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Cassazione penale sez. I, 26/10/2023, n. 43531

Massima

In tema di esecuzione penale, la sentenza di condanna diviene irrevocabile anche con riferimento alle modalità di espiazione della pena. La possibilità per il condannato di presentare istanza di applicazione di una sanzione sostitutiva ai sensi dell’art. 95 D.Lgs. n. 150 del 2022 (c.d. riforma Cartabia) presuppone l’avvenuta irrevocabilità della sentenza stessa e non inficia la definitività del giudicato, distinguendosi nettamente dalla fattispecie di cui all’art. 545-bis c.p.p., che prevede l’integrazione del dispositivo da parte del giudice di merito.

Supporto alla lettura

PENE SOSTITUTIVE

Le pene sostitutive, introdotte dalla riforma Cartabia con l’art. 20 bis c.p., demandando la disciplina alla legge speciale, e precisamente al nuovo Capo III della L. 689/1981, sono un insieme di sanzioni alternative alla reclusione che permettono di sostituire la pena detentiva in alcuni casi.

Queste pene prevedono:

 la semilibertà (in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a 4 anni): il condannato può uscire di casa per svolgere attività lavorative, scolastiche, familiari o di pubblica utilità, con specifiche limitazioni;

 la detenzione domiciliare (in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a 4 anni): il condannato deve rimanere in casa, con alcune eccezioni per attività specifiche;

 il lavoro di pubblica utilità (in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a 3 anni): il condannato svolge un lavoro non retribuito per enti pubblici o associazioni di volontariato;

 la pena pecuniaria (in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a 1 anno): il condannato è obbligato a pagare una somma di denaro al fisco

L’applicabilità delle pene sostitutive è valutata dal giudice in base alle circostanze del reato, alla personalità del condannato e alla necessità di garantire l’effettività della pena. Il condannato deve dimostrare di essere una persona meritevole e di voler seguire il percorso rieducativo.

Le pene sostitutive possono essere applicate anche nei procedimenti pendenti, a condizione che sia stata fatta richiesta da parte dell’imputato. 

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in preambolo la Corte di appello di Catania, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato la nullità del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti e contestuale ordine di esecuzione, emesso in data 20 febbraio 2023 nei riguardi di (omissis), con riferimento a due sentenze, la prima emessa dal Tribunale di Ragusa il 9 ottobre 2008, irrevocabile il 10 novembre 2008, la seconda dalla Corte di appello di Catania il 13 ottobre 2021, irrevocabile il 27 gennaio 2023.

A ragione della decisione ha ritenuto che, pur essendo divenuta cosa giudicata la sentenza di condanna quanto alla responsabilità di (omissis) e alla quantità di pena inflittagli, la statuizione non potesse ritenersi irrevocabile in ordine alle modalità di espiazione della pena, secondo il combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 150 del 2022art. 95, delle disposizioni del capo III della L. n. 681 del 1981, infine dell’art. 545-bis c.p.p.; ciò in quanto il condannato, all’esito del procedimento deciso dalla Corte di cassazione in data 27 gennaio 2023 (e, dunque, quivi pendente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2022), aveva ritualmente fatto istanza di applicazione di una sanzione sostitutiva.

2. Avverso detta ordinanza ricorre il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Catania e deduce violazione del D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 656 e 663 c.p.p., art. 95art. 59 lett. d), L. n. 689 del 1981 sotto più profili.

In primo luogo pone in rilievo come nessuna sospensione dovesse essere disposta dal proprio Ufficio, in forza del principio dell’unicità del rapporto esecutivo, posto che l’ordine di carcerazione riguardava un’unica pena, derivante dal cumulo di due distinte condanne; ciò indipendentemente dalle sorti delle misure alternative alla detenzione eventualmente richieste.

Il dato obiettivo dell’avvenuto superamento dei limiti di pena previsti per legge per la concessione delle pene sostitutive e la natura ostativa del reato di rapina (art. 628 c.p., comma 3, come da contestazione in fatto ritenuta a p. 12 della sentenza), giudicato con la sentenza in data 13 ottobre 2021 dalla Corte di appello di Catania, imponevano l’emissione dell’ordine di esecuzione delle pene concorrenti, essendo impraticabile la soluzione “frazionata” suggerita nell’ordinanza.

Del pari errata si reputa l’affermazione contenuta nel provvedimento impugnato secondo la quale non si sarebbe formato il giudicato sulla citata sentenza quanto alla modalità di espiazione della pena, a seguito della presentazione dell’istanza D.L. n. 150 del 2022, ex art. 95, stante la diversità di detta ipotesi rispetto a quella di cui all’art. 545-bis c.p.p..

Conclude che, con il proprio provvedimento, il Giudice dell’esecuzione ha determinato una indebita stasi del procedimento, non potendo l’Ufficio di Procura emettere un decreto di sospensione nei riguardi di persona già detenuta e, al tempo stesso, neppure disporre una carcerazione che, di fatto, è stata ritenuta dallo stesso Giudice non correttamente disposta.

3. Il Sostituto Procuratore generale, Assunta Cocomello, con conclusioni scritte depositale il (Omissis), ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.

