RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del Tribunale di Palermo del 2 maggio 2025, è stata respinta la richiesta di riesame interposta dalla difesa avverso l’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di In.Fr. per il delitto di tentato omicidio perché, in occasione di una rissa provocata dallo stesso che aveva coinvolto Bi.Ba. ed il fratello, Bi.Gi., aveva attinto il primo con tre fendenti al torace, di cui uno al centro dell’addome, procurandogli una profonda lesione con la conseguente lacerazione della parete epatica, a breve distanza da altri organi vitali, tra cui aorta e cuore e così compiendo atti idonei, diretti in modo non equivoco a cagionare la morte della vittima, non verificatasi per l’intervento chirurgico urgente cui era stata sottoposta.
Il quadro della vicenda si completa con le ulteriori contestazioni di violazione dell’art. 4 I. n. 110 del 1975, per avere portato fuori della propria abitazione un coltello, con manico corto e lunghezza complessiva di cm. 24, 5 di cui cm. 10 di lama, dell’art. 588, comma secondo, cod. pen., per avere partecipato ad una rissa, a seguito della quale Bi.Ba. aveva riportato le ferite descritte, degli artt. 582,585 cod. pen., per avere provocato ferite anche a Bi.Gi. e, infine, degli artt. 110,387-bis cod. pen., in quanto, sottoposto alla misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati da Bi.Gi., aveva disatteso, in concorso con la stessa la quale aveva omesso di attivare il meccanismo di controllo e quindi impedendo che il braccialetto elettronico rilevasse gli incontri, la misura cautelare.
Il Tribunale del Riesame ha affrontato i rilievi avanzati dalla difesa a sostegno della richiesta di riesame in primis, ha osservato, in apertura, l’erroneità dell’assunto difensivo, secondo cui la vicenda sarebbe stata ricostruita integralmente sulla base delle dichiarazioni delle persone informate, senza tenere conto dell’apporto delle riprese video effettuate dal telefono cellulare di Bi.Gi., che, a dire della difesa, consentirebbero di escludere l’idoneità degli atti compiuti dall’indagato, e quindi la configurabilità del delitto di tentato omicidio.
In secondo luogo, il Tribunale si è soffermato sulla assunta contraddittorietà delle dichiarazioni rese dalle persone informate, tale da destituirne la valenza indiziaria e l’inutilizzabilità delle dichiarazioni di Bi.Gi., quale indagato di reato connesso, escusso in violazione delle prescrizioni di cui all’art. 351, comma 1 -bis, cod. proc. pen., altresì appuntando le proprie osservazioni sul profilo, dedotto con la richiesta di riesame, della pretesa idoneità della misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto.
Circa la sussistenza della gravità indiziaria, contestata dall’indagato, il Tribunale ha premesso l’inquadramento della vicenda, inscrittasi nel deterioramento della relazione sentimentale tra l’indagato e Bi.Gi., cui aveva fatto seguito l’applicazione della misura dell’allontanamento dell’indagato dalla abitazione della coppia, giusta ordinanza del 11 dicembre 2024, misura disattesa dagli stessi, che avevano proseguito la convivenza, fino a che il 25 febbraio 2025, la donna, oggetto di nuove aggressioni, aveva deciso di chiedere ospitalità ai cugini.
Il giorno successivo l’indagato, dopo avere vanamente cercato di contattare telefonicamente la donna, si era presentato a casa dei Bi.Gi. e Bi.Ba., accesso registrato dalle telecamere installate presso l’abitazione.
Nella prima fase, dopo che l’indagato aveva suonato alla porta, Bi.Ba., in compagnia della fidanzata, Ca.Sh., aveva colpito In.Fr. con un tubolare, a ciò facendo seguito una colluttazione tra i due, ripresa mediante il telefono di Bi.Gi.; Ca.Sh. esorta i contendenti a calmarsi.
Il fratello di Bi.Ba., Bi.Gi., aveva quindi raggiunto i due colluttanti e sferrato alcuni calci in direzione dei corpi a terra, nel presumibile intento di aiutare il fratello, dopo di che i due contendenti si erano rimessi in posizione eretta.
A questo punto, l’indagato appariva indietreggiare per liberarsi, all’esito di reciproci strattonamene, dalla presa dell’avversario Bi.Ba. e, sottrattosi, aveva sferrato con la mano destra tre colpi di coltello all’indirizzo di Bi.Ba. Un colpo, lo aveva attinto al fianco, e due, in successiva, rapida sequenza, raggiunto la parte centrale dell’addome. Poco dopo, era colpito anche Bi.Gi., che si trovava a breve distante e teneva in mano un bastone di scopa, già utilizzato per tentare di colpire In.Fr.
