Massima

In tema di affidamento in prova a scopo terapeutico (art. 94 D.P.R. n. 309/1990), ai fini della concessione della misura alternativa, il Tribunale di sorveglianza è tenuto a compiere una valutazione prognostica completa e discrezionale della personalità del condannato.

Supporto alla lettura

RICORSO PER CASSAZIONE

Il ricorso per cassazione, nel processo penale, disciplinato dagli art. 606 e ss. c.p.c, è un mezzo di impugnazione ordinario, costituzionalmente previsto avverso i provvedimenti limitativi della libertà personale ed esperibile negli altri casi previsti dal codice di procedura penale, tramite il quale l’impugnante lamenta un errore di diritto compiuto dal giudice nell’applicazione delle norme di diritto sostanziale (c.d. error in iudicando) o di diritto processuale (c.d. error in procedendo).

Legittimata a ricorrere è la parte che vi abbia interesse e conseguentemente le parti necessarie quali l’imputato (a mezzo di difensore abilitato al patrocinio avanti le giurisdizioni superiori) e il pubblico ministero. Altresì, possono proporre ricorso anche le parti ritualmente costituite come la parte civile, civilmente responsabile, civilmente obbligato per la pena pecuniaria.

I giudici della Cassazione possono decidere soltanto nell’ambito dei motivi palesati dal ricorrente, in quanto il giudizio verte sulla fondatezza di tali motivi che devono corrispondere alle ipotesi tassativamente previste dall’art. 606 c.p.p.:

  • eccesso di potere;
  • error in iudicando;
  • error in procedendo;
  • mancata assunzione di una prova decisiva;
  • carenza o manifesta illogicità della motivazione.

Il ricorso può essere presentato da una parte o da un suo difensore, che deve essere iscritto ad un albo speciale predisposto dalla Corte stessa, (in mancanza viene nominato uno d’ufficio), quindi il Presidente della Cassazione assegna il ricorso ad una delle sei sezioni della Corte a seconda della materia e di altri criteri stabiliti dall’ordinamento giudiziario. Se rileva l’inammissibilità del ricorso, lo assegna alla VII Sezione Penale (c.d. Sezione Filtro), composta dai magistrati di Cassazione delle altre Sezioni Penali che vi si alternano a rotazione biennale. Entro 30 giorni la sezione adìta si riunisce in Camera di Consiglio e decide se effettivamente esiste la causa evidenziata dal Presidente, in mancanza rimette gli atti a quest’ultimo. Come nel procedimento civile, la Cassazione si riunisce a “Sezioni Unite” quando deve decidere una questione sulla quale esistono pronunce contrastanti della Corte di Cassazione stessa o per questioni di importanza rilevante.

Qualora non si proceda in camera di consiglio, l’art. 614 c.p.p. prevede l’ovvia fase dibattimentale. Particolarità è che la sentenza non viene emanata dopo la chiusura del dibattimento, ma subito dopo il termine dell’udienza pubblica. Tuttavia il presidente può decidere di differire la deliberazione ad un’udienza successiva se le questioni sono numerose o particolarmente importanti e complesse.

Sono quattro i tipi di sentenza che la Corte può emettere:

  • di inammissibilità;
  • di rigetto;
  • di rettificazione;
  • di annullamento (con rinvio o senza rinvio).

Come per il procedimento civile, anche nel processo penale è previsto il “ricorso per saltum“, cioè dal primo grado direttamente in Cassazione (art. 569 c.p.p.), è importante precisare che non si può ricorrere per saltum per i motivi alle lettere d) ed e) dell’art. 606 c.p.p. (prove non ammesse in giudizi di grado inferiore e per illogicità o motivazione carente nella sentenza) in quanto la Cassazione ha potere cognitivo di merito molto ristretto.

