• Home
  • >
  • Cassazione penale Sez. I, 25/09/2025, n. 31898

Cassazione penale Sez. I, 25/09/2025, n. 31898

Massima

Qualora sia stato proposto appello avverso una sentenza inappellabile, come nel caso di condanna alla sola pena pecuniaria dell’ammenda per una contravvenzione punita con pena alternativa, la Corte di appello non deve dichiararne l’inammissibilità.

Supporto alla lettura

GIUDIZIO CARTOLARE DI APPELLO

L’art. 598-ter, comma IV, c.p.p. disciplina la situazione dell’imputato non appellante in caso di udienza non partecipata (art. 598-bis c.p.p.), prevedendo che la Corte di appello, qualora non sussistano le condizioni per procedere in sua assenza ai sensi dell’art. 420-bis, commi I, II e III, c.p.p. disponga la sospensione del processo e le nuove ricerche dell’imputato. Le ragioni di tale disciplina sono identiche a quelle con riferimento alla mancata partecipazione dell’imputato non appellante alle udienze partecipate: si intende, infatti, garantire l’effettiva conoscenza del processo da parte dell’imputato non appellante.

Tale disposizione di legge non contiene, invece, alcuna previsione per l’imputato appellante. Nè, tantomeno, si richiama la disposizione del comma 1 che consente di procedere in assenza dell’imputato appellante anche fuori dai casi previsti dall’art. 420-bis c.p.p. Sembra che tale silenzio normativo non sia frutto di una dimenticanza da parte del legislatore, ma sia, piuttosto, pienamente coerente con la nuova disciplina della forma dell’impugnazione e, soprattutto, con la diversa logica sottesa alla diversificazione del rito nel giudizio di appello.

Va, infatti, considerato, da un lato, che affinché l’impugnazione sia ammissibile, ove l’imputato sia stato giudicato in assenza in primo grado, è necessario che questi depositi specifico mandato ad impugnare (contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato ai fini della notificazione del decreto di citazione in giudizio) dopo la pronuncia della sentenza, elemento, questo, sintomatico di conoscenza certa della pendenza del processo e della sentenza stessa; dall’altro lato, va, inoltre, tenuto conto del fatto che, in caso di rito camerale non partecipato, il contraddittorio tra le parti è solo cartolare, ai sensi dell’art. 598-bis, comma I, c.p.p. e, in assenza di una tempestiva richiesta di partecipazione all’udienza, all’imputato è preclusa la possibilità di presenziare a detta udienza.

Ambito oggettivo di applicazione

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Bari ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da (Omissis) avverso la sentenza del Tribunale di Foggia che lo ha condannato alla pena pecuniaria pari a 200 Euro di ammenda, in relazione al reato di cui all’art. 679 cod. pen.

 

2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione (Omissis), per il tramite del difensore di fiducia, avv. (Omissis), deducendo due motivi di seguito indicati.

 

2.1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione per avere la Corte di appello ritenuto inappellabile la sentenza di condanna con cui è stata applicata la pena dell’ammenda in sostituzione dell’arresto, in quanto l’art. 593, comma 3, cod. proc. pen. come modificato dall’art. 34, comma 1, lett. a), d. Igs 22 ottobre 2022, n. 150 sancisce l’inappellabilità delle sole sentenze di condanna a pena originariamente prevista come ammenda.

Afferma il ricorrente che l’inappellabilità delle sentenze di condanna per reati contravvenzionali per le quali è stata applicata la sola pena dell’ammenda, riguarderebbe le sole contravvenzioni astrattamente punibili con la pena pecuniaria o con la pena alternativa e non anche con la pena congiunta, ciò anche se in concreto sia stata inflitta la sola pena pecuniaria dell’ammenda in sostituzione di quella detentiva. Nella fattispecie, la condanna ha riguardato la contravvenzione di cui all’art. 679 cod. pen. che prevede la pena dell’arresto e dell’ammenda.

 

2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente ha dedotto la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione nonché l’omessa valutazione di una prova fondamentale, eccependo l’erronea attribuzione al ricorrente della qualifica di gestore dell’impianto di distributore stradale carburanti oggetto di verifica da parte della G.D.F., diversamente da quanto risulta dal contratto di appalto.

 

3. Con requisitoria scritta, il Sostituto Procuratore generale, (Omissis), ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.

