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Cassazione penale Sez. I, 25/09/2025, n. 31901

Massima

È inammissibile il ricorso per cassazione avverso un provvedimento del magistrato di sorveglianza, anche se incidente sulla libertà personale, qualora sia stato proposto personalmente dal condannato e non sottoscritto da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione.

Supporto alla lettura

RICORSO PER CASSAZIONE

Il ricorso per cassazione, nel processo penale, disciplinato dagli art. 606 e ss. c.p.c, è un mezzo di impugnazione ordinario, costituzionalmente previsto avverso i provvedimenti limitativi della libertà personale ed esperibile negli altri casi previsti dal codice di procedura penale, tramite il quale l’impugnante lamenta un errore di diritto compiuto dal giudice nell’applicazione delle norme di diritto sostanziale (c.d. error in iudicando) o di diritto processuale (c.d. error in procedendo).

Legittimata a ricorrere è la parte che vi abbia interesse e conseguentemente le parti necessarie quali l’imputato (a mezzo di difensore abilitato al patrocinio avanti le giurisdizioni superiori) e il pubblico ministero. Altresì, possono proporre ricorso anche le parti ritualmente costituite come la parte civile, civilmente responsabile, civilmente obbligato per la pena pecuniaria.

I giudici della Cassazione possono decidere soltanto nell’ambito dei motivi palesati dal ricorrente, in quanto il giudizio verte sulla fondatezza di tali motivi che devono corrispondere alle ipotesi tassativamente previste dall’art. 606 c.p.p.:

  • eccesso di potere;
  • error in iudicando;
  • error in procedendo;
  • mancata assunzione di una prova decisiva;
  • carenza o manifesta illogicità della motivazione.

Il ricorso può essere presentato da una parte o da un suo difensore, che deve essere iscritto ad un albo speciale predisposto dalla Corte stessa, (in mancanza viene nominato uno d’ufficio), quindi il Presidente della Cassazione assegna il ricorso ad una delle sei sezioni della Corte a seconda della materia e di altri criteri stabiliti dall’ordinamento giudiziario. Se rileva l’inammissibilità del ricorso, lo assegna alla VII Sezione Penale (c.d. Sezione Filtro), composta dai magistrati di Cassazione delle altre Sezioni Penali che vi si alternano a rotazione biennale. Entro 30 giorni la sezione adìta si riunisce in Camera di Consiglio e decide se effettivamente esiste la causa evidenziata dal Presidente, in mancanza rimette gli atti a quest’ultimo. Come nel procedimento civile, la Cassazione si riunisce a “Sezioni Unite” quando deve decidere una questione sulla quale esistono pronunce contrastanti della Corte di Cassazione stessa o per questioni di importanza rilevante.

Qualora non si proceda in camera di consiglio, l’art. 614 c.p.p. prevede l’ovvia fase dibattimentale. Particolarità è che la sentenza non viene emanata dopo la chiusura del dibattimento, ma subito dopo il termine dell’udienza pubblica. Tuttavia il presidente può decidere di differire la deliberazione ad un’udienza successiva se le questioni sono numerose o particolarmente importanti e complesse.

Sono quattro i tipi di sentenza che la Corte può emettere:

  • di inammissibilità;
  • di rigetto;
  • di rettificazione;
  • di annullamento (con rinvio o senza rinvio).

Come per il procedimento civile, anche nel processo penale è previsto il “ricorso per saltum“, cioè dal primo grado direttamente in Cassazione (art. 569 c.p.p.), è importante precisare che non si può ricorrere per saltum per i motivi alle lettere d) ed e) dell’art. 606 c.p.p. (prove non ammesse in giudizi di grado inferiore e per illogicità o motivazione carente nella sentenza) in quanto la Cassazione ha potere cognitivo di merito molto ristretto.

Ambito oggettivo di applicazione

SVOLGIMENTO

Il provvedimento negativo trova ragione nel fatto che il condannato, già destinatario di due diffide, non aveva dato prova di capacità di autogestione della misura e si era mostrato scarsamente rispettoso delle regole imposte.

