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Cassazione penale sez. III, 13/05/2022, n.31768

Massima

Al fine di determinare la minore offensività del fatto, rilevante per riconoscere il fatto lieve ex articolo 73, comma 5, del Dpr n. 309 del 1990, gli indici elencati in detta disposizione non possono, da un lato, essere utilizzati dal giudice alternativamente, riconoscendo od escludendo, cioè, la lieve entità del fatto anche in presenza di un solo indicatore di segno positivo o negativo, a prescindere dalla considerazione degli altri, e, dall’altro, non è richiesta la loro esistenza cumulativa, in senso positivo o negativo.

Supporto alla lettura

• Definizione: Nel nostro ordinamento giuridico, la detenzione di sostanze stupefacenti è sanzionata dal DPR n. 309/1990, ed in particolare dall’articolo 73, per il caso di detenzione ai fini di spaccio e dall’art.75, per il caso di detenzione al fine di utilizzo personale.
All’interno della fattispecie ex art 73 dpr 309 del 90 che punisce il reato di spaccio di droga pena è ridotta in due casi: quando si tratta di droghe leggere e, nel caso dell’art 73 comma 5, quando è ravvisabile il fatto di lieve entità, comunemente conosciuto come “piccolo spaccio”.
La premessa da fare, pertanto, è che in Italia il possesso di sostanze stupefacenti, anche di quantità minime, a prescindere dall’uso personale di droga o meno, non è consentito dalla legge, quindi comunque si va incontro a sanzioni, nei casi più gravi, di natura penale, nei casi meno gravi, di natura amministrativa. La detenzione di sostanza stupefacente per uso personale non è reato, ma un illecito amministrativo. Ciononostante le conseguenze per colui il quale sia trovato in possesso di droga non sono da poco: sarà compromessa la patente di guida (saranno obbligatori esami tossicologici per valutare la persistenza della idoneità alla guida), il porto d’armi, il permesso di soggiorno, il passaporto e la carta di identità per l’espatrio.

Ambito oggettivo di applicazione

RITENUTO IN FATTO

  1. La Corte d’Appello di Palermo, con sentenza emessa in data 4 maggio 2021, ha confermato la sentenza dell’8 luglio 2020 del GUP presso il Tribunale di Palermo, con la quale F.P. veniva condannato alla pena di anni 4 di reclusione ed Euro 20.000 di multa, oltre alla pena accessoria dell’interdizione per anni 5 dai pubblici uffici, perché giudicato colpevole del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1, per aver illecitamente detenuto e ceduto sostanza stupefacente di tipo cocaina per un peso complessivo di gr. 16,7 pari a 14 dosi medie singole (in Palermo, in data 18/01/2020), con la recidiva semplice.
  2. Avverso tale sentenza l’imputato, per il tramite del proprio difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato nei seguenti motivi:

1) Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b), e mancanza di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, considerato che i giudici del merito hanno escluso di poter ricondurre il fatto contestato al F. alla fattispecie di cui al comma 5, perché ritenuto non episodico, né occasionale1sulla base di due elementi, ossia il fatto che egli fosse noto quale “spacciatore” e l’assenza di mezzi di sostentamento economico del ricorrente, se non quello derivante da attività illecite. Questo giudizio è frutto di congetture dei giudici del merito, del tutto svincolate dagli atti processuali e dai fatti di cui all’imputazione, senza prendere in considerazione gli elementi che la giurisprudenza richiede al fine di determinare la tenuità o meno del fatto, quali la quantità e qualità di sostanza detenuta e ceduta, l’assenza di elementi concreti per ricondurre l’attività ad un’organizzazione di spaccio, la valutazione dell’ambito di tale organizzazione;

2) Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b), e mancanza di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), in relazione all’art. 99 c.p., considerato che non sussiste un’idonea motivazione sul giudizio di pericolosità sociale del F., con conseguente riconoscimento di un aumento di penale per la recidiva semplice a lui contestata.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

  1. Il primo motivo di ricorso è fondato. Come affermato nella sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte, n. 51063 del 27/09/2018, Rv. 274076, la fattispecie di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, ha la funzione di individuare quei fatti che si caratterizzano per una ridotta offensività, allo scopo di sottrarli al regime sanzionatorio previsto dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 – al cui ambito applicativo gli stessi fatti sarebbero altrimenti riconducibili – nella prospettiva di rendere il sistema repressivo in materia di stupefacenti maggiormente rispondente ai principi sanciti dall’art. 27 Cost.. Pertanto al fine di determinare tale minore offensività, i giudici di merito devono valutare tutte le circostanze del fatto, senza alcun limite a priori, non potendo l’esistenza di una piazza di spaccio, o di una pluralità di condotte o dell’eterogeneità della sostanza stupefacente essere valutate in modo aprioristico come ostative ad una tale valutazione.

