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Cassazione penale sez. III, 02/09/2025, n. 30109

Massima

In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, è inammissibile il ricorso per cassazione che, pur deducendo formalmente la violazione di legge in relazione alla valutazione del periculum in mora, si traduce in una mera critica alla motivazione del giudice del riesame.

Supporto alla lettura

RICORSO PER CASSAZIONE

Il ricorso per cassazione, nel processo penale, disciplinato dagli art. 606 e ss. c.p.c, è un mezzo di impugnazione ordinario, costituzionalmente previsto avverso i provvedimenti limitativi della libertà personale ed esperibile negli altri casi previsti dal codice di procedura penale, tramite il quale l’impugnante lamenta un errore di diritto compiuto dal giudice nell’applicazione delle norme di diritto sostanziale (c.d. error in iudicando) o di diritto processuale (c.d. error in procedendo).

Legittimata a ricorrere è la parte che vi abbia interesse e conseguentemente le parti necessarie quali l’imputato (a mezzo di difensore abilitato al patrocinio avanti le giurisdizioni superiori) e il pubblico ministero. Altresì, possono proporre ricorso anche le parti ritualmente costituite come la parte civile, civilmente responsabile, civilmente obbligato per la pena pecuniaria.

I giudici della Cassazione possono decidere soltanto nell’ambito dei motivi palesati dal ricorrente, in quanto il giudizio verte sulla fondatezza di tali motivi che devono corrispondere alle ipotesi tassativamente previste dall’art. 606 c.p.p.:

  • eccesso di potere;
  • error in iudicando;
  • error in procedendo;
  • mancata assunzione di una prova decisiva;
  • carenza o manifesta illogicità della motivazione.

Il ricorso può essere presentato da una parte o da un suo difensore, che deve essere iscritto ad un albo speciale predisposto dalla Corte stessa, (in mancanza viene nominato uno d’ufficio), quindi il Presidente della Cassazione assegna il ricorso ad una delle sei sezioni della Corte a seconda della materia e di altri criteri stabiliti dall’ordinamento giudiziario. Se rileva l’inammissibilità del ricorso, lo assegna alla VII Sezione Penale (c.d. Sezione Filtro), composta dai magistrati di Cassazione delle altre Sezioni Penali che vi si alternano a rotazione biennale. Entro 30 giorni la sezione adìta si riunisce in Camera di Consiglio e decide se effettivamente esiste la causa evidenziata dal Presidente, in mancanza rimette gli atti a quest’ultimo. Come nel procedimento civile, la Cassazione si riunisce a “Sezioni Unite” quando deve decidere una questione sulla quale esistono pronunce contrastanti della Corte di Cassazione stessa o per questioni di importanza rilevante.

Qualora non si proceda in camera di consiglio, l’art. 614 c.p.p. prevede l’ovvia fase dibattimentale. Particolarità è che la sentenza non viene emanata dopo la chiusura del dibattimento, ma subito dopo il termine dell’udienza pubblica. Tuttavia il presidente può decidere di differire la deliberazione ad un’udienza successiva se le questioni sono numerose o particolarmente importanti e complesse.

Sono quattro i tipi di sentenza che la Corte può emettere:

  • di inammissibilità;
  • di rigetto;
  • di rettificazione;
  • di annullamento (con rinvio o senza rinvio).

Come per il procedimento civile, anche nel processo penale è previsto il “ricorso per saltum“, cioè dal primo grado direttamente in Cassazione (art. 569 c.p.p.), è importante precisare che non si può ricorrere per saltum per i motivi alle lettere d) ed e) dell’art. 606 c.p.p. (prove non ammesse in giudizi di grado inferiore e per illogicità o motivazione carente nella sentenza) in quanto la Cassazione ha potere cognitivo di merito molto ristretto.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di Modena, in funzione cautelare, ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., ha accolto l’istanza di riesame proposta da A.A. e della società (omissis) Srl avverso il provvedimento del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Modena di sequestro preventivo in funzione della confisca diretta e per equivalente fino alla concorrenza di Euro 13.818.385,58, quale profitto dei reati di cui all’art. 2 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 in relazione agli anni di imposta 2016, 2017, 2018 e 2019, in relazione a quest’ultimo anno di imposta, ai sensi degli artt. 19 e 53 della legge n. 231/2001, nei confronti della società (omissis) Srl, indagata per l’illecito amministrativo ex art. 25 quinquiesdecies del D.Lgs. n. 231 del 2001, rilevando l’assenza del periculum in mora e per l’effetto ha annullato il provvedimento di sequestro.

2. Avverso l’ordinanza il Procuratore della Repubblica europeo ha proposto ricorso per cassazione deducendo due motivi di ricorso.

2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione di legge in relazione all’art. 321 cod. proc. pen. e la malintesa equiparazione del periculum in mora con le esigenze cautelari riguardanti il pericolo di recidiva.