Trasportato all’ospedale, Bi.Ba. aveva ricevuto le necessarie cure per le ferite subite, due delle quali apparivano piuttosto superficiali e di scarsa gravità, mentre la terza, più grave, risultava posizionata in sede perigastrica e tale da rendere necessario l’intervento operatorio al fine di accertare l’eventuale compromissione di organi vitali, avendo oltrepassato il piano muscolare fasciale ed essendo penetrata in addome.
Il dott. Fr. – assunto a sommarie informazioni – ha dato conto dell’assenza di lesioni ad organi vitali, ad esclusione di una piccola lacerazione al terzo segmento epatico, ma aveva sottolineato la potenziale compromissione di aorta e cuore ad opera del fendente, con possibile esito letale.
All’esito delle indagini, un coltello con caratteristiche sovrapponibili a quello impiegato per l’aggressione è stato trovato a bordo dell’auto di Bo.Si., la quale, assunta a sommarie informazioni, riferisce di avergli messo a disposizione l’automobile per lavori di trasloco dalla stessa affidati all’indagato.
Bi.Gi., la quale aveva assistito a tutta la scena, aveva descritto l’iniziale colluttazione tra indagato e Bi.Ba., il successivo intervento del fratello e il degenerare della situazione con In.Fr. il quale, ad un certo punto, afferrato un coltello prelevato da un anfratto dietro un muro, aveva sferrato i fendenti descritti.
Analoghe informazioni erano state fornite da Ca.Sh., che non era però in grado di riferire in quale momento i due Bi.Gi. e Bi.Ba. fossero stati feriti. Bi.Gi. intervenuto a supporto del fratello, a sua volta ferito nella colluttazione, aveva descritto analogamente l’accaduto, così emergendo un quadro istruttorio che, secondo il Tribunale, smentiva la tesi difensiva approntata dall’indagato, il quale aveva sostenuto che il coltello sarebbe stato portato sul luogo dei fatti da Bi.Gi. e che il ferimento era stato accidentale.
Invero, le immagini davano conto – evidenzia il Tribunale – della posizione distanziata di Bi.Gi., al momento del ferimento del fratello e quindi non direttamente coinvolto nella azione, nonché del fatto che i colpi erano stati deliberatamente sferrati all’addome di Bi.Ba. da parte dell’indagato.
Il Tribunale ha altresì preso in esame le dichiarazioni di So.Ma., vicina di casa deiBi.Ba. e Bi.Gi., a cui Bi.Ba., nell’emergenza, aveva affidato il proprio cellulare, giustificando l’incongruenza tra le dichiarazioni e le immagini tratte dal filmato effettuato da Bi.Gi. in merito alla sequenza degli accadimenti con la concitazione del momento.
Il Tribunale ha evidenziato, sulla scorta degli elementi indiziari, che l’indagato ha impiegato un coltello, che l’arma (probabilmente proveniente dall’auto di Bordonali) non era a disposizione dei due fratelli Bi.Gi. e Bi.Ba., entrambi colpiti per mano di In.Fr. con l’esito descritto.
Alla luce di tale quadro, è stata ritenuta la sussistenza della gravità indiziaria a carico dell’indagato per il reato contestato di tentato omicidio per la rapida sequenza di fendenti sferrati, la tipologia di arma impiegata, la parte del corpo colpita, la potenziale compromissione di cuore ed aorta e le possibili conseguenze lesive, ben più gravi di quelle verificatesi.
Ulteriore valenza istruttoria è stata rinvenuta nel contenuto di un messaggio chat inviato a Bi.Gi. dall’indagato poco dopo l’azione delittuosa, del seguente tenore “Speriamo che crepa questa merda di tossico…così s’allibbetta…” – e, con successivo invio – “Poi ci sono gli altri”.
Il Tribunale si è soffermato sul motivo di gravame volto al riconoscimento della legittima difesa, reale o putativa, significando che “le coltellate sono state inflitte quando l’indagato era in piedi e si era già sottratto alla presa di Bi.Ba. e pertanto non si è trattato di condotta diretta alla mera difesa personale, bensì di aggressione deliberatamente diretta a colpire l’avversario…la situazione concreta consentiva all’indagato altre soluzioni idonee ad evitare /’/ verificarsi dell’evento quali l’allontanamento dal luogo, e ancora la possibilità di respingere l’avversario senza l’impiego di armi.”.
