Massima

Il giudice dell’esecuzione, nel valutare l’istanza di unificazione di pene concorrenti, non può rigettare la richiesta di cumulo “allargato” (comprendente anche pene già espiate) basandosi genericamente sul carattere ostativo dei reati. Al contrario, è tenuto a verificare l’esistenza di un concreto e attuale interesse del condannato, tenendo in considerazione le specifiche differenze tra le varie tipologie di reati ostativi, che possono influenzare l’accesso a misure alternative alla detenzione, come previsto dall’art. 4-bis dell’Ordinamento Penitenziario. Un’omissione di tale valutazione costituisce un vizio di motivazione che rende l’ordinanza illegittima.

Supporto alla lettura

ART. 41 BIS E 4 BIS ORDINAMENTO PENITENZIARIO

Il 41 bis ord.pen. dispone il regime di detenzione speciale del cd. carcere duro che limita in modo significativo i diritti del detenuto, come le visite, le comunicazioni e la possibilità di partecipare ad attività ricreative con l’obiettivo di impedire che i detenuti possano continuare a mantenere contatti con l’esterno, in particolare con i gruppi criminosi di appartenenza. Il 41-bis, viene applicato in presenza di specifici reati indicati proprio dall’articolo della legge penitenziaria in questione. Si tratta, naturalmente, di crimini considerati più gravi a livello legale e sono quelli:
• aventi finalità di terrorismo;
• di associazione a delinquere di stampo mafioso;
• commessi per agevolare l’attività delle associazioni mafiose;
• di riduzione o mantenimento in schiavitù;
• di sfruttamento della prostituzione minorile;
• di tratta di persone;
• di acquisto o alienazioni di schiavi;
• di violenza sessuale di gruppo;
• di sequestro di persona a scopo di rapina o estorsione;
• di associazione a delinquere per contrabbando di tabacchi lavorati all’estero;
• di associazione a delinquere per traffico di sostanze psicotrope o stupefacenti.

Invece, il 4-bis ord. pen. elenca una serie di reati cd. ostativi e  riguarda le condizioni e i termini per l’accesso ai benefici previsti dalla legge n. 354/1975   per chi è condannato per reati di mafia o terrorismo, in particolare in relazione alla collaborazione con la giustizia. Il d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modifiche, dalla l. 30 dicembre 2022, n. 199, ha novellato l’art. 4-bis ord. pen., prendendo le mosse dall’ord. n. 97 del 2021 (e prima ancora dalla Corte EDU), con la quale la Corte costituzionale ha accertato – senza però dichiararla – l’illegittimità del c.d. ergastolo ostativo, statuendo la necessità di superare l’equazione “mancata collaborazione-pericolosità sociale-divieto assoluto di accesso ai benefici”.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 15 aprile 2025 la Corte di appello di Palermo, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza, presentata da Ignazio A.A., volta a sindacare il diniego opposto dal locale Procuratore generale alla richiesta di emissione, nei suoi confronti, di un provvedimento di esecuzione di pene concorrenti comprendente anche quelle che, al momento di commissione dell’ultimo reato, erano già state espiate.

A tal fine, ha osservato che il carattere ostativo dei reati per i quali A.A. ha riportato sia le pene già integralmente scontate che quelle ancora da eseguire lo priva di interesse all’adozione del provvedimento invocato, dal quale non potrebbe discendere alcun effetto a lui favorevole.

2. A.A. propone, con il ministero dell’avv. Riccardo Bellotta, ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, con il quale deduce vizio di motivazione ascrivendo alla Corte di appello di avere omesso di considerare che la formazione di un unico cumulo, comprendente anche le pene già espiate al tempo di commissione dell’ultimo reato, gli consentirebbe un più agevole accesso ai benefici penitenziari, posto che le sanzioni già scontate sono state inflitte per reati ostativi cc.dd. “di seconda fascia”, mentre quella ancora da eseguire attiene, invece, a reato astati va c.d. “prima fascia”.

3. Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato e, pertanto, deve essere accolto.

2. La giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che “Ai fini dell’esecuzione di pene concorrenti, vanno inserite nel cumulo, non solo tutte le pene che non risultino ancora espiate alla data di commissione dell’ultimo reato, ma anche quelle già espiate che comunque possano avere un riflesso sul criterio moderatore di cui all’art. 78 cod. peno o sul cumulo materiale, anche in vista della maturazione dei requisiti temporali per l’ammissione ad eventuali benefici penitenziari” (Sez. 1, n. 26601 del 07/05/2024, Stranieri, Rv. 286604 -01; Sez. 1, n. 20207 del 27/03/2018, Tasca, Rv. 273141 -01).

La formazione di un cumulo comprendente anche le pene già interamente eseguite è consentita, dunque, in ragione del contingente e concreto interesse del condannato a conseguire, grazie a tale operazione, un risultato utile, quale il contenimento della sanzione complessiva o dei tempi di accesso alle misure alternative alla detenzione.

3. Nel caso di specie, la Corte di appello ha ritenuto che l’istante non possa trarre alcun vantaggio dalla formazione di un cumulo esteso, oltre che alla pena ancora da espiare, a quelle già scontate, giacché, trattandosi, in tutti i casi, di reati ostativi, il prospettato escamotage si rivelerebbe, dal punto di vista effettuale, inutile, posto che A.A. non sarebbe, comunque, abilitato ad essere, al cospetto dei presupposti di legge, ammesso ad una misura alternativa alla detenzione in termini più favorevoli rispetto a quanto accadrebbe nel caso di inserimento nel provvedimento di esecuzione di pene concorrenti della sola pena espianda.

Il ragionamento appare, però, fallace nella parte in cui trascura che, stando alla prospettazione del ricorrente, la condanna più recente discende dalla commissione del delitto ex art. 74 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, compreso tra i reati per cui, ai sensi dell’art. 4-bis, commi 1 e l-bis, legge 26 luglio 1975, n. 354, le misure alternative alla detenzione (fatta eccezione per la liberazione anticipata) possono essere concesse solo nel caso di collaborazione con la giustizia effettiva o impossibile o inesigibile ovvero in presenza delle condizioni indicate al menzionato comma 1-bis, mentre le pene già espiate sono state inflitte anche per reato, quale quello di rapina aggravata, con riferimento al quale il comma l-ter dell’art. 4-bis consente l’ammissione ai benefici de quibus agitur al cospetto di requisiti diversi e meno stringenti, specie in chiave di distribuzione dell’onere probatorio.

Stando così le cose, deve, quindi, stimarsi che la comune appartenenza dei reati commessi da A.A. al genere dei delitti ostativi non determini necessariamente il venir meno del suo interesse alla formazione del cumulo “allargato” e che il provvedimento reso dal giudice dell’esecuzione sia, pertanto, affetto dal dedotto vizio di legittimità.

4. Le precedenti conclusioni impongono, in conclusione, l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Palermo per un nuovo giudizio -libero nell’esito ma emendato dal segnalato profilo critico -volto a verificare se ed in quale misura A.A. possa trarre utilità, in vista dell’eventuale ammissione ad una misura alternativa alle detenzione, dalla formazione di un unico cumulo, comprensivo di tutte le pene indicate con l’istanza introduttiva dell’incidente di esecuzione.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Palermo.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 18 giugno 2025.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2025.

Allegati

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