Argomenta il ricorrente che l’ordinanza impugnata avrebbe confuso a livello dogmatico la tipologia di sequestro preventivo disposto nei confronti di A.A. e della società (omissis), in quanto ciò che era stato richiesto era il sequestro finalizzato alla confisca del profitto del reato, ai sensi dell’articolo 321 comma 2 cod. proc. pen. e art. 12 bis decreto legislativo 74 del 2000, non il sequestro cosiddetto impeditivo. Questa differenza non sarebbe stata colta dall’ordinanza impugnata che avrebbe così valorizzato elementi, ai fini di escludere il pericolo di recidiva, incongrui alla luce del principio delle Sezioni Unite Eliade, dell’esigenza anticipatoria del sequestro che richiede che il provvedimento indichi le ragioni per cui occorre preservare i beni da sequestrare durante lo svolgimento del processo penale. Come già ricordato tale necessità va, innanzitutto, rapportata anche al tipo di bene con riferimento al quale si misura la esigenza in anticipatoria. Venendo al caso in esame, da un lato vi sarebbe stata l’erronea valorizzazione di tutta una serie di fatti e circostanze che sarebbero, in realtà, del tutto inconferenti rispetto alla sussistenza del rischio concreto che i beni non possano più trovarsi all’esito degli esiti processuali. Inconferente sarebbe il riferimento alla lontananza nel tempo dei fatti contestati. Vi sarebbe stata, poi, l’erronea valutazione, ai fini di negare la sussistenza del periculum in mora, di elementi che dimostrano, invece, l’esistenza di una necessità di preservare il profitto del reato diretto per equivalente. Il Tribunale, infatti, avrebbe erroneamente ritenuto rilevanti, ai fini dell’esclusione del menzionato pericolo, la pendenza di una procedura di composizione negoziata della crisi d’impresa, la concessione di misure di protezione da parte del Tribunale fallimentare, nonché le informazioni sulla situazione economico patrimoniale della società. Tali stessi elementi, invero, erano già stati specificamente concretamente valutati dal pubblico ministero ed erano state proprio gli elementi concretamente utilizzati per giustificare la sussistenza del periculum in mora. L’esistenza di una procedura di composizione della crisi e la conseguenza prospettata capacità dissuasiva, non avrebbero nulla a che fare con l’oggetto del periculum, né rileverebbe la circostanza che il A.A. avrebbe messo a disposizione della società suoi beni e finanze personali. Infine, non sarebbe condivisibile il positivo apprezzamento contenuto nell’ordinanza impugnata alla possibile cessione dell’azienda che potrebbe essere messa a rischio dal sequestro. Tale elemento valorizzato dal Tribunale al contrario comporterebbe la definitiva perdita della possibilità di acquisire il profitto del reato. In secondo luogo, la motivazione del Tribunale sarebbe del tutto carente con riferimento alla posizione di A.A. rispetto alla quale non è rinvenibile nel testo dell’ordinanza alcuna motivazione.

2.2. Con il secondo motivo deduce il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta assenza del periculum in mora.

Il provvedimento impugnato avrebbe illogicamente argomentato l’esclusione del pericolo in mora in ragione della stabile situazione societaria, ricordando l’utile provvisorio, i crediti e debiti societari giungendo a segnalare anche la possibile vendita dell’azienda che potrebbe portare a una monetizzazione senza deprezzamento.

Contesta il ricorrente l’intrinseca illogicità di tali affermazioni in quanto l’esistenza stessa di una procedura di crisi già significa che la società non riesce a pagare i suoi debitori, gli utili societari sarebbero poca cosa, a fronte dell’ingente debito tributario. Infine, incoerente sarebbe il riferimento al principio di proporzionalità a fronte di un profitto del reato di oltre 13 milioni di euro. La motivazione si manifesterebbe incoerente e illogica in quanto lo stesso Tribunale aveva confermato il sequestro preventivo della somma dì denaro contante rinvenuta nell’auto del A.A. sul rilievo del rischio di dispersione, mentre avrebbe escluso tale rischio nei confronti del sequestro disposto nei confronti della società e del A.A.

3. Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio.

Motivi della decisione

4. Il ricorso del Pubblico Ministero è inammissibile.

Va premesso che il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse in sede di riesame contro i provvedimenti di sequestro preventivo è proponibile – ai sensi del combinato disposto dell’art. 325 cod. proc. pen. – solo per violazione di legge, e che costituisce di “violazione di legge”, legittimante il ricorso per cassazione a norma dell’art. 325, comma primo, cod. proc. pen. sia l’omissione assoluta di motivazione sia la motivazione meramente apparente (Sez. 3, n. 28241 del 18/02/2015, P.M. in proc. Baronio e altro, Rv. 264011; Sez 1, n. 6821 del 31/01/2012 Chiesi, Rv. 252430; Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710).

Non possono essere conseguentemente dedotti con il predetto mezzo di gravame i vizi della motivazione, quali la mancanza o la manifesta illogicità della stessa, che sono separatamente previsti come motivi di ricorso dall’art. 606 lett. e) cod. proc. pen.

Così individuato il perimetro del sindacato di legittimità, sono inammissibili le censure del ricorrente sull’asserita illogicità della motivazione adottata dal Tribunale di Modena, di cui al secondo motivo di ricorso, che denuncia a chiare lettere “una motivazione totalmente incoerente ed illogica rispetto ai presupposti di fatto evidenziati”.