A dispetto di tali opportunità, l’indagato aveva colpito la vittima, che si trovava a mani nude, con due primi colpi ed un terzo, di gravità maggiore.
È stata altresì esclusa la ravvisabilità della legittima difesa putativa, atteso che, alla luce delle chiare immagini, il Tribunale ha escluso che l’indagato potesse ritenere che i suoi avversari fossero armati, anzi, in quel momento, liberatosi della presa di Bi.Ba., si trovava a distanza del fratello, anch’egli a mani nude, sicché ben avrebbe potuto allontanarsi dal teatro della disputa, avendo invece preferito assestare i colpi di coltello.
Il Tribunale ha osservato come sia altresì inapplicabile l’art. 55 cod. pen., difettando tutti i presupposti di operatività della legittima difesa, del superamento colpevole dei cui limiti si nutre l’istituto dell’eccesso colposo, trovando nella specie ostacolo, tra l’altro, l’impiego di un coltello secondo le modalità descritte.
L’azione è stata ritenuta tale da escludere ogni profilo di erronea valutazione dell’azione difensiva e, parimenti, di errore esecutivo nel colpire, come evidenzia la direzione chiara e determinata dei fendenti.
Circa le esigenze cautelari, considerate le caratteristiche del reato, la personalità dell’indagato, il Tribunale ha osservato che la sola misura idonea a fronteggiare le esigenze di cautela sia la custodia in carcere, alla luce della condotta precedente all’episodio, della trasgressione delle prescrizioni relative alla misura del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla compagna, con le aggressioni alla stessa e la decisione di costei di lasciare la dimora comune, l’incapacità di accettare la fine della relazione, il tentativo di riavvicinarla e rifiuto della stessa, nonché delle persone presenti in loco, ha ritenuto, come stabilito nell’ordinanza genetica, che l’unica misura cautelare idonea fosse quella della custodia in carcere, considerata pure la mancata resipiscenza ed i precedenti penali per gravi reati quali violenza sessuale, rapina, sequestro di persona.
2. Con ricorso per cassazione, la difesa affida ai seguenti motivi, sintetizzati conformemente al disposto di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., la richiesta di annullamento dell’ordinanza impugnata.
2.1. Con il primo motivo, lamenta la violazione dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., in relazione all’art. 292 lett. c), c-bis) cod. proc. pen. per mancanza di motivazione e per manifesta illogicità della motivazione in relazione alla mancata riqualificazione del fatto quale reato di lesioni personali, ai sensi degli artt. 582,585 cod. pen.
A sostegno, si adduce la valutazione superficiale e parziale delle risultanze investigative, significando che, come riconosciuto dal Tribunale, il filmato dei fatti non ritrae la parte iniziale dello scontro (pag. 5 dell’ordinanza) e che la qualificazione giuridica degli accadimenti sarebbe unicamente affidata alla prognosi effettuata dal dott. Fr. egli ha tuttavia escluso pericolo di vita e relative complicanze per la vittima, limitandosi a precisare, in via di mera supposizione, che per la localizzazione del colpo e la sua profondità erano potenzialmente raggiungibili cuore ed aorta.
Segnala come anche il Tribunale abbia dato conto di alcune incongruenze nelle dichiarazioni di Bi.Gi. Bi.Gi. e Ca.Sh., nonché della non sovrapponibilità del filmato rispetto alle dichiarazioni di So.Ma., ritenendole superate dal contenuto informativo del filmato.
Ma, appunta la difesa, in tale incedere si anniderebbe la contraddizione, atteso che, in premessa, il Tribunale ha osservato come il filmato non fornisca l’integrale rappresentazione dei fatti, e che i dichiaranti sarebbero stati puntuali e affidabili nella narrazione, omettendo, tuttavia, di prendere in esame l’interesse in capo a Bi.Gi. – il cui comportamento sarebbe ambiguo, in relazione al suo rifiuto di installare il meccanismo di controllo del braccialetto elettronico a carico dell’indagato e per avere continuato a vivere con l’indagato – e Bi.Gi. , entrambi indagati di reato connesso, così trascurando di osservare l’art. 273, comma 1-bis, cod. proc. pen., laddove richiama il rispetto degli artt. 192, comma 3 e 4, cod. proc. pen.
In particolare, il Tribunale avrebbe trascurato la fase iniziale della vicenda, pur se essa si inscrive nell’ambito di una rissa cui hanno preso parte anche le due vittime dell’accoltellamento, tra l’altro sottostimando la circostanza che l’iniziale aggressione per mezzo del tubolare era stata compiuta ai danni dell’odierno indagato e ricorrente che era caduto a terra. Era seguita la colluttazione e l’arrivo di Bi.Gi. che aveva sferrato ripetuti e numerosi calci contro il ricorrente, calci che, illogicamente, il Tribunale ha riferito siano stati rivolti anche contro il fratello, a dispetto delle risultanze del filmato.