4. La difesa, in data (omissis), ha depositato memoria, con la quale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso della Pubblica Accusa per genericità, non avendo esplicitato le ragioni del dissenso rispetto all’articolato provvedimento del giudice dell’esecuzione.

Ha rilevato, inoltre, che la condanna di cui alla sentenza del 13 ottobre 2021 riguarderebbe ipotesi di rapina non aggravata e che il Procuratore generale ricorrente avrebbe erroneamente interpretato la sentenza in parola; sicchè (omissis) ha pieno diritto all’applicazione della sanzione sostitutiva nelle more già disposta.

Motivi della decisione

1. Il ricorso del Procuratore generale presso la Corte di appello, per nulla inammissibile, merita accoglimento.

2. Per una migliore comprensione della questione, non è superfluo premettere in punto di fatto che:

– in esito al procedimento deciso dalla Corte di cassazione in data (omissis) e, segnatamente, in data (omissis), la Procura generale presso la Corte di appello di Catania emetteva provvedimento di esecuzione di pene concorrenti nei riguardi di (omissis), cumulando per l’esecuzione la sentenza del Tribunale di Ragusa del 9 ottobre 2008, irrevocabile il 10 novembre 2008, di condanna alla pena di un anno e sette mesi di reclusione per il reato di cui all’art. 572 c.p. e quella della Corte di appello di Catania del 13 ottobre 2021, irrevocabile il 27 gennaio 2023, per il delitto di cui all’art. 628 c.p., comma 3, – ostativo ai sensi della e L. 26 luglio 1975 n. 354art. 4-bis, art. 656 c.p.p., comma 9 lett. a), (Ord. pen.) – con determinazione della pena complessiva da espiare in quattro anni, sette mesi di reclusione ed Euro 600,00 di multa;

– l’ordine di esecuzione non veniva sospeso, stante il superamento della pena della soglia di quattro anni di reclusione e la presenza di un reato ostativo, sicchè il provvedimento era eseguito nella stessa data di emissione;

– a seguito d’istanza di revoca dell’ordine di esecuzione delle pene concorrenti, rigettata dalla Procura generale presso la Corte di appello, la difesa impugnava il provvedimento di esecuzione di pene concorrenti e la Corte di appello di Catania dichiarava la nullità dell’ordine di esecuzione oggetto d’impugnazione affermando – come già anticipato – che, pur essendo divenuta cosa giudicata la sentenza di condanna in ordine alla responsabilità di (omissis) e alla quantità di pena inflittagli, la statuizione non poteva ritenersi irrevocabile in ordine alle modalità di espiazione della pena, secondo il combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 150 del 2022art. 95, (c.d. riforma Cartabia), delle disposizioni del capo III della L. n. 681 del 1981, art. 545-bis c.p.p.. Riteneva, altresì, che in senso contrario non valeva rilevare la mancata previsione di una facoltà di sospensione dell’esecuzione della pena nel caso di reati ostativi, “posto che le modalità di espiazione della pena, integrate con il dispositivo di sentenza, costruiscono esse stesse titolo esecutivo, in mancanza delle quali nessun ordine di carcerazione può essere emesso”.

3. Ciò premesso, è manifestamente infondata l’eccezione d’inammissibilità del ricorso della Parte pubblica per genericità.

Quanto a tale profilo, peraltro introdotto solo con la memoria difensiva, va qui richiamato il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui il ricorso per cassazione è inammissibile per a-specificità che va apprezzata non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma altresì per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato.

Ebbene, nel caso che ci occupa, il ricorso si caratterizza per un’adeguata correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto d’impugnazione ed offre, così come impone la osservanza del principio di autosufficienza in relazione alla prospettazione di vizi di motivazione e di travisamento dei fatti, la compiuta rappresentazione e dimostrazione, delle evidenze pretermesse ovvero erroneamente rappresentate dal giudicante di per sè dotate di univoca, oggettiva e immediata valenza esplicativa, tali, cioè, da disarticolare, a prescindere da ogni soggettiva valutazione, il costrutto argomentativo della decisione impugnata, per l’intrinseca incompatibilità degli enunciati. In tale modo il ricorso consente certamente l’effettivo apprezzamento dei vizi dedotti.

4. Venendo allo scrutinio del provvedimento impugnato, va in primo luogo posta in evidenza l’erroneità dell’affermazione secondo la quale non si sarebbe formato il giudicato sulla seconda sentenza quanto alla modalità di espiazione della pena, a seguito della presentazione dell’istanza D.Lgs. n. 150 del 2022, ex art. 95.

Secondo tale norma – che detta disposizioni transitorie in materia di pene sostitutive delle pene detentive brevi – per ciò che qui interessa, “Il condannato a pena detentiva non superiore a quattro anni, all’esito di un procedimento pendente innanzi la Corte di cassazione all’entrata in vigore del presente decreto (ndr 30 dicembre 2022, D.L. n. 162 del 2022, ex art. 6), può presentare istanza di applicazione di una delle pene sostitutive di cui al Capo III della L. 24 novembre 1981, n. 689, al giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 666 c.p.p., entro trenta giorni dalla irrevocabilità della sentenza”.

