Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di Caltanissetta confermava la decisione del locale Tribunale che, in data 23/10/2023, aveva dichiarato Gr.Gr. colpevole del delitto di truffa aggravata, condannandola alla pena di un anno di reclusione ed Euro 400,00 di multa.
2. Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputata, deducendo:
2.1 la carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nonché l’omessa valutazione delle prove contrarie e il travisamento delle stesse.
Il difensore lamenta che la Corte di merito ha disatteso la richiesta di perizia grafica in ordine alla sottoscrizione del contratto di attivazione dell’utenza usata per i contatti con la p.o., reputando riferibile alla prevenuta la firma apposta in calce al contratto e argomentando circa l’impossibilità di procedere all’accertamento richiesto in assenza dell’originale dell’atto.
Rappresenta in proposito che copia del contratto relativo all’utenza interessata era stato ritualmente depositato nel fascicolo processuale e che i giudici d’appello hanno omesso di rilevare la palese diversità della firma apposta sul contratto rispetto a quelle risultanti dagli atti sottoscritti dalla Gr.Gr. e confluiti nel fascicolo dibattimentale;
2.2 la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell’aggravante della minorata difesa, essendosi la sentenza impugnata discostata dai principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui la circostanza è ravvisabile solo nel caso in cui trattative e conclusione del contratto siano integralmente avvenuti per via telematica mentre, nella specie, come riconosciuto dagli stessi giudici di merito la trattativa è avvenuta mediante contatti telefonici con numeri visibili e messaggistica istantanea, circostanza che imponeva l’esclusione dell’aggravante.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è inammissibile per genericità ed aspecificità delle censure che non si rapportano in termini puntuali alla motivazione reiettiva della Corte di merito che ha disatteso la richiesta di perizia segnalando, da un lato, la riferibilità della sottoscrizione del contratto alla prevenuta sulla base della diretta comparazione della stessa con scritture autentiche in atti, quali quella in calce al mandato difensivo; dall’altro, evidenziando che l’accertamento richiesto non era comunque praticabile in assenza dell’originale dell’atto, l’unico utile al fine di valutare elementi significativi, quale la pressione esercitata sul foglio al momento della scrittura. Inoltre, la sentenza impugnata ha ritenuto dirimente la circostanza relativa all’assenza di prova circa l’eventuale sottrazione in danno della Gr.Gr. del documento d’identità utilizzato per l’attivazione dell’utenza, argomento già speso dal primo giudice per confutare la tesi di un furto di identità (pag. 7), con affermazione del tutto ignorata dalla difesa.
2. Il secondo motivo è infondato. Con la L. 90/2024 in vigore dal 17 Luglio 2024, il legislatore ha novellato l’art. 640 cod. pen. inserendo al comma 2 ter l’aggravante della c.d. truffa telematica che ricorre quando “il fatto è commesso a distanza attraverso strumenti informatici o telematici, idonei ad ostacolare la propria o l’altrui individuazione”. Per tal via si è recepita la specifica elaborazione giurisprudenziale che ravvisa l’aggravante comune di cui all’art. 61 n. 5 cod. pen. in tutte le ipotesi in cui lo strumento della rete viene utilizzato per impedire alla vittima l’identificazione del responsabile e si è prevista in detti casi la procedibilità a querela, ferma restando quella d’ufficio per le restanti ipotesi aggravate a norma dell’art. 640, comma 2-bis, cod. pen.
2.1 La giurisprudenza di questa Corte in presenza di un fenomeno di successione di leggi nel tempo ha condivisibilmente affermato che il principio dell’applicazione della norma sopravvenuta più favorevole al reo opera anche con riguardo al regime di procedibilità (Sez. 2, n. 12179 del 25/01/2023, Pisante, Rv. 284825-01). Infatti, attesa la natura mista, sostanziale e processuale della querela e la concreta incidenza del regime di procedibilità sulla punibilità dell’autore del fatto, allorché si sia in presenza di reati già perseguibili d’ufficio e divenuti perseguibili ad istanza di parte, a norma dell’art. 2, comma 4, cod. pen. il giudice deve accertare l’esistenza dell’istanza punitiva anche per i reati commessi anteriormente alla modifica (Sez. 2, n. 225 del 08/11/2018, dep. 2019, Rv. 274734; Sez. 5, n. 22641 del 21/4/2023, Rv. 284749-01; Sez. 1, n. 1061 del 20/12/2024, dep. 2025, Rv. 287440-01), adottando anche in sede di legittimità le conseguenti statuizioni, alla luce dell’art. 129 cod. proc. pen.
Nella specie, dall’accesso agli atti risulta che la p.o. Le.Gi. in data 14/8/2018 ha sporto denunzia dinanzi ai Carabinieri della Tenenza di S. Cataldo, formulando nel corpo dell’atto espressa istanza di punizione dei confronti dei responsabili.
2.2 Ciò posto, le censure relative alla ritenuta sussistenza dell’aggravante, enunziata in imputazione in termini conformi al novellato comma 2-ter dell’art. 640 cod. pen., non possono trovare accoglimento alla luce della motivazione reiettiva rassegnata dalla Corte di merito a pag. 4, nella quale i giudici territoriali hanno rimarcato che la trattativa per la locazione intavolata a seguito dell’annuncio sul social Facebook è avvenuta costantemente a distanza, con la spendita da parte della prevenuta di false generalità, in guisa da rendere impossibile alla vittima l’individuazione dell’interlocutore, con conseguente radicale sperequazione delle posizioni contrattuali ed approfittamento da parte dell’agente delle specifiche modalità negoziali a fini di lucro.
3. Attesa la complessiva infondatezza dell’impugnazione, il ricorso deve essere rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 2 aprile 2025.
Depositata in Cancelleria l’11 aprile 2025.
