Svolgimento del processo
1. Il Tribunale di Udine ha disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione per la decisione sulla competenza per territorio nel procedimento a carico di A.A., B.B., C.C., D.D. e E.E. per il delitto di truffa aggravata.
Il giudice rimettente premette che le parti avevano sollevato in sede di udienza preliminare eccezione d’incompetenza territoriale e che questa veniva respinta dal G.u.p.; che l’eccezione veniva, quindi, riproposta davanti al Tribunale, ai sensi dell’art. 21, comma 2, cod. proc. pen. e nel rispetto del termine di cui all’art. 491, comma 1, cod. proc. pen.
2. Il Tribunale precisa che, secondo l’ipotesi accusatoria, attraverso reiterate condotte di artifici e raggiri contestate, i due gruppi distinti d’imputati (l’uno con D.D., C.C. e A.A.; l’altro con E.E. e B.B.) avrebbero convinto la comune persona offesa (costituita parte civile) a eseguire svariati acquisiti di opere d’arte e di libri antichi, per prezzi notevolmente superiori al loro effettivo valore. I pagamenti da parte della vittima venivano eseguiti con assegni bancari e con POS, che pervenivano sui conti della società (omissis) Srl con sede in B (capo A) e della (omissis) Srl di E.E. con sede in N (Capo B).
I titoli utilizzati il pagamento risultano tratti presso la filiale del Credit Agricole con sede in Udine, dove è acceso il conto corrente della persona offesa.
3. Si evidenzia che secondo l’eccezione sollevata dalla difesa in sede di udienza preliminare e poi ribadita davanti al Tribunale, la competenza territoriale andava individuata facendo riferimento al luogo in cui veniva riscosso l’assegno e, quindi a Napoli per il capo B) e, per collegamento anche i fatti del capo A). In subordine, per il capo A) si sosteneva la competenza del Tribunale di Biella o, in ulteriore subordine, quello del Tribunale di Bergamo.
Il G.i.p., invece, pur confermando che le somme portate dagli assegni sono state incassate a Bergamo per il capo A) e a Napoli per il capo B), ha rigettato l’eccezione osservando che la competenza doveva ritenersi radicata presso il Tribunale di Udine, dove si perfezionava l’effettivo conseguimento del bene da parte dell’autore del reato e la perdita definitiva dello stesso da parte della persona offesa.
4. Così sintetizzata la questione, il Tribunale ha confermato la ricostruzione del G.i.p. nella parte in cui ha ritenuto che la competenza per la pluralità di fatti dovesse essere radicata guardando ai due fatti più gravi, contestati ai capi A) e B), ma dubita circa l’esatta individuazione del luogo di commissione del delitto, restando aperta “la questione se gli stessi debbano ritenersi consumati nel luogo in cui la persona offesa ha subito il danno patrimoniale, corrispondente alla sede della banca dalla quale sono stati emessi gli assegni ordinari, con addebito del relativo importo, e quindi in Udine, oppure in quello in cui gli autori hanno conseguito il vantaggio patrimoniale, corrispondente alle sedi delle banche in cui gli assegni sono stati portati all’incasso con attribuzione della relativa provvista, quindi Bergamo per il capo A) e Napoli per il capo B), ricordando che non vi sono ipotesi di connessione ex art. 12 c.p.p. tra i due distinti capi d’imputazione”.
Motivi della decisione
1. Il rinvio pregiudiziale è ammissibile, atteso che il giudice remittente sia pur in maniera stringata ha precisato di condividere la ricostruzione del G.U.P. nel senso di far radicare la competenza in relazione al fatto commesso per primo.
Ciononostante, ha ritenuto che non fosse manifestamente infondata l’eccezione difensiva, in forza della quale la competenza doveva ritenersi radicata nel luogo in cui era stato incassato l’assegno e, dunque, conseguito l’ingiusto profitto e non nel luogo di emissione dello stesso titolo bancario.
2. Una volta stabilita l’ammissibilità del rinvio pregiudiziale, va osservato che la rilevanza del luogo di addebitamento delle somme ai fini della individuazione della competenza risulta stabilita da una prima pronuncia a Sezioni Unite di questa corte (Sez. U, n. 155 del 29/09/2011, Rv. 251499) che in motivazione afferma come “nella formulazione dell’art. 640 cod. pen. la condotta tipica, consistente nella realizzazione di artifici o raggiri, introduce una serie causale che porta agli eventi di ingiusto profitto con altrui danno passando attraverso l’induzione in errore; e che l’induzione in errore, pur rappresentando il modo in cui si manifesta il nesso causale, non lo esaurisce. Dottrina e giurisprudenza tradizionalmente concordano nel rilevare che il passaggio dall’errore agli eventi consumativi deve essere contrassegnato da un elemento sottaciuto dal legislatore, costituito dal comportamento collaborativo della vittima che per effetto dell’induzione arricchisce l’artefice del raggiro e si procura da sé medesimo danno. La collaborazione della vittima per effetto del suo errore rappresenta in altri termini il requisito indispensabile perché ingiusto profitto e danno possano dirsi determinati dalla condotta fraudolenta dell’agente; e costituisce il tratto differenziale del reato in esame rispetto ai fatti di mera spoliazione da un lato, ai reati con collaborazione della vittima per effetto di coartazione dall’altro”.
