Svolgimento del processo
(omissis) ricorre avverso la sentenza in epigrafe, emessa dalla Corte di appello di Messina del 27 giugno 2019, che ha confermato quella resa dal Tribunale di Messina il 9 maggio 2017, a seguito di giudizio abbreviato.
I. – tratto a giudizio per i reati di violazione degli obblighi connessi inerenti alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorni applicata nei suoi confronti con provvedimento del 6. Luglio 2016, notificato il 7 ottobre 2016 (capo a), di violazione al codice della strada, ai sensi del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 73 perchè si era posto alla guida di un motociclo sprovvisto di patente di guida in quanto revocata con provvedimento del Prefetto di Messina del 20 settembre 2016, notificato il 7 ottobre 2016 (capo b), e di possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli, ai sensi dell’art. 707 c.p., perchè, sottoposto alla misura di sicurezza della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, come da provvedimento del Tribunale di Messina del 6 luglio 2016, notificato il 7 ottobre 2016, era stato trovato in possesso di n. 3 spadini, strumenti atti ad aprire o a forzare serrature, di cui non aveva saputo giustificare la destinazione d’uso (capo c), commessi il (omissis) – era stato assolto dal primo reato, ritenuto responsabile degli altri due reati, avvinti tra loro dal vincolo della continuazione, e condannato alla pena di mesi sei di reclusione.
2. L’impugnazione consta di due motivi.
2.1. Col primo motivo, il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 707 c.p. e art. 125 c.p.p., e vizio di motivazione della sentenza impugnata, perchè la Corte di appello, con riferimento al reato di cui al capo c, avrebbe omesso di valutare se dalle circostanze di tempo e di luogo in cui era avvenuto il fatto era possibile ritenere del tutto ingiustificato il possesso degli arnesi sequestrati. Il giudice di merito, invece, fornendo una motivazione del tutto inadeguata, si è limitato ad evidenziare che l’imputato era stato colto in possesso anche di una quantità di sostanza stupefacente, circostanza del tutto non pertinente in ordine a tale valutazione.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia inosservanza. ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 125 c.p.p., e vizio di motivazione della sentenza impugnata, perchè la Corte territoriale, relativamente al reato contravvenzionale, avrebbe omesso di decidere in merito alla richiesta formulata dalla difesa in ordine alla rimodulazione del trattamento sanzionatorio in forza dell’art. 442 c.p.p., così come modificato dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 44. La norma, come modificata, prevede che, in caso di condanna a seguito di giudizio abbreviato, la pena debba essere diminuita della metà, anzichè di un terzo, nei casi in cui venga commessa una contravvenzione.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
2. Giova premettere che l’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 707 c.p. consiste nel possesso volontario e non giustificato di chiavi alterate o contraffatte, ovvero di chiavi genuine di strumenti atti ad aprire o a forzare una serratura. La norma contiene una descrizione sufficientemente delimitata della fattispecie: risponde, infatti, a ragionevolezza l’eventualità, tenuta presente dalla legge, che il soggetto contemplato dalla norma stia per commettere un reato nelle condizioni considerate. La giustificazione del possesso è essa stessa un mezzo di difesa alla quale l’interessato può rinunciare serbando il silenzio, in attuazione del diritto di non rispondere all’interrogatorio ed affidandosi alla valutazione del fatto compiuta dal giudice di merito.
Il Giudice delle leggi, infatti, con la sentenza n. 14 del 1971 ha chiarito che la norma in oggetto non inverte l’onere della prova e non configura nè una forma di responsabilità oggettiva, nè un’ipotesi di colpevolezza presunta, ma prevede, invece, un reato di pericolo, in connessione con una particolare situazione soggettiva, la quale induce il giudicante, con fondamento di probabilità e verosimiglianza, a ritenere che la condotta dell’agente sia indirizzata alla commissione di uno dei delitti contro il patrimonio.
In punto di diritto, quindi, va premesso che, secondo la costante linea della giurisprudenza di legittimità – linea che, in questa sede, va ribadita – in tema di possesso ingiustificato di arnesi atti allo scasso, previsto dall’art. 707 c.p., è sufficiente ai fini della configurabilità del reato il suddetto possesso o la loro immediata disponibilità, incombendo all’imputato l’obbligo di dare una seria giustificazione della destinazione attuale e lecita degli strumenti rinvenuti presso di lui (Sez. 2, n. 52523 del 03/11/2016, Chicchi, Rv. 268410): la norma ha lo scopo di impedire che il reo – quando ha anche un solo precedente penale per delitto motivato da lucro – nel caso in cui sia in possesso di strumenti idonei ad aprire serrature, possa di essi servirsi per commettere ulteriori reati determinati da motivi di lucro: da qui, ove trovato in possesso di quei particolari strumenti, l’obbligo di giustificarne l’attuale destinazione.
