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Cassazione penale sez. I, 12/09/2024, n. 40232

Massima

Il possesso di un coltello, giustificato da motivi lavorativi, non esclude il reato di porto abusivo di arma se avviene in un luogo estraneo all’attività lavorativa.

Supporto alla lettura

PORTO ABUSIVO DI ARMI

Il porto abusivo di un’arma può integrare un illecito penale sanzionato rispettivamente dagli artt. 699 c.p. e 4. L. 110/1975. Nello specifico, l’art. 699 c.p. stabilisce la pena dell’arresto da 3 a 18 mesi per chiunque, senza la licenza dell’autorità, quando la licenza è richiesta, porta un’arma fuori dalla propria abitazione; è punito altresì con l’arresto da 18 mesi a 3 anni chi, fuori della propria abitazione, porta un’arma per cui non è ammessa licenza (es. coltello); l’art. 4 della legge 110/1975 sancisce che, “senza giustificato motivo, non possono portarsi fuori dalla propria abitazione o dalle appartenenze di essa, bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta o da taglio atti ad offendere, mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche (….)”, pena l’arresto da sei mesi a due anni e l’ammenda da 1.000 a 10.000 €.

Per armi si intendono quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona, tutti gli strumenti atti ad offendere, dei quali è dalla legge vietato il porto d’armi in modo assoluto, ovvero senza giustificato motivo, le bombe e qualsiasi macchina o involucro contente materie esplodenti, i gas asfissianti o accecanti.

Debbono considerarsi armi, sia pure improprie, tutti quegli strumenti, anche non da punta o da taglio, che, in particolari circostanze di tempo e di luogo, possano essere utilizzati per l’offesa alla persona.

Il discrimine tra l’arma impropria, il cui possesso al di fuori dell’abitazione è sanzionato ex art. 4 legge 110/1975, e l’arma propria, per cui non è ammessa licenza e il cui porto integra il reato di cui all’art. 699 comma 2 c.p., è costituito dalla presenza delle caratteristiche tipiche delle armi bianche corte (es. pugnali o stiletti).

Ambito oggettivo di applicazione

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Trani in composizione monocratica ha ritenuto (omissis) colpevole del reato di cui all’art. 4 legge 18 aprile 1975, n. 110 (come da imputazione per aver portato fuori dalla propria abitazione, senza giustificato motivo, detenendolo presso la sezione fallimentare del Palazzo di giustizia di (omissis), un coltello a punta, con lama richiudibile delle dimensioni di centimetri 14,5 e manico di 17,5) e, per l’effetto, lo ha condannato alla pena di Euro mille di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali, nel contempo ordinando la confisca e distruzione di quanto in sequestro.

2. Ricorre per cassazione (omissis), a mezzo dell’avv. (omissis), deducendo tre motivi, che vengono di seguito riassunti, entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Con il primo motivo, viene denunciata violazione di legge, nonché travisamento della prova e mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione, quanto alla affermazione di penale responsabilità a carico dell’imputato, in ragione dell’omesso riconoscimento del giustificato motivo, in relazione al contestato possesso del coltello. Il coltello del quale l’imputato è stato trovato in possesso, infatti, non era certo destinato a essere adoperato all’interno del Palazzo di giustizia, ma serviva allo svolgimento delle funzioni lavorative del (omissis) (si vedano le dichiarazioni rese da (omissis), datore di lavoro dell’imputato, nonché la busta paga del ricorrente, depositata in atti).

2.2. Con il secondo motivo, viene denunciata violazione di legge, nonché travisamento della prova e mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione, quanto alla affermazione di penale responsabilità nei confronti del (omissis), stante la mancata dimostrazione di un finalismo lesivo della condotta. La decisione impugnata, in realtà, non considera come il coltello sia stato lasciato dall’imputato all’interno del marsupio, posto poi all’interno del metal detector installato all’ingresso del Tribunale; una circostanza, questa, che depone univocamente per l’assenza di qualsiasi finalità offensiva, a corredo della condotta ascritta.

2.3. Con il terzo motivo, si lamenta inosservanza e/o erronea applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., nonché mancanza, contraddittorietà e/o illogicità della motivazione, in forza della quale è stata esclusa la particolare tenuità del fatto. Trattavasi di una condotta rientrante nell’ambito delle funzioni lavorative del soggetto, oltre che priva di lesività e non abituale.

3. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Va evidenziato, in via preliminare, come le censure sintetizzate in parte narrativa si sviluppino sul piano del fatto e siano tese a sovrapporre una nuova interpretazione delle risultanze probatorie, diversa da quella recepita nell’impugnata decisione, più che a rilevare un vizio rientrante nella rosa di quelli delineati dall’art. 606 cod. proc. pen. Tale operazione, con tutta evidenza, fuoriesce dal perimetro del sindacato valutativo rimesso al giudice di legittimità. Secondo la linea interpretativa da tempo tracciata da questa Corte regolatrice, infatti, l’epilogo decisorio non può essere invalidato sulla base di prospettazioni alternative, che sostanzialmente si risolvano in una “mirata rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di nuovi e differenti canoni ricostruttivi e valutativi dei fatti, asseritamente da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perché illustrati come maggiormente plausibili,; o perché assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa, nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., rv. 280601; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, rv. 235507).

3. Con riferimento alla prima doglianza, a mezzo della quale il ricorrente lamenta la mancata considerazione, da parte del Tribunale, della giustificazione fornita dal prevenuto circa il possesso del coltello, rileva il Collegio che – nella motivazione della sentenza impugnata – risultano invece ben esposte le ragioni assunte a suffragio di tale convincimento.

Esibendo infatti un apparato motivazionale esaustivo, lineare e del tutto coerente con i canoni della logica e con i principi di diritto ripetutamente enucleati in sede di legittimità, il Tribunale di Trani ha valorizzato il dato oggettivo, rappresentato dal ritrovamento del coltello nella disponibilità del (omissis); la giustificazione da questi resa, in ordine a tale fatto, è peraltro intervenuta a posteriori, dato che il soggetto, nell’immediatezza, nulla aveva dichiarato in merito.

3.1. Viepiù, aggiunge condivisibilmente il Tribunale, il possesso per ragioni di lavoro può astrattamente integrare un giustificato motivo, ma a patto che tale condotta si svolga nel luogo in cui si esplica l’attività lavorativa del possessore, o anche in luoghi che occorra comunque attraversare, per ivi giungere o per allontanarsene; nulla legittima, al contrario, il possesso dell’arma all’interno del Palazzo di giustizia, ossia in un luogo del tutto estraneo allo svolgimento dell’attività lavorativa dell’imputato.

Ciò rende chiara – ad avviso del Giudice di merito – la radicale fragilità della spiegazione fornita a discolpa. Tali considerazioni svolte dal Tribunale dimostrano – con tutta evidenza – come il porto del coltello fosse privo di giustificazione, non potendo nel caso di specie assumere alcuna valenza, in senso positivamente apprezzabile, l’asserito utilizzo per ragioni di lavoro.

3.2 La difesa, del resto, aggredisce tale struttura argomentativa con deduzioni di tipo meramente reiterativo e fattuale, non atte a disarticolare la congrua e logica motivazione della sentenza impugnata.

4. Coerente e giuridicamente ineccepibile si appalesa, parimenti, anche la motivazione della sentenza impugnata, circa il dedotto profilo della mancata destinazione dell’arma al compimento di atti eteroaggressivi. Trattasi di aspetto totalmente avulso dalla struttura del contestato paradigma normativo, che ha riguardo, invece, al solo versante della offensività in astratto della condotta. Il motivo deve reputarsi, in definitiva, inammissibile in quanto aspecifico e confutativo.

Deve essere disattesa, pertanto, anche la seconda censura contenuta nell’atto di impugnazione.

5. Quanto al terzo motivo di ricorso, esso si risolve nella mera rivisitazione delle ragioni in base alle quali – in ipotesi difensiva – la sentenza del Tribunale dovrebbe essere riformata, attraverso l’emissione di sentenza ai sensi e per gli effetti dell’art. 131-bis cod. pen. Lungi quindi dall’evidenziare vizi effettivamente deducibili in sede di legittimità, la difesa non riesce a oltrepassare lo stadio della semplice prospettazione di una difforme lettura degli atti, arrestandosi ad una richiesta di sostanziale rivisitazione nel merito.

Il Tribunale, contrariamente alle deduzioni difensive, ha del resto reputato non applicabile il richiamato istituto ex art. 131-bis cod. pen., valorizzando le caratteristiche intrinseche dell’arma (un coltello a serramanico in acciaio), nonché le circostanze complessive del fatto, connotato dall’ingresso in un edificio pubblico.

6. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre che di una somma, che si stima equo fissare in Euro tremila, in favore della Cassa delle ammende (non ravvisandosi elementi per ritenere il ricorrente esente da colpe, nella determinazione della causa di inammissibilità, conformemente a quanto indicato da Corte cost., sentenza n. 186 del 2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2024.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2024.

Allegati

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