Svolgimento del processo
1. Con ordinanza emessa in data 15 aprile 2025 il Tribunale di sorveglianza di Milano ha respinto il reclamo proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano contro il provvedimento con il cui il magistrato di sorveglianza di Pavia, in data 07 febbraio 2025, ha concesso a (omissis) un permesso per partecipare, quale attore e componente di una compagnia teatrale, ad uno spettacolo da organizzare presso un teatro di Voghera, in data da definirsi.
Il Tribunale ha preso atto che il detenuto aveva partecipato a due spettacoli svolti all’interno del carcere di Voghera, e che la DDA di Napoli, richiesta perché il soggetto è detenuto per reati di cui all’art. 4-bis Ord. pen., pur avendo espiato la pena ad essi relativa, aveva espresso parere negativo stante il suo profilo e il suo mancato ravvedimento, ma ha ritenuto che non siano state prospettate esigenze di sicurezza, da ritenersi comunque tutelate stante la presenza della scorta assicurata dalla polizia penitenziaria, e che il profilo dell’art. 30 Ord. pen. debba essere esteso oltre le esigenze familiari, fino a comprendere specifiche esigenze trattamentali rispondenti alla finalità di umanizzazione della pena, potendo l’attività prospettata assumere rilievo nell’operazione di rieducazione e risocializzazione del detenuto.
2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Milano, articolando un unico motivo, con il quale deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’art. 30 Ord. pen.
Il Tribunale ha fornito una motivazione in contrasto con il testo normativo dell’art. 30 Ord. pen. e con la giurisprudenza di legittimità, che collega la concessione del permesso a eventi eccezionali e relativi ai propri familiari. Si tratta di una norma che risponde all’esigenza di umanizzazione dell’esecuzione della pena, ma non può essere applicata al di fuori dei casi specificamente descritti dal legislatore. La concessione del permesso motivata solo affermando che la partecipazione ad uno spettacolo teatrale da svolgersi fuori dal carcere è rilevante per il graduale reinserimento del detenuto nella società stravolge la funzione del permesso di necessità, che non è finalizzato al recupero sociale e alla rieducazione del detenuto, funzione svolta invece dal permesso-premio di cui all’art. 30-fer Ord. pen.
3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato, e deve essere accolto.
2. L’art. 30 Ord. pen. stabilisce la concedibilità di permessi “nel caso di imminente pericolo di vita di un familiare” o, al secondo comma, “eccezionalmente per eventi familiari di particolare gravità”. È evidente, pertanto, che la norma è finalizzata a permettere al detenuto il mantenimento dei rapporti familiari, in attuazione del precetto dell’art. 28 Ord. pen., secondo cui deve essere dedicata “particolare cura… a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie”, anche consentendo loro di prendere parte, con le opportune cautele, ad eventi familiari gravi, o comunque tali da eccedere l’ordinarietà. Questa Corte ha stabilito, infatti, che “Ai fini della concessione del permesso di necessità previsto dall’art. 30, comma secondo, ord. pen., rilevano i requisiti dell’eccezionalità della concessione, della particolare gravità dell’evento giustificativo e della correlazione dello stesso con la vita familiare, la cui sussistenza deve essere accertata tenendo conto dell’idoneità del fatto ad incidere nella vicenda umana del detenuto, mentre la pericolosità del richiedente e la gravità dei fatti da lui commessi possono venire in rilievo esclusivamente ai fini della predisposizione di apposite cautele esecutive” (Sez. 1, n. 33400 del 29/04/2024, Rv. 286695).
L’istituto previsto dalla norma, pertanto, deve necessariamente avere correlazione con la vita familiare del detenuto, altri essendo gli istituti o le procedure stabiliti dal legislatore per consentire al medesimo di partecipare attivamente a specifici percorsi trattamentali, o di coltivare interessi affettivi, culturali o di lavoro: l’art. 27 Ord. pen. favorisce l’organizzazione di attività culturali, sportive o ricreative, anche nel quadro del trattamento rieducativo dei detenuti, l’art. 17 Ord. pen. prevede la possibilità di aprire a soggetti privati e associazioni pubbliche la partecipazione all’azione rieducativa, anche consentendo loro l’accesso all’istituto penitenziario, e infine l’art. 30-fer Ord. pen. consente la concessione di permessi – premio, finalizzati a permettere ai detenuti di curare i predetti interessi, diversi dal rapporto familiare.
La previsione, nell’ordinamento penitenziario, di istituti e procedure che consentono di attuare specifici percorsi trattamentali e di rispondere alle esigenze di rieducazione e risocializzazione del detenuto rende erronea l’interpretazione estensiva dell’istituto di cui all’art. 30, comma 2, Ord. pen. suggerita dal Tribunale di sorveglianza e, ancor prima, dal magistrato di sorveglianza, in quanto non vi è, da parte del legislatore, una totale chiusura alle predette esigenze, che potrebbe rendere giustificata un’interpretazione costituzionalmente orientata delle diverse norme vigenti.
Nell’interpretazione di una norma, il giudice deve sempre rispettare la volontà del legislatore, pur valutando la conformità della stessa alle garanzie costituzionali: la pronuncia Sez. U, n. 1626/2021, Bottari, in riferimento ad una interpretazione estensiva delle regole relative alla presentazione di un ricorso, ha ribadito che essa “non può… tradursi nell’attribuzione al diritto vivente di una potestà integrativa della voluntas legis”, con l’ulteriore precisazione secondo cui “in presenza di un univoco tenore letterale della norma deve ritenersi precluso il ricorso ad un’interpretazione “adeguatrice” e, nel caso di dubbio circa la sua conformità ai principi costituzionali o convenzionali internazionali, si dovrebbe necessariamente lasciare spazio unicamente al sindacato di legittimità costituzionale”.
3. Nel presente caso, l’interpretazione dell’art. 30, comma 2, Ord. pen. suggerita dal Tribunale di sorveglianza ha comportato, invece, lo stravolgimento di tale norma, stabilendone l’applicabilità a casi del tutto diversi da quelli decisi dal legislatore e attribuendole una finalità che il legislatore ha previsto per altre norme dell’ordinamento penitenziario. Tale interpretazione, inoltre, ha comportato, di fatto, la disapplicazione dell’art. 30-ter Ord. pen., consentendo la concessione di un permesso equivalente ad un permesso-premio a detenuti i quali, come esplicitamente dichiarato nell’ordinanza, non potevano fruirne. La motivazione di tale decisione, di permettere in tal modo la partecipazione del detenuto ad un’iniziativa trattamentale utile per il suo processo di risocializzazione, non può consentire una simile violazione delle norme, potendo e dovendo tale iniziativa essere organizzata con modalità diverse, strutturate sulla base delle esigenze e delle possibilità di partecipazione del singolo detenuto.
Deve ribadirsi, pertanto, il principio già stabilito da questa Corte, secondo cui “È illegittimo un permesso di necessità finalizzato a consentire al detenuto di partecipare ad un evento rientrante nel programma trattamentale e tuttavia non riconducibile alla sua sfera familiare. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato la concessione di un permesso di necessità ad un detenuto affinché potesse presenziare, con scorta, ad una mostra d’arte promossa dall’amministrazione penitenziaria nell’ambito di un progetto di inclusione contemplante attività esterne anche per detenuti non aventi i requisiti per fruire di permessi-premio)” (Sez. 1, n. 38220 del 01/04/2019, Rv. 276846).
4. Per i motivi esposti il ricorso deve pertanto essere accolto, e il provvedimento emesso dal Tribunale di sorveglianza di Milano, nonché quello, di analogo contenuto, emesso dal magistrato di sorveglianza di Pavia in data 07 febbraio 2025, devono essere annullati senza rinvio, essendo palese l’estraneità della situazione dedotta all’ambito di applicabilità dell’art. 30 Ord. pen.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e quella del magistrato di sorveglianza oggetto di reclamo.
Così deciso in Roma il 12 settembre 2025.
Depositata in Cancelleria il 23 settembre 2025.
