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Cassazione penale sez. II, 25/10/2022, n. 43210

Massima

In un procedimento per il reato di appropriazione indebita aggravata, è inammissibile per difetto di specificità il ricorso per cassazione che riproponga pedissequamente censure già dedotte come motivi di appello – quali, ad esempio, quelle relative alla giustificazione delle somme di denaro con presunti compensi professionali – senza prendere in considerazione, per confutarle, le specifiche argomentazioni con cui il giudice di secondo grado ha rigettato tali motivi (come la rilevata mancata quantificazione di tali compensi), omettendo così il necessario confronto puntuale con la motivazione della decisione contestata. Tale mancanza di specificità e confronto critico rende l’impugnazione inammissibile.

Supporto alla lettura

APPROPRIAZIONE INDEBITA 

Il reato di appropriazione indebita è previsto e punito dall’ art. 646 c.p., secondo il quale:

“Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 1.000 a euro 3.000.
Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena è aumentata”

Il reato in esame colpisce tanto il diritto di proprietà quanto il rapporto fiduciario tra proprietario e soggetto su cui grava l’obbligo di restituire la cosa posseduta. Presupposto del reato in esame è il possesso del bene: chi commette il reato deve trovarsi cioè già in possesso del denaro o della cosa mobile. L’aggravio di pena di cui al secondo comma è giustificato dal fatto che il deposito non è frutto di una libera scelta ma è determinato da una situazione eccezionale e non prevista.

Ambito oggettivo di applicazione

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Lecce-Sezione distaccata di Taranto, con sentenza del 21 aprile 2021, confermava la sentenza di primo grado con la quale (omissis) era stato responsabile del reato di appropriazione indebita aggravata perché, abusando della qualità di trustee del trust “(omissis)”, si appropriava di somme di denaro prodotte dai beni conferiti da (omissis).

1.1 Avverso la sentenza ricorre per cassazione il difensore dell’imputato, lamentando che, malgrado all’udienza del 5 dicembre 2016 il processo fosse stato rinviato per il perfezionamento della notifica del decreto e del verbale di udienza al difensore dell’imputato, ai difensori di fiducia dello stesso non era stato notificato alcunché, ma vi era stata notifica ad altro difensore, con conseguente nullità assoluta che non poteva essere sanata dalla mancata eccezione del difensore di fiducia di (omissis) all’udienza del 7 dicembre 2016.

Il difensore eccepisce poi che era stata acquisita la denuncia-querela della persona offesa (omissis), malgrado tra le questioni nella fase preliminare al dibattimento ex art. 491 c.p.p., non ne risultasse alcuna relativa alla procedibilità dell’azione penale legittimanti l’acquisizione del suddetto atto, né circostanze o fatti imprevedibili da cui risultasse impossibile assumere la testimonianza dell’autore della querela, che non avrebbe potuto quindi essere utilizzata.

Il difensore lamenta che, ad onta delle istanze di riunione dei procedimenti, tutte rigettate, all’udienza del 30.10.2019 i procedimenti n. 7702/2016 R.g. Dib-11867&2913 R.G.N. R. e 9263/2016 R.g. Dib.-4383/14 R.G.N. R. erano stati riuniti e, pretermesso l’esame dell’imputato e dei testi a discarico, il Tribunale aveva invitato le parti a concludere, senza che le parti fossero informate sulla possibilità della riunione e potessero interloquire in merito.

1.2 Il difensore eccepisce che la Corte di appello aveva omesso di valutare il motivo di appello relativo alla attendibilità delle dichiarazioni delle persone offese e dei testimoni, che erano in contrasto con le acquisizioni documentali.

1.3 Il difensore eccepisce difetto di motivazione in relazione al ritenuto reato di appropriazione, visto che in appello, così come in primo grado, risultavano allegate e prodotte numerose note circa spese e compensi sostenute e maturati per svariati giudizi svolti per incarico professionale ricevuto per incarico delle sedicenti parti lese, venuti in essere prima ancora e/o in stretta concomitanza della data di costituzione del trust, le cui somme erano state compensate dal legale.

1.4 Il difensore lamenta la mancanza ovvero contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche e del trattamento sanzionatorio.

2. Il difensore delle parti civili (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis) depositava conclusioni scritte, con le quali chiedeva dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

3. Il Procuratore generale depositava conclusioni scritte, con le quali chiedeva dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.1.1 Quanto al primo motivo di ricorso, come esposto del difensore Avv. (omissis), egli non era difensore di fiducia nel procedimento n. 11867/13, per cui nessun avviso gli era dovuto; come risulta dai verbali di udienza, difensore di ufficio era l’Avv. (omissis), al quale non era stato notificato il decreto di citazione a giudizio, per cui veniva disposta una nuova notifica per la successiva udienza del 29 maggio 2017 (notifica che andava a buon fine), nel corso della quale nessuna eccezione veniva sollevata; del tutto irrilevante e’, pertanto, ciò che era accaduto all’udienza del 7 dicembre 2016, relativa ad altro procedimento che, all’epoca, non era stato riunito.

1.2 Relativamente alle censure di cui al ricorso, si deve ribadire che secondo il consolidato e condivisibile orientamento di legittimità (per tutte, Sez. 4 n. 15497 del 22/02/2002 Ud. (dep. 24/04/2002), Rv. 221693; Sez. 6 n. 34521 del 27/06/2013 Ud. (dep. 08/08/2013), Rv. 256133), è inammissibile per difetto di specificità il ricorso che riproponga pedissequamente le censure dedotte come motivi di appello (al più con l’aggiunta di frasi incidentali contenenti contestazioni, meramente assertive ed apodittiche, della correttezza della sentenza impugnata) senza prendere in considerazione, per confutarle, le argomentazioni in virtù delle quali i motivi di appello non siano stati accolti. Si e’, infatti, esattamente osservato che “La funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 c.p.p.), debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione e’, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta” (in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/01/2013 Ud. (dep. 21/02/2013), Rv. 254584).

Nel caso in esame, il ricorso è stato redatto con la tecnica del copia-incolla, per cui non si confronta assolutamente con la motivazione della Corte di appello, che ha rilevato che l’atto di querela era stato acquisito in due udienze, sempre sull’accordo delle parti; che gli inquilini degli immobili avevano tutti prodotto le ricevute di pagamento dei canoni eseguiti in favore dell’imputato; che la Monaco non era mai stata messa in mora per il pagamento dei canoni, per cui dovevano ritenersi attendibili le sue dichiarazioni secondo cui aveva corrisposto le somme all’imputato; che i compensi professionali per i quali l’imputato avrebbe operato una compensazione con quanto da lui dovuto non erano stati quantificati in alcun modo; che le richieste di concessione delle attenuanti generiche e le censure sul trattamento sanzionatorio erano state proposte genericamente in appello (nell’atto di appello il difensore si era in effetti limitato a lamentare “la mancata concessione delle attenuanti generiche e dei benefici di legge, oltre all’eccessività della pena”, senza aggiungere altro).

2. Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile; ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti; il ricorrente deve inoltre essere condannati alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili, non sussistendo motivi per la compensazione.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis), che liquida in complessivi Euro 3.510,00 oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2022.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2022

Allegati

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