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Cassazione penale sez. II, 29/09/2017, n.939

Massima

In tema di truffa “on line”, quando il profitto è conseguito mediante accredito su carta di pagamento ricaricabile (nella specie “postepay”), il tempo e il luogo di consumazione del reato sono quelli in cui la persona offesa ha proceduto al versamento del denaro sulla carta, poiché tale operazione ha realizzato contestualmente sia l’effettivo conseguimento del bene da parte dell’agente, che ottiene l’immediata disponibilità della somma versata, e non un mero diritto di credito, sia la definitiva perdita dello stesso bene da parte della vittima.

Supporto alla lettura

Definizione: La truffa è un delitto caratterizzato da un dolo generico. Rileva pertanto la volontà di spingere qualcuno in errore, mediante una condotta che tragga in inganno cagionando un danno patrimoniale e traendone un ingiusto profitto.

Ambito oggettivo di applicazione

Per l’integrazione della truffa occorrono artifizi or aggiri; induzione in errore; atto di disposizione che comporti un danno di natura patrimoniale e per altro verso un profitto ingiusto.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 31.10.2016 il Tribunale di Monza, in composizione monocratica, dichiarava P.S. colpevole del reato di cui all’art. 640 c.p. e, concesse le circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro 200,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali, nonchè al risarcimento dei danni cagionati alla parte civile ed alla refusione delle spese legali in favore della stessa.

 

Con sentenza del 4.7.2016 la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza dei Tribunale di Monza e condannava l’imputato al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione di quelle in favore della parte civile.

 

Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo: 1) l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’art. 8 c.p.p. in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in quanto la Corte di Appello di Milano non avrebbe tenuto conto del principio ermeneutico secondo cui la competenza territoriale per il reato di truffa si determina sulla scorta del momento di consumazione del reato. Congetturale e presuntivo sarebbe il ragionamento secondo il quale il reale conseguimento del bene, nelle ipotesi di accredito di una somma su una carta ricaricabile, dovrebbe essere individuato nel momento stesso dell’accredito della somma. Al contrario, bisognerebbe aver riguardo non al solo impoverimento della persona offesa, ma anche al momento del conseguimento del vantaggio da parte del soggetto attivo del reato; 2) l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’art. 124 c.p.p. in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b); in quanto non sarebbe stata rilevata la tardività della querela (presentata in data 04.11.2009) rispetto alla data di consumazione del reato ((OMISSIS)); 3) la violazione dell’art. 640 c.p. in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) nonchè la mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), in quanto la Corte di Appello non avrebbe fornito adeguata motivazione in relazione ai profili sollevati dalla difesa, concernenti, da un lato, l’illogicità del percorso argornentativo mediante i quale si assumeva con certezza che il titolare dei dominio e-bay fosse il P. e, dall’altro, la non sussumibilità dei comportamenti tenuti dallo stesso nel concetto di “raggiro” necessario ai fini dell’integrazione della fattispecie criminosa di cui all’art. 640 c.p., con conseguente mancato superamento della soglia del mero inadempimento contrattuale, penalmente irrilevante. In particolare, non sarebbe giuridicamente corretto sostenere che la condotta rappresentata dall’aver ottenuto venti giudizi positivi per altrettante transazioni, possa essere intesa alla stregua di una condotta raggirante; 4) l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’art. 62 c.p., n. 4 in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in quanto, nel caso di specie, il danno sarebbe dato esclusivamente dal prezzo del bene compravenduto, il quale, per la sua entità, può integrare la circostanza del danno patrimoniale di speciale tenuità di cui all’art. 62 c.p., n. 4.

 

Chiede pertanto l’annullamento dell’impugnata sentenza.

 

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

  1. Il primo motivo di ricorso è infondato.

 

1.1 La truffa è reato istantaneo e di danno, che si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell’autore abbia fatto seguito la “deminutio patrimonii” del soggetto passivo. Ne discende che nell’ipotesi di truffa contrattuale, nel cui ambito va ascritta anche la truffa “on line”, il reato si consuma non già quando il soggetto passivo assume, per effetto di artifici o raggiri, l’obbligazione della “datio” di un bene economico, ma nel momento in cui si realizza l’effettivo conseguimento del bene da parte dell’agente e la definitiva perdita dello stesso da parte del raggirato (cfr. Cass. Sez. Un., sent. n. 18/2000, rv. 216429).

 

1.2 Tanto premesso, e considerato che il tempo e il luogo di consumazione del reato di truffa possono però variare a secondo delle modalità di consegna o di pagamento in conseguenza del quale si ha l’effettivo conseguimento del bene e la definitiva perdita dello stesso da parte della parte offesa, rileva il Collegio che, nella fattispecie, va applicato il principio giurisprudenziale affermato da questa Corte, secondo cui, nel delitto in questione, quando il profitto è conseguito mediante accredito su carta di pagamento ricaricabile (nella specie “postepay”), il tempo e il luogo di consumazione del reato sono quelli in cui la persona offesa ha proceduto al versamento del denaro sulla carta, poichè tale operazione ha realizzato contestualmente sia l’effettivo conseguimento del bene da parte dell’agente, che ottiene l’immediata disponibilità della somma versata, e non un mero diritto di credito, sia la definitiva perdita dello stesso bene da parte della vittima (cfr. Cass., Sez. 1, sent. n. 25230/2015, rv. 263962; nonchè, di recente, Sez. 2, sent. n. 14730/2017, rv. 269429). Ed invero, nel caso di pagamento effettuato tramite ricarica, la spoliazione della persona offesa è immediata ed irrevocabile; quindi, a prescindere dalla data di accredito dell’importo sul conto del beneficiario, pressochè contestuale rispetto alla “deminutio patrimonii” del soggetto passivo, il reato si consuma con l’ormai definitiva lesione patrimoniale del raggirato.

