1.2 Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato tramite il proprio difensore che con distinti motivi qui riassunti ex art. 173 disp att. c.p.p. deduceva:
– erronea applicazione della legge penale ex art. 606 c.p.p., lett. b) posto che i giudici di merito avevano fondato l’affermazione di responsabilità sulla base delle dichiarazioni rese dalla madre dell’imputato nel corso di una conversazione intercettata di cui doveva ritenersi la non utilizzabilità per violazione dell’art. 199 c.p.p.; al proposito, si esponeva che la facoltà di astensione riservata ai prossimi congiunti dall’obbligo di deposizione.
testimoniale trovava. fondamento nel rispetto dei vincoli familiari e che la violazione dell’obbligo di avvertire i predetti è sancita da precisa inutilizzabilità e tale sanzione doveva valere anche per le dichiarazioni intercettate;
– manifesta illogicità e carenza di motivazione per insufficienza posto che la corte di appello aveva svolto un esame superficiale dei dati probatori e della intercettazione in particolare;
– travisamento del fatto e travisamento della prova alla luce della violazione del criterio dell’oltre ogni ragionevole dubbio.
Ed invero, quanto al primo motivo va certamente escluso che qualsiasi inutilizzabilità ricorra nel caso di dichiarazioni rese da congiunti nel corso di conversazioni intercettate e ciò pur a prescindere dalla natura del rito con cui si procede nel caso in esame (giudizio abbreviato).
La facoltà di astensione dettata dall’art. 199 c.p.p. è norma strettamente limitata alla acquisizione dibattimentale della testimonianza e non può estendersi a mezzi di acquisizione della prova del tutto differenti come le intercettazioni ambientali e telefoniche per le quali non è prevista alcuna sanzione trattandosi di dichiarazioni rese al di fuori del procedimento e non all’autorità di polizia o giudiziaria; e del resto trovando essa fondamento nel rispetto dei doveri morali e familiari non può in alcun modo giustificare una generalizzata sanzione di non utilizzabilità delle dichiarazioni rese nel corso di conversazioni intercettate quando non sussiste alcun vincolo di giuramento.
L’eccezione, pertanto, appare totalmente sfornita di qualsiasi fondamento normativo posto che il codice di rito in alcun modo stabilisce una simile previsione che in assenza di tassativa statuizione non potrebbe pertanto neppure trovare fondamento in una interpretazione estensiva di principi dettati con riferimento ad altri mezzi di prova come la testimonianza.
2.2 Gli altri motivi sono generici ed anch’essi manifestamente infondati; quanto alla doglianza in tema di ragionevole dubbio secondo l’interpretazione di questa Corte di cassazione la regola di giudizio compendiata nella formula “al di là di ogni ragionevole dubbio” rileva in sede di legittimità esclusivamente ove la sua violazione si traduca nella illogicità manifesta e decisiva della motivazione della sentenza, non avendo la Corte di cassazione alcun potere di autonoma valutazione delle fonti di prova (Sez. 2, n. 28957 del 03/04/2017, Rv. 270108 – 01). E nel caso in esame alcuna illogicità tanto più manifesta si ravvisa nella motivazione della impugnata sentenza che ha proceduto ad una completa analisi del materiale probatorio confutando i motivi di appello.
L’ultimo motivo è poi generico in quanto deduce un vizio di motivazione senza neppure indicare quali prove sarebbero oggetto del supposto travisamento.
In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi manifestamente infondata; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 3.000,00.
Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2022