1.1. Pertanto, gli indici per qualificare un fatto di lieve entità elencati dall’art. 73, comma 5, non possono, da un lato, essere utilizzati dal giudice alternativamente, riconoscendo od escludendo, cioè, la lieve entità del fatto anche in presenza di un solo indicatore di segno positivo o negativo, a prescindere dalla considerazione degli altri e, dall’altro, non è richiesta la loro esistenza cumulativa, in senso positivo ovvero negativo. Il percorso tracciato dal legislatore impone di considerare, infatti, anche la possibilità che tra gli stessi si instaurino rapporti di compensazione e neutralizzazione, in grado di consentire un giudizio unitario sulla concreta offensività del fatto anche quando le circostanze che lo caratterizzano risultano prima facie contraddittorie in tal senso, come del resto già era stato in passato sostenuto in alcuni arresti delle Sezioni semplici in riferimento alla struttura di circostanza attenuante della fattispecie vigente all’epoca (cfr.,. Sez. 6, n. 167 del 23/01/1992, Chorki Bouzhaiem, Rv. 189462; Sez. 4, n. 8954 del 11/05/1992, Bondi, Rv. 191643). Sulla base di queste premesse si è pertanto escluso ad esempio che la diversità di sostanze stupefacenti detenute a fini di cessione sia di per sé ostativa alla configurabilità del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, (così S.U., n. 51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076). Parimenti non è stato ritenuto ostativo alla sussunzione del fatto nell’ipotesi autonoma di reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, lo svolgimento di attività di spaccio di stupefacenti non occasionale, ma inserita in un’attività criminale organizzata o professionale (cfr. Sez. 6, n. 28251 del 09/02/2017, Mascali, Rv. 270397).

  1. Nel caso di specie i giudici del merito hanno richiamato la giurisprudenza di legittimità senza però applicarne i principi al caso concreto, avendo escluso la lieve entità del fatto contestato al F. solo in ragione del fatto che egli era noto quale “spacciatore”, senza specificare l’entità dell’attività di spaccio della quale lo stesso farebbe parte, e quindi quanto la sua condotta di cessione di droga di cui all’imputazione potesse concretamente contribuire alla diffusione nel mercato di sostanza stupefacente. Invero, anche se in presenza di una sola cessione è ben possibile desumere un’abitualità della condotta, o l’esistenza di un’organizzazione dedita allo spaccio, l’ampiezza della stessa deve essere oggetto di specifica motivazione, e risultare dagli elementi di prova presenti agli atti. Le stesse sentenze citate nel provvedimento impugnato, nel ribadire tale principio, riportano casi in cui il condannato, a fronte di un’unica cessione accertata, risultava vantare una clientela fedele e/o l’inserimento in una più o meno diffusa organizzazione di spaccio. Questi ulteriori elementi non sono menzionati nella motivazione della sentenza impugnata, non potendo essere sufficiente etichettare il ricorrente quale spacciatore senza fare riferimento agli elementi in forza di quali tali appellativo sarebbe giustificato, considerato che risulta pacifico che i due acquirenti della sostanza non lo conoscevano personalmente, essendo stato loro indicato da un soggetto terzo.

2.2. Infine, sempre in riferimento agli indici da valutare per la configurabilità della fattispecie di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5, la giurisprudenza di legittimità ha negato valore preclusivo ai precedenti specifici del soggetto attivo del reato, ritenendoli estranei agli elementi di valutazione previsti dalla disposizione normativa (si vedano Sez. 3, n. 13120 del 06/02/2020, Rv. 279233; Sez. 6, n. 42112 del 14/10/2009, Belaiba, Rv. 245022 – 01). Pertanto, i precedenti penali dal F., tra l’altro relativi a reati di diversa natura rispetto a quello di cui all’imputazione, mentre possono trovare ragionevole considerazione nelle valutazioni in ordine al riconoscimento della contestata recidiva, non risultano idonei, di per sé, a giustificare la valutazione negativa dei giudici di appello quanto alla consistenza offensiva del fatto commesso.

  1. Il secondo motivo, in forza della rivalutazione di merito demandata ai giudici del rinvio, quanto ai precedenti penali, resta assorbito. Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo per nuovo giudizio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 13 maggio 2022.

 

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