Si è quindi affermato che il reato di truffa avente a oggetto un assegno bancario di conto corrente si consuma nel luogo in cui ha sede la banca trattaria, o filiale di essa presso cui è acceso il conto, in quanto è in tale luogo che avviene l’effettiva perdita patrimoniale del traente leso mediante l’imputazione a debito nel conto corrente della provvista del titolo (Sez. 2, n. 45836 del 12/11/2009, Ruggiero, Rv. 245601).
A tale conclusione si è pervenuti osservando che il danno per la persona offesa non necessariamente si verifica nel momento in cui i titoli vengono posti all’incasso, ma certamente si consolida “nel luogo in cui la relativa provvista viene imputata a debito nel relativo conto corrente, in quanto, in tal caso si verifica una lesione concreta e definitiva del patrimonio della persona offesa, inteso come complesso di diritti valutabili in denaro”.
La sentenza Ruggiero ha in particolare evidenziato come sia possibile che, nonostante l’assegno sia stato posto all’incasso, non ne consegua “una contestuale perdita patrimoniale per il soggetto leso, con riferimento al delitto consumato, se, questi ad esempio, ha tempestivamente bloccato la contabilizzazione di assegni versati sul suo conto”. Ne deriva, dunque, che con riferimento al tema della competenza territoriale, che la truffa non si consuma nel luogo in cui l’autore del reato versa l’assegno bancario, a titolo di pagamento, ma nel luogo in cui avviene l’effettiva deminutio patrimonii del traente truffato attraverso l’addebito, nel conto corrente della vittima, della somma portata dal titolo di credito da parte della banca trattaria, coincidente con il luogo in cui ha sede la banca o la sua filiale, presso cui è stato acceso il conto corrente”, ciò in base all’assunto per cui “mentre il vantaggio patrimoniale dell’agente si verifica al momento della riscossione del titolo, la lesione patrimoniale si concretizza solamente a seguito della contabilizzazione al passivo dell’importo portato dal titolo incassato che avviene presso la sede dell’istituto ove il conto è stato aperto”.
Diverso è il momento di consumazione di una truffa che ha comportato l’emissione di un assegno bancario, rispetto a quella che ha comportato l’emissione di un assegno circolare, poiché nel primo caso il reato si consuma nel momento in cui l’assegno bancario è portato all’incasso e nel luogo in cui ha sede la banca che mette a disposizione la provvista, poiché è quello l’ultimo atto che perfeziona la fattispecie e sino a quel momento la persona offesa non ha perso la provvista, mentre nel caso di assegno circolare il danno si realizza prima del conseguimento del profitto e, più precisamente, non nel momento in cui l’assegno circolare viene spiccato dalla banca e consegnato al titolare del conto, ma quando il titolo viene consegnato al terzo ed esce dalla sfera patrimoniale di disponibilità della persona offesa, divenendo definitiva la potenziale lesione della persona offesa (v. al riguardo Sez. 2, n. 28928 del 24/01/2002, dep. 2003, Migliorini, Rv. 226745-01 e da ultimo Sez. 2 n. 1524 del 2025, Rv 287937), mentre il vantaggio per l’autore della truffa si realizza non appena utilizza l’assegno come mezzo di pagamento o lo scambia presso una qualunque banca.
Nel caso di specie, per come già anticipato, secondo l’ipotesi accusatoria, i due gruppi distinti d’imputati (come già descritti), attraverso artifici e raggiri, avrebbero convinto la comune persona offesa (costituita parte civile) a eseguire svariati acquisti di opere d’arte e di libri antichi, per prezzi notevolmente superiori al loro effettivo valore. Acquisiti che venivano pagati con assegni bancari tratti presso la filiale del Credit Agricole con sede in Udine, dove è acceso il conto corrente della persona offesa.
In particolare, per i reati contestati al capo A), la truffa commessa per prima ha ad oggetto l’opera Raffaello, per il cui acquisto la persona offesa ha emesso l’assegno bancario datato 10/05/2021, dell’importo di Euro 6.000,00, incassato il 25/05/2021 presso la Banca Intesa San Paolo, filiale di Bergamo; per i reati contestati al capo B), la truffa commessa per prima ha ad oggetto un’opera per il cui acquisto la persona offesa ha emesso un assegno bancario datato 23/04/2021, negoziato il 27/04/2021 presso la Banca Credit Agricole Agenzia n. 10 di Napoli.
Tali assegni bancari risultano entrambi tratti presso la filiale del Credit Agricole, filiale di Udine.
Tanto porta a concludere che, sulla base della pacifica ricostruzione fattuale descritta dal Tribunale remittente e in applicazione dell’art. 8, comma primo, cod. pen., la competenza è stata correttamente radicata davanti al Tribunale di Udine, nella cui giurisdizione ha sede la banca trattaria degli assegni, ossia il luogo in cui si è consumata la truffa.
P.Q.M.
Dichiara la competenza territoriale del Tribunale di Udine. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui al co. 4 dell’art. 24 bis cod. proc. pen.
Dispone, a norma dell’art. 52 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, che sia apposta, a cura della cancelleria, sull’originale del provvedimento, un’annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati in sentenza.
Conclusione
Così deciso in Roma l’8 luglio 2025.
Depositata in Cancelleria il 5 settembre 2025.