Come hanno correttamente rappresentato i giudici di merito, l’imputato non aveva mai assolto all’onere di fornire valide spiegazioni in ordine al possesso degli arnesi sequestrati, che erano senza ombra di dubbio nella materiale disponibilità dello stesso, quando fu fermato dagli agenti della Questura di Messina.
2. Il secondo motivo è fondato.
2.1. In tema di giudizio abbreviato, l’art. 442 c.p.p., comma 2, come novellato dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 44, entrata in vigore il 3 agosto 2017 – nella parte in cui prevede che, in caso di condanna per una contravvenzione, la pena che il giudice determina tenendo conto di tutte le circostanze è diminuita della metà, anzichè di un terzo come previsto dalla previgente disciplina – si applica anche alle fattispecie anteriori, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile, ai sensi dell’art. 2 c.p., comma 4, in quanto, pur essendo norma di carattere processuale, ha effetti sostanziali, comportando un trattamento sanzionatorio più favorevole seppure collegato alla scelta del rito (Sez. 4, n. 832 del 15/12/2017, dep. 2018, Del Prete, Rv. 271752).
Preso atto del fatto che la riduzione per il rito abbreviato, quando si procede per le contravvenzioni, è stabilita dalla L. n. 103 del 2017 nella misura della metà, con modifica favorevole rispetto alla disciplina previgente, occorre individuare quali siano i criteri per la definizione del trattamento sanzionatorio nei casi in cui, come quello in esame, sia ritenuta la continuazione tra delitti e contravvenzioni.
Il Collegio ritiene che la netta diversità delle decurtazioni stabilite per il rito abbreviato in relazione ai delitti e alle contravvenzioni non possa essere superata valorizzando la generica finalità mitigatrice dell’istituto della continuazione. L’abbattimento della sanzione che consegue al riconoscimento del vincolo teleologico è infatti discrezionale, seppur soggetta ai limiti previsti dall’art. 81 c.p.; di contro, nel caso dell’accesso al rito abbreviato, l’ammontare della decurtazione è sottratta alla discrezionalità del giudice, ed è stabilita dalla legge in modo fisso e predeterminato, sicchè l’applicazione di una decurtazione inferiore a quella indicata si risolverebbe nella inflizione di una pena illegale.
Pertanto, in tema di giudizio abbreviato” l’art. 442 c.p.p., comma 2, così come novellato, costituisce norma penale di favore ed impone che, in caso di continuazione tra delitti e contravvenzioni, la riduzione per il rito vada effettuata distintamente sugli aumenti di pena disposti per le contravvenzioni, nella misura della metà, e su quelli disposti per i delitti, nella misura di un terzo (Sez. 2, n. 14068 del 27/02/2019, Selvaggio, Rv. 275772).
In forza dei richiamati principi, il Collegio evidenzia – in adesione alla censura sviluppata dal ricorrente – che la Corte territoriale non avrebbe potuto confermare la sentenza del Tribunale, nella parte in cui, riconosciuto il vincolo della continuazione, aveva determinato la pena in mesi nove di reclusione e, coerentemente con l’assetto normativo in vigore alla data del 9 maggio 2017, aveva calcolato la riduzione di un terzo di pena per la scelta del rito abbreviato per la contravvenzione ex art. 707 c.p..
La sentenza impugnata deve quindi essere annullata senza rinvio, perchè la pena in ordine al reato di cui al capo c, ai sensi dell’art. 620 c.p.p., lett. l), deve essere ridotta della metà, di guisa che deve pervenirsi a una pena finale pari a mesi cinque, giorni venticinque di reclusione, così determinata: ferma la pena base di mesi cinque, giorni dieci di reclusione per il reato più grave, essa va aumentata di giorni quindici (e non di giorni venti) per la continuazione con la contravvenzione di cui al capo c (pari alla metà della pena di un mese di reclusione).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’entità della pena irrogata in aumento per il reato di cui all’art. 707 c.p. Per l’effetto, ridetermina la pena finale in mesi cinque, giorni venticinque di reclusione. Dichiara il ricorso inammissibile nel resto.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2020