Avverso il provvedimento di rigetto, è stato interposto reclamo al Tribunale di sorveglianza, significando l’irrilevanza, ai fini che occupano, delle diffide rivolte al condannato che aveva seguito un corretto percorso sia intra, sia extra murario e dovendo comunque prevalere le serie condizioni di salute del neonato, ricoverato presso il reparto di Terapia intensiva del nosocomio.

Il Tribunale, con provvedimento del 24 aprile 2025, rilevato che avverso il provvedimento con il quale il magistrato di sorveglianza decide sulla richiesta proposta da semilibero non è dato reclamo al Tribunale, ha riqualificato il reclamo come ricorso per cassazione, trattandosi di provvedimento incidente sulla libertà personale, quindi ricorribile ex art. 13 Cost.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso, in quanto presentato dal condannato personalmente, è inammissibile per inosservanza dell’art. 613 cod. proc. pen.

A seguito della novella apportata al codice di rito con legge n. 103 del 2017, il ricorso per cassazione non è proponibile personalmente dalla parte, ma deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione.

La novella ha interessato l’art. 613 cod. proc. pen., ma ha anche comportato il contestuale intervento sulla collegata disposizione di cui all’art. 571, comma 1, cod. proc. pen., che disciplina in via generale l’impugnazione dell’imputato mediante l’eliminazione, nel solo caso del ricorso per cassazione, della possibilità per l’imputato di proporre personalmente l’impugnazione.

In tema, si sono successivamente pronunciate le Sezioni Unite della Corte, affermando il seguente principio di diritto “Il ricorso per cassazione avverso qualsiasi tipo di provvedimento, compresi quelli in materia cautelare, non può essere proposto dalla parte personalmente, ma, a seguito della modifica apportata agli artt. 571 e 613 cod.proc. pen. dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione. (In motivazione, la Corte ha precisato che va tenuta distinta la legittimazione a proporre il ricorso dalle modalità di proposizione, attenendo la prima alla titolarità sostanziale del diritto all’impugnazione e la seconda al suo concreto esercizio, per il quale si richiede la necessaria rappresentanza tecnica del difensore)”.

È pertanto incontestabile l’operatività del principio anche nell’ambito del procedimento di sorveglianza, atteso che, come hanno evidenziato le Sezioni Unite Aiello, cit., “A fronte delle numerose, e fra loro assai diversificate, ipotesi di ricorso per cassazione, cui corrisponde una grande varietà sia dei provvedimenti avverso i quali siffatta impugnazione può essere proposta, sia dei soggetti in tal senso legittimati, v’è un dato che tutte le accomuna l’attribuzione della relativa potestà di cognizione ad un unico organo giurisdizionale, dinanzi al quale il processo segue regole costanti ed uniformi, la cui peculiarità dipende dalla natura stessa del giudizio di legittimità. È dunque la loro attribuzione alla Corte di cassazione, quale supremo organo di nomofilachia, ad esercitare una forza di attrazione unificante per la trattazione di tutte le ipotesi, siano esse codicistiche o extracodicistiche, di ricorso previste dall’ordinamento, imponendone, di conseguenza, l’applicazione di una disciplina omogenea ed unitaria,”. (Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, Aiello, Rv. 272010-01).

 

2. Nel caso in oggetto, l’impugnazione è stata proposta in data 16 aprile 2025 dalla parte personalmente, è stata registrata presso l’Ufficio matricola della Casa di reclusione a custodia attenuata di A il 17 aprile 2025 e, in quella sede, il condannato ha nominato quali difensori di fiducia gli avv. Piera Farina del Foro di L’Aquila e Giuseppe Giolitto del Foro di Bari, tuttavia non risultando che i difensori abbiano svolto alcuna attività defensionale.

Ne discende, pertanto, l’inammissibilità del ricorso, proposto personalmente da (Omissis).

Alla declaratoria di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 D.Lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.

 

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 D.Lgs. n. 196/03 in quanto imposto dalla legge.

 

Conclusione

Così deciso in Roma il 12 settembre 2025.

 

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2025.

Allegati

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