Ne consegue che, già come imposto dalla chiara formulazione letterale della norma, che fa espresso riferimento alla “irrevocabilità della sentenza”, l’affermazione della Corte territoriale appare destituita di qualsivoglia fondamento.

Si tratta, come osservato dallo stesso Procuratore generale ricorrente, di situazione ben diversa da quella disciplinata e introdotto con il D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 art. 545-bis c.p.p., e che prevede che il giudice di merito, eventualmente a seguito di un’articolata attività istruttoria cui è funzionale la sospensione del processo, una volta verificata la possibilità di sostituire la pena detentiva, integra il dispositivo, indicando la pena sostitutiva con gli obblighi corrispondenti.

5. In secondo luogo, è principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che, in presenza di più pene da espiare, il Pubblico Ministero deve, ai sensi dell’art. 663 c.p.p.m procedere al cumulo delle pene in quanto anche in siffatti casi, la pena espianda è unica dovendo essere individuata in quella cumulata.

Si è, invero, già affermato da questa Corte, che “Ai fini dell’esecutività di una condanna a pena detentiva, il P.M. è tenuto ad emettere immediatamente ordine di carcerazione e, quando esistano o sopravvengano più condanne per reati diversi, è tenuto altresì a determinare la pena complessiva. Ne consegue che, anche nel caso di concorso di pene detentive brevi, ciascuna delle quali, singolarmente considerata, darebbe luogo a sospensione del provvedimento di carcerazione in vista della possibile applicazione di benefici penitenziari, non viene meno l’obbligo di provvedere al cumulo, con l’ulteriore conseguenza che, unificata la pena, ove questa risulti superiore ai limiti di legge cui è subordinata la concessione delle misure alternative richiedibili, la sospensione dell’esecuzione prevista come modificato dalla L. n. 165 del 1998art. 656 c.p.p., non può essere più disposta” (Sez. 1, n. 25483 del 11/04/2017, Fontana, rv. 270618; sez. 1, n. 16569 del 21/03/2003, Marino, rv. 224000; sez. 1, n. 15748 del 12/04/2002, Burgio, rv. 221302; sez. 1, n. 6322 del 17/11/1999, Veneranda, rv. 215028).

Ne consegue che correttamente, nel caso di specie, si è da parte del Pubblico Ministero provveduto, una volta intervenuta la seconda condanna del (omissis), a cumulare la pena di tre anni di reclusione inflitta con detta condanna con quella di un anno e sette mesi di reclusione, precedentemente irrogata con la prima sentenza del (omissis).

Altrettanto correttamente, essendo tale ultima pena divenuta eseguibile a seguito dell’omessa presentazione (nei trenta giorni dalla notifica dell’ordine di carcerazione e del contestuale provvedimento di sospensione della esecuzione della pena) di istanza di misure alternative alla detenzione, non si è proceduto alla sospensione dell’esecuzione della pena inflitta con la sentenza 13 ottobre 2008, dato che – come si è appena sottolineato – il provvedimento di cumulo è in siffatti casi necessitato e costituisce titolo esecutivo con riguardo all’unica pena cumulata conseguentemente determinata.

Non trova applicazione in tale ipotesi il principio della scindibilità del cumulo atteso che le misure alternative alla detenzione, all’ottenimento delle quali è finalizzato l’istituto della sospensione dell’esecuzione, riguardano la pena complessiva risultante da tutti i titoli contemporaneamente esecutivi e non già una o solo qualcuna delle pene facenti parte del cumulo.

E poichè nel caso in esame il condannato, dopo la notifica del primo ordine di esecuzione in contestualità con il decreto di sospensione, non ha chiesto l’ammissione ad alcuna misura alternativa, così facendo divenire immediatamente eseguibile la prima condanna, correttamente è stato ritenuto che non potesse essere sospesa la pena sopravvenuta di cui alla condanna del 13 ottobre 2021, alla prima unificata.

6. L’ordinanza impugnata evidenzia ulteriore concorrente ragione per disattendere l’istanza del condannato, ossia che nei suoi confronti è operante la causa ostativa alla sospensione dell’ordine di esecuzione dell’essere stato condannato per il reato di cui all’art. 628 c.p., comma 3, ostativo.

Nessun pregio hanno le osservazioni svolte dal ricorrente nella memoria in punto di asserita insussistenza della aggravante che rende ostativo il reato di rapina, posto che “Non spetta al Pubblico ministero competente all’emissione dell’ordine di carcerazione la valutazione, ai fini della sospensione dell’esecuzione, della sussistenza o meno dei requisiti richiesti dalla legge per l’ammissione del condannato ai benefici penitenziari, essendo tale compito riservato esclusivamente al tribunale di sorveglianza e dovendo l’organo dell’esecuzione limitarsi alla mera constatazione della presenza dei titoli ostativi alla sospensione” (Sez. 1, n. 14331 del 20/12/2012, dep. 2013 Rammeh, Rv. 255925).

7. Alla stregua di quanto sopra, s’impone dunque l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.

Gli atti devono essere trasmessi al Pubblico Ministero competente per l’ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata. Si comunichi al Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Catania.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2023.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2023

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