Svolgimento del processo
1. Il Tribunale di Frosinone, con sentenza del 12 dicembre 2024, ha emesso sentenza di non doversi procedere nei confronti di (omissis), imputato del reato di appropriazione indebita, ritenendo che la querela fosse stata presentata da soggetto non legittimato.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso il Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Roma chiedendone l’annullamento per violazione di legge.
Secondo il Tribunale, l’imputato trattenne la somma di mille euro, versatagli quale deposito cauzionale dai conduttori dell’immobile di proprietà della querelante, in assenza di un mandato dalla stessa conferitogli che lo legittimasse a ricevere detta somma, quale mediatore immobiliare, e lo obbligasse poi a consegnarla alla proprietaria, da ritenere pertanto mera danneggiata dal reato.
La veste di persone offese dal reato, legittimate a presentare querela, sarebbe da attribuire solo ai conduttori dell’immobile.
La conclusione del Tribunale è errata in quanto l’art. 1189 cod. civ. da un lato attribuisce efficacia liberatoria al pagamento effettuato a chi pare legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche e dall’altro pone a carico del creditore apparente l’obbligo di restituire al vero creditore il pagamento ricevuto.
L’imputato, nel momento in cui, abusando del proprio ruolo di mediatore, si fece consegnare il deposito cauzionale omettendo di versarlo alla proprietaria dell’immobile, si appropriò di una somma ab origine destinata alla stessa, la quale aveva ben titolo di dolersene con apposita querela.
3. Si è proceduto alla trattazione scritta del procedimento in cassazione, in mancanza di alcuna tempestiva richiesta di discussione proposta ex art. 611 cod. proc. pen.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, indicate in epigrafe.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato.
2. Il Tribunale ha affermato che non residuano “dubbi sul fatto che (omissis) introitò la somma di Euro 1.000,00 incassata dal (omissis)”, uno dei conduttori dell’immobile locato dalla proprietaria (omissis), richiamando la deposizione di quest’ultima che ha dichiarato di avere stipulato il contratto “per il tramite di (omissis), propostosi come mediatore; questi, tuttavia, trattenne la somma di Euro 500,00 dovutale a titolo di prima mensilità, assumendo di averla imputata alla provvigione, e non le consegnò l’importo di Euro 1.000,00 ricevuto dai conduttori per il deposito cauzionale/caparra, benché le avesse inoltrato la schermata di un bonifico in realtà mai accreditatole”.
Il primo Giudice, però, ha ritenuto non provato che fra la proprietaria e (omissis) fosse sorto un rapporto di mandato che legittimasse quest’ultimo a ricevere il deposito cauzionale, “non emergendo dal contratto…, né da altro documento prodotto, siffatta connotazione del rapporto”.
Per un verso, dunque, la sentenza impugnata ha riconosciuto, sulla base della testimonianza della proprietaria, che il contratto di locazione fu stipulato in forza dell’attività di mediazione prestata dall’imputato, ma per altro verso ha escluso la sussistenza di un mandato, non dimostrato da alcun documento e, in particolare, dall’assenza della indicazione di (omissis) in detto contratto.
Così opinando, il Tribunale non ha considerato che – secondo la costante giurisprudenza civile (cfr., ad es., Sez. 6 – 3, n. 39566 del 13/12/2021, Rv. 663350 – 01; Sez. 3, n. 21805 del 28/10/2016, n. 21805, Rv. 642964 – 01; Sez. 3, n. 20051 del 02/09/2013, n. 21805, Rv. 627719 – 01) – il mandato senza rappresentanza, coerentemente con il principio di libertà della forma, non necessita della forma scritta ai fini della validità, neppure quando esso abbia ad oggetto l’acquisto di beni immobili, in quanto atto ad efficacia soltanto obbligatoria.
Dalla ricostruzione della sentenza impugnata, dunque, risulta chiaro che, in relazione al contratto di locazione di cui si tratta, l’imputato ricevette dalla proprietaria dell’immobile un mandato senza rappresentanza, cosicché risulta pertinente il principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale commette il delitto di appropriazione indebita anche il mandatario senza rappresentanza che si appropri delle cose ricevute durante l’esecuzione del mandato, con l’animus di trattenerle per sé e di non ritrasferirle al mandatario, a meno che egli non abbia legittimo diritto di ritenzione, non essendo rilevante, ai fini penalistici, la distinzione tra mandato con e senza rappresentanza poiché, in entrambe le ipotesi, le cose o il denaro ricevuti in esecuzione del mandato appartengono alla sfera giuridica del mandante e vi è un obbligo, anche per il mandatario senza rappresentanza, di restituire le stesse al mandante (Sez. 5, n. 18831 del 08/04/2024, Luise, non mass.; Sez. 4, n. 23129 del 12/05/2022, Bertini, non mass. sul punto; Sez. 2, n. 43119 del 28/06/2016, Camusso, Rv. 268242 – 01; Sez. 2, n. 705 del 23/10/1996, Bozzi, Rv. 206867 – 01).
3. Pertanto, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale di Frosinone, la proprietaria dell’immobile è persona offesa dal reato ed era legittimata a proporre querela.
La sentenza impugnata, che era inappellabile ai sensi dell’art. 593, comma 2, cod. proc. pen., va annullata con trasmissione degli atti allo stesso Tribunale in diversa persona fisica per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Frosinone in diversa persona fisica.
Così è deciso, 16 settembre 2025
Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2025