Ambito oggettivo di applicazione

SVOLGIMENTO

1. Con ordinanza del Tribunale di sorveglianza del 29 aprile 2025, è stata rigettata l’istanza avanzata da (Omissis), in espiazione della pena di due anni quattro mesi di reclusione e due anni e nove mesi di arresto, volta a ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale ai sensi dell’art. 47 Ord. pen. e quella avanzata ai sensi dell’art. 94 D.P.R. n. 309 del 1990, in relazione alla pena residua dell’arresto pari a due anni e nove mesi relativa ad una serie di violazioni dell’art. 186 Cod. strada.

Il Tribunale ha argomentato, a sostegno della decisione negativa, che, tenuto conto dei precedenti dell’imputato afferenti a varia tipologia di reati – tra cui, contravvenzioni al Codice della strada, delitti contro il patrimonio, reati di falso, violazione della disciplina degli stupefacenti – ed inoltre considerata la pendenza di numerosi procedimenti per reati sia contro il patrimonio, sia contro la persona, commessi tra il 2022 e 2023, doveva condividersi la decisione negativa assunta in via provvisoria dal Magistrato di sorveglianza in data 16 dicembre 2024, in quanto, nonostante il riscontro positivo contenuto nelle relazioni di sintesi e di aggiornamento redatto presso la Casa circondariale di V e del comportamento corretto tenuto in istituto, appariva necessario proseguire un ulteriore periodo di osservazione al fine di compiere un riflessione articolata in relazione ai comportamenti devianti.

I numerosi procedimenti pendenti e la tendenza ad agire impulsivamente, in assenza di adeguata riflessione critica, rendevano necessario, nell’avviso del Tribunale, un ulteriore periodo di osservazione e la prosecuzione del percorso presso il SERT all’interno dell’istituto, ciò che consentirà al condannato di offrire dimostrazione della serietà del proprio percorso rieducativo.

 

2. Con il ricorso, sintetizzato ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., la difesa lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento in ordine ai criteri per l’ammissione alla misura alternativa di cui all’art. 94 D.P.R. n. 309 del 1990, per la quale, anche secondo la giurisprudenza di legittimità, sono richiesti presupposti soggettivi e oggettivi e la necessaria valutazione prognostica eventualmente ostativa, non essendo corretta la mera valorizzazione dei precedenti a carico del condannato.

Evidenzia il ricorrente che il condannato, alla prima esperienza carceraria, ha tenuto una condotta detentiva regolare, presta lavoro come MOF, segue percorso riabilitativo presso il SERT interno, manifesta consapevolezza di necessitare percorso di emancipazione tossicomanica, per cui sarebbe nelle condizioni per fruire della misura di cui all’art. 94 d.RR. n. 309 del 1990.

Erroneamente, la decisione impugnata ha appuntato l’attenzione sul fatto che nei confronti del condannato sono pendenti diciotto procedimenti penali, capaci di determinare, ove definiti in senso sfavorevole, l’ulteriore allontanamento del fine-pena, ma tale assunto non sarebbe stato adeguatamente contestualizzato nel tempo, omettendo di considerare che trattasi di fatti anteriori al percorso detentivo e che, in tesi, potrebbero essere soggetti al riconoscimento della continuazione.

La decisione risulta inoltre avere disatteso il parere favorevole del SERT di V e avrebbe omesso di valutare, secondo le testuali considerazioni del ricorrente “la congruità dello stato carcerario rispetto alla natura dei reati per cui egli si trova in tale stato. Valutazione decisiva ai fini delLa decisione circa la concessione della misura ex art. 94 D.P.R. n. 309 del 1990”.

Conclude, pertanto, domandando l’annullamento, con o senza rinvio dell’ordinanza, in favore del condannato.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso, in quanto infondato, deve essere rigettato,

 

1.1. Infondato è l’unico motivo proposto dal ricorrente a sostegno dell’impugnazione che si limita a contestare la decisione, nella parte afferente al rigetto dell’affidamento in prova ed. terapeutico.