5. Anche il primo motivo di ricorso che censura la valutazione dell’assenza del periculum in mora operata dal Tribunale di Modena in relazione al sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta e per equivalente del profitto del reato è inammissibile.

Dietro l’apparente deduzione del vizio di violazione di legge, e segnatamente dell’art. 321 comma 2 cod. proc. pen. e art. 12 – bis D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, il ricorrente censura la motivazione, che non condivide, dell’ordinanza impugnata che ha escluso la ricorrenza del periculum in mora, nella interpretazione data dalle Sezioni Unite Eliade, dell’esigenza anticipatoria della misura cautelare in vista del pericolo di dispersione nelle more del giudizio.

L’ordinanza impugnata, con articolate e diffusa motivazione ha escluso la sussistenza del periculum in mora valorizzando, quali elementi significativi: 1) la circostanza che la società (omissis) Srl è stata ammessa ad una procedura di composizione della crisi, avviata su richiesta della società validata dal Tribunale che ne ha autorizzato la continuità aziendale, 2) l’ultimo provvedimento di proroga del Tribunale civile di Modena che dà atto che la continuità aziendale ha assicurato la non dispersione di risorse, all’attualità, e consente di conservare il valore dell’azienda che altrimenti ne risulterebbe deprezzato, 3) dalla relazione redatta dall’esperto nominato dal Tribunale fallimentare che ha analizzato la situazione patrimoniale e reddituale della società ed ha rilevato la produzione di un’utile segno che la società ha potuto conseguire un discreto margine sulle vendite e quanto allo stato patrimoniale, la società presenta più di un milione di Euro di crediti, 4) che, infine, la consistenza patrimoniale del A.A. e della società è rimasta nel biennio 2022 2020 quattro del tutto analoga senza che si siano registrati episodi sottrattivi o dispersivi, escludendo altresì il pericolo di dispersione anche nei confronti del A.A.

A fronte di tale motivazione, che non può dirsi apparente, il ricorrente argomenta l’inconferenza degli elementi evidenziati dal Tribunale secondo una diversa chiave interpretativa, deducendo l’erronea valutazione di elementi che, al contrario, secondo la sua prospettazione, avrebbero dovuti essere letti in chiave alternativa ovvero avrebbe dimostrato la sussistenza del menzionato pericolo.

La motivazione che non è condivisa dal ricorrente, non può dirsi apparente e si pone in linea con gli enunciati ermeneutici alla luce delle Sezioni Unite Eliade.

Nella citata pronuncia le Sezioni Unite di Questa Corte hanno affermato la necessità che il provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca dia motivatamente conto della sussistenza, oltre che del fumus commissi delieti, anche del requisito del periculum in mora, da intendersi, tuttavia, in una accezione strettamente collegata alla finalità “confiscatoria” del mezzo, evidentemente diversa da quella “impeditiva” dello strumento del comma 1 dell’art. 321 cod. proc. pen., e alla natura fisiologicamente anticipatoria che il sequestro deve necessariamente assumere, nel corso del processo, rispetto alla stessa confisca (S.U. n. 36959 del 24/06/2021, Eliade, Rv. 281848).

Secondo la citata pronuncia “se, infatti, il decreto di sequestro deve spiegare, in linea con la ratio della misura cautelare reale in oggetto, per quali ragioni si ritenga di anticipare gli effetti della confisca che, diversamente, nascerebbero solo a giudizio concluso, la valutazione del periculum non potrà non riguardare esattamente un tale profilo, dando cioè atto degli elementi indicativi del fatto che la definizione del giudizio non possa essere attesa, posto che, diversamente, la confisca rischierebbe di divenire, successivamente, impraticabile, criterio su cui plasmare l’onere motivazionale del provvedimento di sequestro in oggetto va rapportato alla natura anticipatrice della misura cautelare, deve ritenersi corretto, con riferimento, come nel caso di specie, al sequestro che abbia ad oggetto cose profitto del reato, l’indirizzo che afferma la necessità, sia pure facendola impropriamente rientrare nell’alveo dell’esigenza di evitare la protrazione degli effetti del reato (in realtà già insita nel sequestro impeditivo), che il provvedimento si soffermi sulle ragioni per le quali il bene potrebbe, nelle more del giudizio, essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato” (S.U. Eliade cit.).

Si tratta, conclude la Corte di legittimità, di un’esigenza rapportata appunto alla ratio della misura cautelare volta a preservare, anticipandone i tempi, gli effetti di una misura che, ove si attendesse l’esito del processo, potrebbero essere vanificati dal trascorrere del tempo.

Ciò detto, l’ordinanza impugnata ha argomentato l’assenza del periculum in mora con una motivazione che non può dirsi assente e/o apparente avendo analizzato specifici e puntuali elementi di fatto per escluderlo.

6. Il ricorso del Procuratore della Repubblica deve essere dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2025.

Depositata in Cancelleria il 2 settembre 2025.

Allegati

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