Secondo il ricorrente, il Tribunale avrebbe altresì affidato la decisione al contenuto delle dichiarazioni di Bi.Gi. e Ca.Sh., nonostante non abbiano dato conto dell’episodio dei calci sferrati all’indagato da Bi.Gi., così come ha ritenuto di trascurare l’eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni dello stesso, assunte in violazione dell’art. 351, comma 1 -bis, cod. proc. pen.
La difesa contesta, in definitiva, la correttezza della ricostruzione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di tentato omicidio, sostenendo che, alla luce del fatto che l’indagato aveva cessato di colpire, non appena si era reso conto di essere fuori pericolo, non poteva ritenersi la sussistenza del dolo diretto di omicidio, ma, al più, del dolo eventuale, incompatibile con il delitto tentato, trascurando, inoltre, le dichiarazioni dell’indagato che, ammesso l’uso del coltello, aveva escluso di avere agito con intenzione omicida, corroborata, secondo la difesa, dal contegno positivo in sede di interrogatorio, dalla consegna degli abiti indossati in occasione del fatto, della mancata asportazione del braccialetto elettronico in occasione del fatto, tale da consentire la sua localizzazione, dall’assenza di liti pregresse con le vittime.
Al fine della ricostruzione del dolo di omicidio, sarebbe inoltre dirimente la circostanza, invece trascurata dal Tribunale, relativa alla provenienza del coltello, di cui nessuno dei presenti aveva saputo dire, non essendo stato accertato con certezza se il coltello provenisse dall’auto di Bo.Si. In proposito, osserva che la mancata disponibilità dell’arma prima dell’accesso a casa dei Bi.Ba e Bi.Gi. sarebbe indicativa dell’assenza di rappresentazione in ordine alle condotte lesive da parte dell’indagato per contro, il Tribunale ha apoditticamente affermato che il coltello sequestrato coinciderebbe con quello utilizzato dall’aggressore, nonostante sull’arma non siano state reperite tracce ematiche.
In conclusione, alla luce di tale quadro, sarebbe stata necessaria una rinnovata valutazione da parte del Tribunale, con la configurabilità del meno grave reato di lesioni personali e, di conseguenza, la rivalutazione delle esigenze cautelari.
2.2. Con il secondo motivo, la difesa lamenta la violazione dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., in riferimento all’art. 292 lett. c), c-bis) cod. proc. pen. per mancanza o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla mancata applicazione degli artt. 52,55 cod. pen.
A sostegno, trovandosi accerchiato e in inferiorità numerica, abbia reagito, in modo proporzionato, all’aggressione subita ed occasionata dalla condotta dei due fratelli, avendo quindi impiegato il coltello per mera difesa, come riprova il trauma cranico diagnosticato allo stesso presso l’ospedale di Marsala e trascurato dal Tribunale.
Dovrebbe riconoscersi, quanto meno, che l’indagato aveva compiuto una azione lesiva più grave di quella voluta, a causa di un errore di valutazione e nelle modalità esecutive, avendo temuto per la propria incolumità che, ex ante, poteva essere stimata più grave di quella reale, così da potersi gradare la contestazione in quella di cui agli artt. 55,590 cod. pen.
2.3. Con il terzo motivo, la difesa si duole dell’assenza di esigenze cautelari, segnatamente in ordine al pericolo di reiterazione di reati della stessa indole, alla luce della specificità degli accadimenti, legati alla relazione tra indagato e Bi.Ba., fronteggiabili con la meno grave misura degli arresti domiciliari.
Lamenta la errata valutazione della personalità del ricorrente, alla luce della risalenza dei precedenti e contesta la mancata considerazione della idoneità della misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per intervenuta rinuncia da parte del ricorrente.
Ai sensi dell’art. 589, comma 2, cod. proc. pen., è stato trasmesso alla Corte di cassazione atto di rinuncia del 9 settembre 2025 da parte del procuratore speciale del ricorrente, corredato della relativa procura speciale a tale fine rilasciata in data 5 settembre 2025.
Ne consegue la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione ex art. 591, comma 1, lett. d), cod. proc. pen.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di Euro cinquecento in favore della Cassa delle ammende.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 D.Lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500 in favore della Cassa delle ammende.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 D.Lgs. n. 196/03 in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma il 12 settembre 2025.
Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2025.
