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Cassazione penale sez. III, 02/01/2024, n. 5

Massima

Detenere il proprio cane in condizioni incompatibili con la sua natura, e produttive di gravi sofferenze per l’animale, nel caso di specie tenendolo legato al guinzaglio della lunghezza di 1,5 metri, alla ringhiera di un terrazzo esposto al pieno sole e privo di coperture, configura il reato previsto e punito dall’art. 727, II comma, c.p., rubricato “Abbandono di animali”.

Supporto alla lettura

ABBANDONO DI ANIMALI

L’abbandono di animali costituisce reato in due casi:

  • quando l’animale venga intenzionalmente liberato in un luogo lontano dall’abituale abitazione;
  • nel caso di affidamento a persona che non se ne occupi in modo adeguato.

Il legislatore punisce (art. 727 c.p.) la condotta di chi abbandona un animale domestico (anche delle specie esotiche, per esempio i rettili) o di chi lo tiene in condizioni incompatibili con la sua natura che gli provoca sofferenze. Il reato scatta non solo nei confronti del proprietario dell’animale, ma anche della persona che lo ha in custodia (se non se ne prende cura o lo libera consapevolmente).

Inoltre, l’abbandono di animali di cui al I comma dell’art. 727 c.p. è penalmente rilevante non solo quando si verifica un distacco volontario, ma anche in caso di disinteresse alla ricerca dell’animale. Qualora, invece, sussita il più grave reato di maltrattamenti (art. 544 ter c.p.) le modalità illecite di custodia possono integrare la fattispecie di cui al II comma dell’art. 727 c.p.

 

 

Ambito oggettivo di applicazione

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 17 febbraio 2023, il Tribunale di Lagonegro ha assolto (omissis) in relazione al reato di cui all’art. 727 cod. pen., contestato per avere detenuto il proprio cane Husky in condizioni incompatibili con la sua natura, e produttive di gravi sofferenze per l’animale, in particolare tenendolo
legato al guinzaglio, della lunghezza di 1,5 metri, alla ringhiera di un terrazzo esposto al pieno sole e privo di coperture.

2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica e ne ha chiesto l’annullamento formulando un unico motivo di ricorso.

Il ricorrente deduce difetto di correlazione tra accusa e sentenza, violazione di legge e vizio della motivazione, posto che il Tribunale ha pronunciato la sentenza di assoluzione ai sensi dell’art.9, comma terzo, D.Igs. 8/2016, ritenendo erroneamente che il fatto non costituisca più reato, in quanto la norma
sostanziale violata indicata nel capo di imputazione, erroneamente indicata nell’art. 726 cod. pen., norma che punisce gli atti contrari alla pubblica decenza e il turpiloquio, è stata depenalizzata.

Il ricorrente rappresenta l’evidente errore materiale nella indicazione dell’art. 726 cod. pen., anziché dell’art. 727, comma secondo, cod. pen., che punisce l’abbandono di animali e la detenzione di animali
in condizioni incompatibili con la loro natura, condotta contestata nel capo di imputazione all’imputata.

3. Il Procuratore generale presso questa Corte, dott. (omissis), ha chiesto l’annullamento con rinvio della decisione per nuovo esame da parte di altro Giudice.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La censura è fondata.

Il capo di imputazione reca un’ erronea indicazione della norma violata, in quanto contesta la violazione dell’art. 726 cod. pen. per aver detenuto un cane Husky femmina in condizioni incompatibili con la sua natura.

Dal tenore letterale della imputazione si evince, infatti, in modo inequivoco che la contestazione concerne la violazione dell’art. 727, comma secondo, cod. pen., in quanto si contesta all’imputata di avere detenuto il proprio cane Husky in condizioni incompatibili con la sua natura e produttive di gravi sofferenze per l’animale, in particolare tenendolo legato al guinzaglio, della lunghezza di 1,5 metri, alla ringhiera di un terrazzo esposto al pieno sole e privo di coperture.

Si ricorda, peraltro, che, in tema di contestazione dell’accusa, si deve avere riguardo alla specificazione del fatto più che all’indicazione delle norme di legge violate, per cui ove il fatto sia descritto in modo puntuale, la mancata o erronea individuazione degli articoli di legge violati è irrilevante e non determina nullità, salvo che non si traduca in una compressione dell’esercizio del diritto di difesa (Sez.1, n. 30141 del 05/04/2019, Rv. 276602; Sez. 3, n. 22434 del 19/02/2013, Rv. 255772; Sez. 3, n. 5459 del 05/12/2013 Rv. 258920).

La pronuncia impugnata deriva dal non aver prestato attenzione al tenore letterale dell’imputazione e dall’aver ritenuto, in modo grossolanamente erroneo, che l’addebito afferisse ad una condotta di atti contrari alla pubblica decenza.

Il giudice di merito avrebbe dovuto precisare che il capo di imputazione reca un errore materiale nella indicazione della norma violata e correggerlo, conseguentemente.

2. Si impone pertanto un pronunciamento rescindente sul punto, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Lagonegro, in diversa persona fisica.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Lagonegro, in diversa persona fisica.

Così deciso in Roma il 9 novembre 2023

Allegati

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