuali e anzi dicendole che, con la compagna che nel frattempo aveva avuto, il ménage sessuale era più soddisfacente. Tale situazione si trascinò fino all’11 gennaio 2021, giorno in cui, dopo essersi un’altra volta ubriacato, (omissis) minacciò di nuovo di morte la (omissis), che gli manifestava l’intenzione di tornare dalla sorella (omissis), scatenando ciò la reazione dell’imputato, il quale chiamava la cognata intimando a lei e a sua figlia (omissis) di non dare ospitalità alla moglie. Costei, nascostasi nella camera dei figli, contattava il 112, per cui di lì a poco giungevano sul posto i Carabinieri, i quali, constatato il forte stato di agitazione della donna, sollecitavano l’intervento del Pronto Soccorso, venendo così constatata nella denunciante una sindrome ansiosa-reattiva, con il valore della glicemia oltre 300.

2.1. Orbene, all’esito di una disamina esauriente dell’intero compendio probatorio, la narrazione di (omissis) è stata ritenuta credibile dai giudici di merito, dovendosi premettere che la ricostruzione fornita dalla persona offesa è stata valutata, in primo e in secondo grado, nel solco dei criteri ermeneutici elaborati da tempo dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 5, n. 21135 del 26/03/2019, Rv. 275312, Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, Rv. 265104, SS.UU. n. 41461 del 19/07/2012, Rv. 253214 e Sez. 1, n. 29372 del 24/06/2010, Rv. 248016), secondo cui, in tema di testimonianza, le dichiarazioni della persona offesa costituita parte civile possono essere poste, anche da sole, a fondamento dell’affermazione di responsabilità penale dell’imputato, previa verifica, più rigorosa rispetto a quella richiesta per la valutazione delle dichiarazioni di altri testimoni, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, con la precisazione che, qualora risulti opportuna l’acquisizione di riscontri estrinseci, questi possono consistere in qualsiasi elemento idoneo a escludere l’intento calunniatorio del dichiarante, non dovendo risolversi in autonome prove del fatto, né assistere ogni segmento della narrazione. Su questa falsariga, i giudici di merito hanno dunque rimarcato la precisione e la linearità delle dichiarazioni della (omissis), il cui racconto, privo di rilevanti incongruenze, ha in ogni caso trovato significative conferme nelle convergenti dichiarazioni della sorella (omissis), della nipote (omissis) e della figlia (omissis), oltre che in quelle del maresciallo (omissis), il quale, giunto in occasione dell’episodio dell’11 gennaio 2021, ha tra l’altro potuto constatare, oltre all’atteggiamento intimidatorio dell’imputato verso tutti, ivi compresi gli operanti di P.G., anche il suo palese stato di ubriachezza, negato invece in maniera del tutto inverosimile dal figlio del ricorrente, (omissis) (omissis), la cui deposizione favorevole al padre è stata ragionevolmente ritenuta inattendibile dai giudici di merito.

2.2. In definitiva, in quanto fondata su argomentazioni razionali e coerenti con le fonti dimostrative acquisite, correttamente intese nel loro reale significato e correlate tra loro in maniera non illogica, la valutazione sulla credibilità della persona offesa si sottrae alle censure difensive, con le quali si sollecita sostanzialmente una diversa (e parziale) lettura del materiale probatorio, operazione non consentita in questa sede, dovendosi richiamare la costante affermazione della giurisprudenza di questa Corte (cfr. ex plurimis Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601 e Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482), secondo cui, in tema di giudizio di cassazione, a fronte di un apparato argomentativo privo di profili di irrazionalità, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito. Non sono infatti deducibili innanzi a questa Corte censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua contraddittorietà e dalla sua illogicità ove non manifesta su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr. Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Rv. 280747). È stato altresì precisato (Sez. 3, n. 5602 del 21/01/2021, Rv. 281647 – 04 e Sez. 2, n. 29480 del 07/02/2017, Rv. 270519), che il principio dell’ “oltre ragionevole dubbio”, introdotto nell’art. 533 cod. proc. pen. dalla legge n. 46 del 2006, non ha mutato la natura del sindacato della Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza, che non può essere utilizzato per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto, eventualmente emerse in sede di merito e segnalate dalla difesa, una volta che tale duplicità sia stata, come è appunto avvenuto nel caso di specie, incontrovertibilmente esclusa.

2.3. Parimenti immune da censure è la qualificazione giuridica dei fatti. Sul punto, rispetto al reato di maltrattamenti in famiglia, riferito alle sole condotte vessatorie compiute dall’imputato dall’agosto 2020 all’11 gennaio 2021 (mentre quelle compiute fino al luglio 2014 sono state ritenute coperte dal giudicato assolutorio), deve solo osservarsi che l’eventuale contesto di reciproca conflittualità tra i coniugi evocato dalla difesa, ove pure fosse provato, non vale di per sé a escludere la configurabilità del reato di cui al capo A, dovendosi in tal senso richiamare l’affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 1, n. 19769 del 10/04/2024, Rv. 286399 e Sez. 3, n. 12026 del 24/01/2020, Rv. 278968), secondo cui il reato di maltrattamenti in famiglia è configurabile anche nel caso in cui le condotte violente e vessatorie siano poste in essere dai conviventi in danno reciproco gli uni degli altri, poiché l’art. 572 cod. pen., non prevedendo spazi di impunità in relazione a improprie forme di autotutela, non consente alcuna “compensazione” fra condotte penalmente rilevanti poste in essere vicendevolmente. Quanto invece, al delitto di violenza sessuale di cui al capo C, occorre sottolineare che il dissenso della persona offesa è stato sempre chiaramente percepibile, anche se la donna ha evitato reazioni plateali, ma solo per evitare reazioni ulteriori in caso di rifiuto come correttamente osservato dai giudici di merito. Né può del resto sottacersi che le pretese sessuali dell’imputato, anche avuto riguardo alle modalità con cui venivano imposte, si sono inserite in un contesto di prolungata sopraffazione della persona offesa, estesa anche alla sfera dei rapporti intimi; in tal senso deve in ogni caso escludersi, anche in condizioni normali, l’esistenza di un diritto potestativo del marito al soddisfacimento dei propri istinti sessuali nei confronti della moglie, richiedendo il lecito compimento del rapporto sessuale la presenza del consenso perdurante dei protagonisti del rapporto (cfr. Sez. 3, n. 46051 del 28/03/2018 non mass.). Di qui l’infondatezza delle censure in punto di responsabilità.

3. Ne consegue che il ricorso proposto nell’interesse di (omissis) deve essere rigettato, con onere del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di provvedere al pagamento delle spese processuali, nonché di provvedere altresì, nei modi di cui al dispositivo, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Messina con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 D.P.R. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello stato.

IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.Lgs. 196/03 E SS.MM.

Così deciso in Roma il 18 marzo 2025.

Depositata in Cancelleria il 14 luglio 2025.

Allegati

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