Massima

È da ritenersi legittima la configurabilità della responsabilità penale in capo al datore di lavoro in presenza di una pluralità di violazioni delle disposizioni normative in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro. Tali violazioni, ove accertate, integrano condotte omissive o commissive rilevanti ai sensi del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e delle disposizioni del codice penale, in quanto idonee a porre in pericolo la salute e l’incolumità dei lavoratori, rendendo il datore di lavoro penalmente responsabile per l’omesso rispetto degli obblighi di prevenzione, protezione e vigilanza.

(Rocchina Staiano)

Supporto alla lettura

SICUREZZA SUI LUOGHI DI LAVORO

La sicurezza sul lavoro è quell’insieme di misure, provvedimenti e soluzioni adottate al fine di rendere più sicuri i luoghi di lavoro, per evitare che i lavoratori possano infortunarsi durante lo svolgimento delle loro mansioni.

Si tratta di una condizione organizzativa necessaria ed imprescindibile di cui ogni azienda deve essere in possesso per eliminare o quantomeno ridurre i rischi e i pericoli per la salute dei lavoratori.

Attualmente la normativa di riferimento in materia è costituita dal D. L.gs. 81/2008, il quale prevede, tra le principali misure generali di tutela:

  • la valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza;
  • l’eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo;
  • il rispetto dei principi ergonomici;
  • la riduzione del rischio alla fonte;
  • la sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso;
  • l’utilizzo limitato di agenti chimici, fisici e biologici sui luoghi di lavoro;
  • i controlli sanitari periodici dei lavoratori;
  • l’informazione e formazione in materia di sicurezza per i lavoratori;
  • le istruzioni adeguate ai lavoratori;
  • la programmazione di misure per garantire il miglioramento nel tempo;
  • la gestione delle emergenze;
  • la regolare manutenzione di ambienti, impianti, attrezzature e dispositivi di sicurezza.

L’obbligo di rispettare la normativa inerente alla sicurezza sul lavoro è stabilito nei confronti di ogni lavoratore, ovvero di coloro che rientrano nella definizione contenuta nell’art. 2, lett a) del D. Lgs. 81/2008, i quali svolgono un’attività lavorativa nell’ambito di un’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche solo al fine di apprendimento, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari. Inoltre sono equiparati ai lavoratori anche:

  • il socio lavoratore di cooperativa o di società;
  • l’associato di partecipazione;
  • l’allievo degli istituti di istruzione ed universitari e il partecipante ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ecc…

Il datore di lavoro è la figura principale garante e responsabile della tutela della salute e sicurezza nella propria azienda, infatti egli deve ottemperare a quanto stabilito dalla normativa vigente per garantire la corretta applicazione delle misure atte alla riduzione o alla cancellazione di qualsiasi rischio cui sono esposti i lavoratori:

  • la valutazione dei rischi e la stesura del relativo documento (DVR);
  • il dovere di offrire un ambiente lavorativo sicuro;
  • informare e formare i lavoratori sui rischi presenti in loco;
  • vigilare e verificare il rispetto delle norme antinfortunistiche da parte dei dipendenti;
  • l’adozione di idonee misure di prevenzione e protezione, tra cui i dispositivi di protezione individuale.

Oltre alla figura del datore di lavoro, ci sono anche altri soggetti che hanno un ruolo nella gestione della sicurezza sul lavoro, in particolare: il dirigente per la sicurezza; il preposto per la sicurezza; il responsabile del servizio prevenzione e protezione (RSPP); l’addetto al servizio prevenzione e protezione (ASPP); il medico competente; il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS); il lavoratore, quest’ultimo in particolare è anche soggetto attivo che deve essere consapevole delle condizioni del proprio ambiente lavorativo e deve partecipare alla valutazione dei rischi attraverso il rappresentante dei lavoratori (RLS).

I controlli e la supervisione vengono effettuati da diverse entità, sia a livello governativo che aziendale, per esempio l’ispettorato del lavoro e l’azienda sanitaria locale competente per territorio.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto

1. Con sentenza in data 5.3.2108 la Corte di Appello di Ancona ha confermato la pronuncia resa all’esito del giudizio di primo grado dal Tribunale della stessa città che aveva ritenuto la penale responsabilità di H.Y.M. per i reati di cui agli artt. 5 e 10 decreto legislativo 74/2000, nonché per una pluralità di contravvenzione in ordine alle condizioni di sicurezza sul lavoro previste dal decreto legislativo 81/2008, condannandolo alla pena di due anni di reclusione e tre mesi di arresto.

2. Avverso il suddetto provvedimento l’imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione, articolando un unico motivo con il quale deduce, in relazione al vizio di violazione di legge processuale, la nullità della sentenza di primo grado in quanto priva nel corpo del provvedimento delle conclusioni delle parti in violazione di quanto previsto dall’art. 546 lett d) cod. proc. pen. nonché di riferimenti al verbale di udienza, quantunque la difesa avesse richiesto nella discussione orale l’applicazione, illustrandone le ragioni, delle circostanze generiche, sulle quali il giudice di prime cure aveva omesso qualunque motivazione.

 Diritto

Il ricorso deve ritenersi inammissibile per manifesta infondatezza.

Mentre come già chiarito dalla sentenza impugnata la mancata riproduzione delle conclusioni delle parti all’interno di una sentenza non configura alcuna causa di nullità, rilevando quali cause di nullità fra le prescrizioni dettate dall’art. 546 cod. proc. pen. in ordine ai requisiti della sentenza soltanto quelle di cui al terzo comma e facendo in tal caso fede il verbale di udienza, deve rilevarsi che nessuna richiesta di applicazione delle attenuanti generiche risulta riprodotta nel verbale del procedimento di primo grado, che risulta il documento che, in quanto redatto dal cancelliere, assevera con efficacia probatoria privilegiata quanto avvenuto in udienza. Come già affermato da questa Corte, infatti, la mancata presentazione delle conclusioni della difesa non è idonea a produrre alcuna nullità della sentenza qualora tale mancanza dipenda dall’inerzia del difensore, presente in udienza e rimasto inattivo per sua scelta, potendo tale nullità derivare esclusivamente dal totale impedimento alla difesa di proporre le proprie richieste finali o dal mancato accoglimento della richiesta di prendere per ultima la parola (Sez. 5, n. 11905 del 16/11/2015 – dep. 21/03/2016, Branchi e altri, Rv. 266478).

Posto che l’asserzione contenuta nel presente ricorso non risulta supportata da alcuna evidenza in difetto della relativa verbalizzazione, in ogni caso, quand’anche si trattasse di un’omessa pronuncia, soccorre pienamente la motivazione resa sul punto dalla Corte di Appello essendo il secondo grado di giudizio funzionalmente preordinato a superare gli errori e le carenze in cui sia eventualmente incorso il primo giudice.

Segue all’esito del ricorso la condanna del ricorrente a norma dell’art. 616 c.p.p. al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo elementi per ritenere che abbia proposto la presente impugnativa senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma equitativamente liquidata alla Cassa delle Ammende.
 

P.Q.M

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di € 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 27.11.2018

Allegati

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