 

Diversamente avviene nel caso in cui il pagamento sia effettuato con altre modalità (quali, ad esempio, i bonifici, i pagamenti on-line o le rimesse in conto corrente), che non presentano le medesime caratteristiche di immediata irriversibilità per il disponente, e di contestuale arricchimento per il soggetto agente, che caratterizzano invece le ricariche “postepay” e simili (cfr., in tal senso, Cass., Sez. 2, sent. n. 49321/2016, rv. 268526).

 

1.3 Nè è pertinente il riferimento di cui al ricorso a un precedente di questa Corte (v. Cass. Sez. 2, sent. n. 7749/2014 (dep. 20/02/2015), rv. 264696), in un caso di truffa contrattuale realizzata attraverso la vendita di beni ed il conseguente pagamento “on line, in quanto, nella sentenza invocata a sostegno del proposto motivo, la Corte (ribadito il principio generale che il reato di truffa si consuma nel luogo ove l’agente consegue l’ingiusto profitto) ha rigettato il motivo riguardante l’eccezione del difetto della competenza per territorio, rilevando che la difesa non aveva “fornito alcun argomento volto a dimostrare che la riscossione della somma truffaldinamente carpita dall’imputato (fosse) avvenuta in un luogo diverso da quello individuato dai giudici di merito”, senza peraltro fare riferimento alcuno alle modalità del sistema di pagamento prescelto.

 

1.4 Nella fattispecie, il versamento è stato effettuato mediante accredito su carta di pagamento ricaricabile a (OMISSIS), e la competenza territoriale è stata quindi correttamente individuata presso l’Autorità giudiziaria di Monza.

 

  1. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato, nonchè privo della specificità prescritta dall’art. 581 c.p.p., lett. c), in relazione all’art. 591 c.p.p., lett. c), a fronte delle motivazioni svolte dal giudice d’appello, che non risultano viziate da illogicità manifeste. Contrariamente a quanto asserito dal ricorrente, secondo cui la querela sarebbe tardiva poichè presentata in data 4.11.2009, essa deve ritenersi tempestiva, in quanto formalizzata avanti alla Stazione CC. Di (OMISSIS) in data 21.7.2009, a distanza di appena un mese dai fatti, come indicato dalla Corte in sentenza (v. pag.2 della sentenza impugnata).

 

  1. Il terzo motivo di ricorso è, dei pari, privo della specificità prescritta dall’art. 581 c.p.p., lett. c), in relazione all’art. 591 c.p.p., lett. c) e concerne, inoltre, profili di merito non suscettibili di valutazione in questa sede. La Corte d’Appello, con motivazione logica ed esauriente, ha evidenziato come non residuino dubbi in ordine alla riconducibilità del dominio e-bay al P. e rilevato, sulla base della descrizione della vicenda fornita dal querelante e confermata dalla documentazione in atti, che l’accredito della somma di Euro 465,00 (corrispondente al corrispettivo pagato dal M. per l’acquisto del telefono cellulare Samsung effettuato attraverso il sito “e-bay”) è interamente confluito sulla carta prepagata postepay intestata all’imputato. Considerato che l’unico soggetto a poter prelevare la relativa somma era il P. ne discende la certa identificazione dello stesso (a nulla rilevando l’omesso accertamento dell’effettiva riconducibilità all’imputato del nickname “(OMISSIS)”). La condotta dell’imputato, inoltre, integra artifici e raggiri penalmente rilevanti ai sensi dell’art. 640 c.p., in quanto – come evidenziato dalla Corte territoriale – l’imputato ha creato artificiosamente l’affidamento degli acquirenti attraverso il sito “e-bay”, inducendoli a comprare oggetti dei quali lo stesso P. non aveva la reale disponibilità e provvedendo poi a trasmettere a tutti gli acquirenti (tra cui il M.) una e-mail contenente il medesimo numero di identificazione del pacco a ciascuno asseritamente spedito.

 

  1. Anche l’ultimo motivo di ricorso proposto è privo della specificità prescritta dall’art. 581 c.p.p., lett. c), in relazione all’art. 591 c.p.p., lett. c) nonchè manifestamente infondato. La Corte di Appello, con motivazione adeguata ed esente da vizi logici, ha rilevato che, nel caso di specie, difettano del tutto i requisiti di applicabilità della circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4. Avverso tali deduzioni il ricorrente si è limitato a reiterare l’omologo motivo d’appello senza alcuna ulteriore deduzione a riguardo. Rammenta la Corte che, per principio consolidato, la circostanza in parola presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressochè irrilevante (cfr. Cass., Sez. 4, sent.n. 8530/2015, rv. 262450), circostanza correttamente ritenuta non rinvenibile nei caso di specie ammontante il danno patrimoniale subito dalla persona offesa pari a Euro 465,00.

 

  1. Il ricorso, per l’infondatezza di alcuni motivi e la genericità e manifesta infondatezza di altri, va rigettato.

 

  1. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.

 

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2017.

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