 

2. Posto che il tema dell’ambito di applicazione della regola della inappellabilità delle sentenze di condanna che applicano soltanto la pena pecuniaria, di cui all’art. 593, comma 3, cod. proc. pen, è oggetto di un contrasto di orientamenti giurisprudenziali, la cui soluzione è stata rimessa alle Sezioni Unite della Corte di cassazione con ordinanza n. 28154 del 2025 della Prima sezione penale, va, tuttavia, rilevato che, con riferimento alla fattispecie in esame che prevede alternativamente la pena pecuniaria detentiva, la Corte di appello di Bari ha correttamente ritenuto inappellabile la sentenza del Tribunale di Foggia che ha condannato il ricorrente alla sola pena pecuniaria per il reato di cui all’art. 679 cod. pen., in conformità al principio secondo cui non è appellabile, ma soltanto ricorribile per cassazione per violazione di legge, ai sensi dell’art. 111 Cost., la sentenza con cui venga irrogata la sola pena pecuniaria dell’ammenda per una contravvenzione per la quale è prevista alternativamente la pena detentiva o pecuniaria. (Fattispecie in tema di raccolta e trasporto di rifiuti urbani senza iscrizione nell’apposito albo). (Sez. 4, n. 53355 del 21/11/2018, Stojkovski, Rv. 274524 – 01).

Infatti, la parte largamente maggioritaria della giurisprudenza di legittimità, ritiene che l’art. 593, comma 3, cod. proc. pen. – laddove prevede l’inappellabilità delle sentenze di condanna, inerenti a contravvenzioni in relazione alle quali sia stata applicata la sola ammenda – ha inteso far riferimento alle contravvenzioni punibili con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa, non, invece, anche alle contravvenzioni la cui cornice edittale contempla la sanzione con pena congiunta.

La Corte di appello ha, però, errato nel farne derivare la declaratoria d’inammissibilità del gravame, in quanto una volta che sia stato proposto appello avverso una sentenza inappellabile, la corte di merito deve astenersi dal decidere e limitarsi a qualificare come ricorso l’impugnazione stessa, disponendo la trasmissione degli atti alla Corte di cassazione.

Questo Collegio, pur consapevole del diverso orientamento originato dalla pronuncia Sez. U, Sentenza n. 16 del 26/11/1997 (dep. 1998) Rv. 209336 – 01, ne rileva il suo superamento ad opera di Sez. U, n. 45371 del 31/10/2001, Bonaventura, Rv. 220221 – 01, secondo cui “in tema di impugnazioni, allorché un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l’atto deve limitarsi, a norma dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., a verificare l’oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonché l’esistenza di una “voluntas impugnationis”, consistente nell’intento di sottoporre l’atto impugnato a sindacato giurisdizionale, e quindi trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto giurisdizionale, al giudice competente. (Conf. SU, 31 ottobre 2001 n. 45372, De Palma, non massimata)”; (ex plurimis, conf. Sez. 5, n. 42578 del 27/09/2024, Rv. 287234- 02, Sez. 5, n. 313 del 20/11/2020, dep. 2021, Rv. 280168 – 01, Sez. 3, n. 40381 del 17/05/2019 Rv. 276934 – 01, Sez. 6, n. 38253 del 05/06/2018, Rv. 273738 – 01, Sez. 1, n. 33782 del 08/04/2013, Rv. 257117 – 01, Sez. 5, n. 21581 del 28/04/2009, 243888-01, Sez. 3, n. 2469 del 30/11/2007, dep. 2008, Rv. 239247 – 01).

Di conseguenza, nel caso in cui la Corte di appello abbia – com’è avvenuto nella specie – pronunciato la sentenza d’inammissibilità, avverso la quale sia proposto ricorso per cassazione, la Corte di cassazione deve annullare senza rinvio la sentenza impugnata e ritenere il giudizio, qualificando l’originario gravame come ricorso per cassazione (Sez. 5, n. 4016 del 19/09/2000, Rv. 217738); in senso analogo, Sez. 3, n. 50305 del 10/11/2023, Rv. 285540 – 01, Sez. 7, n. 15321 del 06/06/2016, dep. 2017, Rv. 269696 – 01.

 

3. Pertanto, alla luce dei principi esposti, l’ordinanza impugnata deve essere annullata e l’atto di appello va qualificato come ricorso per cassazione, dovendo disporsi il rinvio a nuovo ruolo per la decisione sul predetto ricorso.

 

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e, qualificato l’atto di appello come ricorso per cassazione, dispone il rinvio a nuovo ruolo per la decisione sul predetto ricorso.

 

Conclusione

Così deciso in Roma il 6 giugno 2025.

 

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2025.

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi