• Home
  • >
  • Cassazione penale sez. III, 04/06/2007, n. 21684

Cassazione penale sez. III, 04/06/2007, n. 21684

Massima

È legittima la condanna per induzione e sfruttamento della prostituzione basata su prove che dimostrano l’organizzazione di incontri a scopo di lucro, anche se la valutazione della credibilità dei testi è scindibile e parte delle loro dichiarazioni è stata ritenuta non attendibile in quanto favorevole all’imputato; la Cassazione non può riesaminare la valutazione discrezionale delle prove se adeguatamente motivata in sede di merito, né le modalità di escussione di coimputati sentiti con le garanzie legali.

Supporto alla lettura

PROSTITUZIONE

Con il termine prostituzione si intende il compimento di prestazioni sessuali a scopo di lucro, il cui elemento caratterizzante della prostituzione è l’offerta di prestazioni sessuali in cambio di un corrispettivo economico.

Tale attività può essere esercitata sia da soggetti maschili che femminili, finalizzata a qualsiasi tipo di rapporto, sia eterosessuale che omosessuale, e consiste nel compimento di qualsiasi atto di natura sessuale. Tale comportamento non costituisce reato in quanto siffatta attività, seppure intesa come degradante e contraria al buon costume, rientra tra la libertà di autodeterminazione della persona e dunque non può essere sanzionata penalmente.

Vi sono però condotte, legate alla prostituzione, che costituiscono reato, e sono: sfruttamento, induzione e favoreggiamento della prostituzione. Il reato di favoreggiamento, sfruttamento e induzione alla prostituzione è punito dall’art. 3, n. 8, l. n. 75/1958, con la reclusione fino a sei anni e con la multa fino a 10.329 euro.

Sfruttamento: disciplinato dalla legge n. 75 del 1958 stabilisce, all’articolo 3 che è illegale approfittare dei proventi ottenuti dall’attività di prostituzione di terzi, quindi viene incriminato lo sfruttamento della prostituzione come condotta volta a trarre ingiustificato vantaggio dall’attività di chi si prostituisce. In ogni caso deve  essere presente la consapevolezza dello sfruttatore di trarre un indebito vantaggio dall’attività di meretricio.

Favoreggiamento: attività finalizzata a facilitare, favorire o comunque apportare un contributo determinante all’esercizio della prostituzione; trattasi di condotte caratterizzate dal porre in essere un rapporto di causalità nel quale si concretizzino tutte quelle condizioni perché si possa realizzare l’esercizio della prostituzione altrui. E’ importante individuare il momento in cui si perfeziona il favoreggiamento essendo sufficiente qualsiasi forma di intervento agevolativo, come, per esempio, mettere in contatto il cliente con la prostituta.

Induzione: si tratta di un’ulteriore ipotesi di reato individuato nella legge Merlin all’art. 3, e s’intende qualsiasi attività di persuasione o convincimento, operata nei confronti di un soggetto, affinché costui offra il proprio corpo ad un numero indeterminato di persone. È necessario, inoltre, che l’induzione avvenga senza violenza o minaccia, perché eventualmente integrerebbe l’ipotesi aggravata prevista all’art. 4 della legge stessa.

Oggi in Italia,la stessa prostituzione non costituisce reato come allo stesso modo non è più reato “l’atto osceno in luogo pubblico” , il comportamento cioè di chi consuma un rapporto sessuale in auto con una prostituta, in un luogo che sia affacciato sulla pubblica via o facilmente visibile da altri. Inoltre non è più reato neanche la prostituta che va in giro vestita succintamente o con abiti che possano offendere il decoro pubblico: anche tale comportamento è stato oggetto di depenalizzazione, con applicazione solo di sanzioni amministrative.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Bologna, con sentenza n. 4643/05, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Ravenna in data 05.05.99, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di (omissis) in ordine al delitto di cui all’art. 582 c.p., perchè estinto per prescrizione, determinando in anni quattro di reclusione e L. 4.000.000 di multa la pena inflitta all’appellante per il residuo reato ascrittogli. Ha confermato nel resto.

Il giudice di prime cure aveva dichiarato l’imputato colpevole dei reati di induzione, sfruttamento della prostituzione e lesioni personali volontarie, assolvendolo dall’accusa di avere usato violenza sessuale nei confronti di (omissis).

Avverso la sentenza resa dalla Corte Bolognese ha proposto ricorso per cassazione il (omissis) con i seguenti motivi:

– erronea applicazione della legge ed in particolare delle norme processuali con cui venivano escussi i testimoni;

– mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione allorchè i testi escussi sono ritenuti inattendibili relativamente alle dichiarazioni con cui scagionano l’imputato; di contro ritenendo gli stessi credibili la ove riferiscono particolari che confermerebbero la versione della parte offesa.

Motivi della decisione

La sentenza gravata dal ricorso si appalesa sorretta da logica ed esaustiva motivazione; di contro, le doglianze spiegate col gravame dal ‘dio si ritengono prive di pregio e, pertanto, vanno rigettate.

In ordine al primo motivo di ricorso si evidenzia che la Corte di Appello di Bologna ha correttamente argomentato in merito alla legittimità della assunzione dei testi (omissis), (omissis) e (omissis), non testimoni in senso tecnico, ma imputati di reato connesso in quanto originariamente imputati di concorso in violenza di gruppo, per quali si era proceduto separatamente, escussi, pertanto con le garanzie e le facoltà previste dall’art. 210 c.p.p..

Il giudice di merito ha dato ampiamente contezza della condotta posta in essere dal (omissis), allorquando costui, alla insaputa della (omissis), organizzò l’incontro del (omissis) al quale parteciparono i tre amici predetti, al fine di permettere a costoro di avere rapporti sessuali con la donna, inducendo la stessa alla prostituzione.

Le risultanze probatorie hanno pertanto permesso alla Corte territoriale di rilevare che il prevenuto era stato il destinatario del pagamento degli importi versati dal (omissis), dal (omissis) e dal C. quale corrispettivo per la ottenuta prestazione sessuale; così confermando la fondatezza della incolpazione ascritta al prevenuto in ordine al reato di sfruttamento alla prostituzione.

Per quanto attiene al secondo motivo di ricorso non può che rilevarsi che il giudice di merito ha valutato le risultanze scaturite dalle deposizioni rese dai testi escussi in applicazione del potere discrezionale ex lege attribuitogli, il cui esame resta precluso in sede di giudizio di legittimità.

Peraltro, in tema di prova testimoniale trova applicazione il principio di scindibilità della valutazione, da intendersi nel senso che il giudice può ritenere veritiera una parte della deposizione e, nel contempo, disattendere altre parti di essa, dando, ovviamente, adeguata motivazione delle ragioni che lo hanno portato a tale diversa valutazione (Cass. Sez. 6, 22/4/98), come rilevasi sul punto nella impugnata sentenza.

Ne consegue che anche la seconda doglianza deve essere rigettata.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 13 marzo 2007.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2007

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi