Svolgimento del processo
1. (omissis) ricorre avverso l’ordinanza depositata il 28 novembre 2024 della Corte di appello di Milano, che ha rigettato l’istanza ex art. 11 legge 26 luglio 1975, n. 354 con la quale il detenuto aveva chiesto di essere visitato a proprie spese da un odontoiatra di sua fiducia, evidenziando la necessità di sottoporsi a cure odontoiatriche.
La Corte di appello ha rilevato la genericità dell’istanza in ordine alla natura della cura da svolgere e alla effettiva praticabilità del relativo intervento in ambito carcerario.
2. Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 11 Ord. pen., e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, perché la Corte di appello avrebbe esercitato un sindacato non consentito sulle ragioni dell’effettiva necessità della visita del detenuto da parte di un professionista esterno, nonché esercitato un potere autorìzzatorio che la legge non gli attribuiva, essendo già intervenuta la pronuncia della sentenza di primo grado.
Motivi della decisione
1. Il ricorso deve essere accolto per la fondatezza della questione inerente la competenza funzionale a decidere sull’istanza, che ha carattere assorbente rispetto alle questioni prospettate.
2. Giova in diritto premettere che, in tema di ordinamento penitenziario, il provvedimento di rigetto reso dal giudice che procede ai sensi dell’art. 11, comma 12, legge 26 luglio 1975, n. 354, concernente la richiesta del detenuto di essere visitato da un sanitario di sua fiducia, è ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. Ili, comma 7, Cost., in quanto incidente sul diritto alla salute – diritto inviolabile della persona – del soggetto che patisce la restrizione carceraria (Sez. 6, n. 32583 del 13/07/2022, C., Rv. 283620).
Giova, altresì, evidenziare che, ai sensi dell’art. 11, comma 12, Ord. pen, “i detenuti e gli internati, possono richiedere di essere visitati a proprie spese da un esercente di una professione sanitaria di loro fiducia. L’autorizzazione per gli imputati è data dal giudice che procede, e per gli imputati dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, per i condannati e gli internati è data dal direttore dell’Istituto. Con le medesime forme possono essere autorizzati trattamenti medici, chirurgici e terapeutici da effettuarsi a spese degli interessati da parte di sanitari e tecnici di fiducia nelle infermerie o nei reparti clinici e chirurgici all’interno degli istituti, previ accordi con l’azienda sanitaria competente e nel rispetto delle indicazioni organizzative fornire dalla stessa”.
Si evince, dunque, dal dettato letterale di tale disciplina, che i detenuti e gli internati possono chiedere dì essere visitati a proprie spese da un medico dì fiducia senza che ricorrano limiti o condizioni, se non la necessità di curarsi, necessità che presuppone l’accertamento sanitario delle proprie condizioni; soltanto per gli imputati, ovverosia per i detenuti per i quali pende il processo, la norma richiede l’autorizzazione del giudice che procede (peraltro, soltanto fino alla sentenza di primo grado) e ciò all’evidente finalità non già di sindacare in qualche modo l’iniziativa individuale di sottoporsi a visita e cura, ma all’esclusivo fine di delibare (e quindi motivare) se l’iniziativa dell’imputato possa in qualche modo avere incidenza negativa sugli accertamenti processuali in corso (Sez. 1, n. 17084 del 31/01/2024, Marinacci, non mass.).
Nel caso di specie, pertanto, essendo già intervenuta la pronuncia della sentenza di primo grado, competente a giudicare sull’istanza ex art. 11, comma 12, Ord. pen. era il Direttore dell’Istituto.
3. In forza di quanto sopra, la Corte deve annullare senza rinvio il provvedimento impugnato.
4. In caso di diffusione del presente provvedimento la cancelleria deve omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, in quanto imposto dalla legge.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma il 6 febbraio 2025.
Depositata in Cancelleria il 14 aprile 2025.