Il provvedimento, nel valutare discrezionalmente la richiesta del condannato ha rispettato i presupposti normativi di cui all’art. 94 cit., ha preso in considerazione sia gli elementi favorevoli, quali la corretta condotta intramuraria, caratterizzata dallo svolgimento di attività lavorativa e dal percorso di emancipazione dai problemi di dipendenza, sia i profili, ritenuti sfavorevoli con motivazione non illogica, esauriente e quindi incensurabile in sede di legittimità, che hanno determinato il rigetto della richiesta.

Il ricorrente appunta le doglianze in ordine alla assunta illogicità del provvedimento, contestando la valorizzazione delle pendenze giudiziarie a carico di (Omissis), rilievo che si appalesa, tuttavia, infondato.

Invero, ai fini della corretta e completa valutazione discrezionale demandata al Tribunale è necessario che sia preso in considerazione l’intero quadro di conoscenze relativo alla personalità del condannato, tra le quali, come ha correttamente osservato il Tribunale, non possono che assumere rilievo eventuali procedimenti pendenti a carico dello stesso, con particolare pregnanza in relazione alla gravità delle violazioni sub iudice.

 

1.2. Ciò premesso, il provvedimento impugnato offre ragioni puntuali e non illogiche, e quindi non censurabili in sede di legittimità, a sostegno del rigetto, dando conto, da un lato, della tendenziale inattitudine del condannato alla introspezione e alla riflessione circa le conseguenze delle condotte tenute, cui consegue la difficoltà a compiere un percorso di revisione critica del proprio operato, dall’altro, della serie di procedimenti pendenti, anche per reati gravi, quali maltrattamenti e stalking, espressione di una propensione alla violazione della legge penale da valutarsi in sede di ammissione alla misura alternativa.

Trattasi di profili che, come ha correttamente ritenuto il Tribunale, sono suscettibili di superare il parere favorevole rassegnato nella relazione dell’équipe dì osservazione, non vincolante per il Tribunale, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità con il seguente principio, risalente ma insuperato “In tema di affidamento in prova per fini terapeutici, per l’espresso richiamo dell’art. 94 del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 alle norme dell’ordinamento penitenziario, il Tribunale di sorveglianza, ai fini della concessione del beneficio, è tenuto a verificare, oltre che l’attualità dello stato di tossicodipendenza e l’esecuzione di un idoneo programma di recupero terapeutico, anche la sussistenza di elementi atti a giustificare un giudizio prognostico favorevole, ossia l’idoneità della misura ad escludere o rendere improbabile la ricaduta in condotte devianti, attraverso un esame della personalità del condannato, ancorato ad elementi oggettivamente sintomatici. (In motivazione la Corte ha precisato che tale principio trova applicazione anche in relazione a casi verificatisi prima della riforma introdotta con il D.L. 30 dicembre 2005 n. 272 convertito nella L. 21 febbraio 2006 n. 49).” (Sez. 1, Ordinanza n. 19782 del 11/04/2006, M., Rv. 233881-01).

Osserva altresì il Collegio che, come può essere revocata misura alternativa già concessa ove emergano reati commessi in precedenza dal condannato e fino a quel momento non noti, secondo il principio, consolidato e da ultimo così massimato “La revoca della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale in casi particolari, ex art. 94, comma 6, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, può essere disposta non soltanto per condotte successive all’inizio della sua decorrenza, ma anche quando emergano fatti antecedenti, non conosciuti dai Tribunale di sorveglianza, la cui gravità induce a rivalutare la prognosi favorevole alla concessione del beneficio. (Conf. n. 774 del 1996, Rv. 203979-01).” (cfr. Sez. 1, n. 16337 del 26/01/2024, M., Rv. 286240-01), analogamente la concessione della misura può trovare ostacolo in precedenti sub iudice, emersi in itinere, posto che sulla base di tali elementi è possibile formulare una puntuale valutazione circa la pericolosità sociale del condannato, trattandosi di elementi connotanti negativamente il comportamento del medesimo.

Tanto premesso, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 D.Lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.

 

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 D.Lgs. n. 196/03 in quanto imposto dalla legge.

 

Conclusione

Così deciso in Roma il 12 settembre 2025.

 

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2025.

Allegati

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