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Cassazione penale sez. II, 30/06/2025, n. 24113

Massima

È inammissibile il ricorso per cassazione che, a fronte di una condanna per il reato di truffa, fondata sulla fraudolenta vendita di terreni mediante l’allegazione di un inesistente diritto di proprietà derivante da una millantata usucapione, si risolva in una mera richiesta di rivalutazione integrale della capacità dimostrativa delle prove, attività preclusa al Giudice di legittimità.

Supporto alla lettura

TRUFFA

La truffa (art. 640 c.p.) è un delitto caratterizzato da un dolo generico. Rileva pertanto la volontà di spingere qualcuno in errore, mediante una condotta che tragga in inganno cagionando un danno patrimoniale e traendone un ingiusto profitto.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La Corte di appello di Palermo confermava la condanna di (omissis) per il reato di truffa. Si contestava allo stesso di avere venduto – allegando un diritto di proprietà inesistente, derivante da una millantata usucapione – i terreni di proprietà delle parti civili alla propria convivente, (omissis).

2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:

2.1. violazione di legge (art. 640 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla conferma della responsabilità: si deduceva (a) la carenza di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento oggettivo del reato, (b) la carenza della motivazione in ordine all’elemento soggettivo, che si desumerebbe dal fatto che la compravendita era avvenuta di fronte ad un notaio, (c) dalla convinzione del (omissis) di disporre legittimamente dei terreni confermata dal fatto che aveva richiesto l’intervento delle forze dell’ordine in occasione del rinvenimento di rifiuti sul fondo, (d) l’illegittima svalutazione delle testimonianze di (omissis) e (omissis) (e) la mancata valutazione delle aerofotogrammetrie che rivelerebbero la trasformazione del fondo, (f) la svalutazione della consulenza tecnica dell’ingegnere (omissis), (f) l’assoluzione decisa dal Giudice di Pace (riformata dal Tribunale, la cui sentenza era stata poi annullata dalla Cassazione) in ordine alla imputazione di occupazione abusiva dei terreni

2.2. violazione di legge (art. 640 cod. pen.) e vizio di motivazione: si contestava integralmente la motivazione della sentenza impugnata ritenendo che non fossero stati valutati tutti gli elementi addotti dalla difesa per valutare la buona fede del (omissis) nella gestione della compravendita: il compendio probatorio sarebbe stato ridotto alle sole testimonianze di (omissis), (omissis) e (omissis); si contestava inoltre la legittimazione dei querelanti atteso che il contratto di compravendita sarebbe intervenuto con (omissis).

2.3. Il ricorso è inammissibile.

Entrambi i motivi di doglianza non superano la soglia di ammissibilità in quanto si risolvono nella richiesta di rivalutazione integrale della capacità dimostrativa delle prove attività esclusa dalla competenza del Giudice di legittimità.

A ciò si aggiunge che i motivi proposti sono reiterativi rispetto a quelli allegati con la prima impugnazione, già esaustivamente trattati dalla Corte di appello che ha offerto, sui punti devoluti una motivazione analitica ed esaustiva che non si presta ad alcuna censura in questa sede.

Nella sentenza impugnata veniva infatti evidenziato che le prove raccolte, dessero conto, al di là di ogni dubbio ragionevole, che la cessione a titolo oneroso effettuata dal ricorrente in favore della convivente (omissis) fosse fraudolenta, dato che non risultavano dimostrati gli elementi per ritenere perfezionata l’usucapione. Anche le dichiarazioni di fronte al notaio erano parte del progetto fraudolento, che non poteva essere smentito dalla assoluzione per il reato di invasione dei terreni che non forniva elementi per ritenere perfezionata l’usucapione (pag. 5 della sentenza impugnata).

In sintesi, si riteneva che il possesso ultraventennale risultasse frutto di una allegazione artificiosa smentita dal continuo interesse dimostrato dai reali proprietari per il loro fondo (pagg. 6-9 della sentenza impugnata).

3. Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in Euro tremila. Si condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis) che, tenuto conto dei parametri vigenti liquida in complessivi Euro cinquemilacinquecento, oltre accessori di legge.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis) che liquida in complessivi Euro 5.500, oltre accessori di legge.

Così deciso, il giorno 4 giugno 2025.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2025

Allegati

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