FATTO E DIRITTO
- Con sentenza in data 11/07/2019 la Corte di Appello di Firenze confermava la sentenza del Tribunale di Firenze dell’11/04/2016 con la quale C.M. era stato condannato alla pena di giustizia perché ritenuto responsabile dei reati di truffa di cui al capo A) e di insolvenza fraudolenta di cui al capo C) nonché al risarcimento del danno in favore della parte civile, vittima della truffa.
- Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore di fiducia dell’imputato, eccependo con un unico motivo e con riferimento al capo C), la violazione di legge (art. 641 c.p.) sul presupposto che l’obbligazione in questione (installazione di tende da sole in un condominio) non fosse stata assunta con il proposito di non adempierla; vero era invece che l’imputato, con artifici e raggiri, aveva convinto i condomini a contrarre allo scopo di ricevere le varie caparre sì che “non pose in essere nessun reato o, al più, una truffa”.
- Il ricorso è infondato per mancanza di interesse ad impugnare, posto che la diversa qualificazione del reato – truffa anziché insolvenza fraudolenta – non incide sul trattamento sanzionatorio che in ogni caso non potrebbe essere mitigato, posto che il reato di cui all’art. 640 c.p., è punito con una pena più elevata rispetto alla previsione dell’art. 641 c.p., (cfr. Cass. sez. 5, sent. n. 28600 del 07/04/2017 – dep. 08/06/2017 – Rv. 270246, secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che tende soltanto al mutamento della qualificazione giuridica del fatto senza incidere sul contesto del dispositivo perché l’interesse alla proposizione della impugnazione deve essere concreto e rilevante, non potendosi lo stesso individuare nella pretesa di una formale applicazione della legge).
- Quanto all’eccepita insussistenza di responsabilità penale, comunque qualificata, la corte territoriale, con argomentazioni immuni da vizi logici e corrette sotto il profilo giuridico, ha evidenziato che il C., pur essendo fornitore del prodotto oggetto dei singoli contratti, incassò le somme a titolo di acconto pur sapendo di non essere in grado di adempiere; pubblicizzò inoltre preventivamente i propri servizi e si presentò come contraente affidabile, ottenendo credito dai clienti e dissimulando in tal modo l’impossibilità di far fronte all’obbligazione.
La responsabilità penale per il reato ex art. 641 c.p., è stata altresì contestata in termini del tutto generici.
- Non può accogliersi la richiesta di rifusione delle spese civili sostenute nel grado dalla parte civile, in quanto il ricorso si riferisce esclusivamente al delitto di insolvenza fraudolenta e non incide quindi sul giudicato formatosi in relazione alla truffa, unico reato per il quale D.E. ebbe a costituirsi parte civile, con conseguente accoglimento della domanda risarcitoria.
Nel giudizio di legittimità, infatti, quando il ricorso dell’imputato viene dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, la parte civile ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali solo qualora abbia svolto un’attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria (Cass. sez. 3 – sent. n. 27987 del 24/03/2021 – dep. 20/07/2021 – Rv. 281713).
- Alla dichiarazione d’inammissibilità segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di Euro duemila a titolo di sanzione pecuniaria.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa della Ammende. Rigetta la richiesta di rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile D.E..
Sentenza a motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2021.
