RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Milano ha dichiarato inammissibile l’istanza volta ad ottenere da parte dell’imputato le misure alternative alla detenzione della detenzione domiciliare e dell’affidamento in prova al servizio sociale cd. terapeutico, significando che, in data 18 aprile 2024, era stata revocata la misura dell’affidamento in prova al servizio sociale e che, pertanto, ricorre la causa preclusiva di cui all’art. 58-quater l. n. 354 del 1975.
Precedentemente, il Magistrato di sorveglianza, in ordine all’istanza di affidamento terapeutico provvisorio di cui all’art. 94 d.P.R. n. 309 del 1990, ha rappresentato che:
-si tratta di pena in espiazione (fine pena 15.12.2025), non superiore a sei anni di reclusione e che non ricomprende reati cd. ostativi ai sensi dell’art. 4- bis legge n. 354 del 1975;
-l’istanza è ammissibile, alla luce dell’attestazione del S.E.R.D. e del programma di recupero comunitario, dichiarato idoneo dall’istituto in oggetto.
Tuttavia, a fronte della sospensione, con efficacia ex tunc, della misura alternativa per gravi inadempimenti, anche di rilievo penale, preceduta da plurime diffide non seguite da alcun effetto, il Magistrato di sorveglianza osserva che è lecito dubitare della seria volontà di intraprendere un percorso di recupero e che tale condotta è indice di pericolosità del soggetto, incapace di sottostare alle prescrizioni, per cui ha rigettato la richiesta, trasmettendo gli atti al Tribunale, che, come esposto, ha dichiarato l’istanza inammissibile con il provvedimento impugnato.
2. Interpone ricorso la difesa, censurando, con l’unico motivo di ricorso, la decisione per inosservanza, erronea applicazione della legge penale (art. 606 lett. a) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 58-quater I. n. 354 del 1975, 94 d.P.R. n. 309 del 1990.
Espone il ricorrente che, con istanza difensiva del 20 novembre 2024, era stata richiesta l’applicazione provvisoria della detenzione domiciliare, richiesta dichiarata inammissibile per la preclusione di cui all’art. 58-quater legge n. 354 del 1975, posto che era precedentemente intervenuta, alla data del 8 aprile 2024, la revoca dell’affidamento in prova cd. terapeutico nei confronti del condannato.
Con successiva istanza del 18 febbraio 2025, era stata avanzata richiesta di affidamento in prova ex art. 94 d.P.R. n. 309 del 1990, con contestuale domanda di applicazione provvisoria, domanda rigettata dal Magistrato di sorveglianza, sul rilievo che «l’esecuzione del programma di recupero fosse preordinato al conseguimento del beneficio».
Ad avviso del ricorrente, il Tribunale, disposta riunione dei procedimenti, con provvedimento 8 aprile 2025 ha dichiarato inammissibile la domanda, con la procedura di cui agli artt. 666, comma 2, 678 cod. proc. pen., in assenza, quindi, di contraddittorio.
Nel merito, si osserva che il Tribunale sarebbe incorso in errore in quanto, ancorchè fosse stata disposta la revoca di una misura alternativa, la preclusione non opera nel caso in cui sia richiesta l’applicazione dell’affidamento cd. terapeutico, non menzionata tra quelle misure per cui è prevista la conci izione ostativa.
3. Il Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice Generale, (omissis), ha chiesto che il ricorso sia accolto, limitatamente alle statuizioni concernenti l’affidamento in prova ai sensi dell’art. 94 d.P.R. n. 309 del 1990.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere accolto, limitatamente all’affidamento in prova cd. terapeutico, mentre, nel resto, deve essere dichiarato inammissibile.
1.1. Come evidenzia il ricorrente, nell’interesse di (omissis) sono state avanzate due distinte istanze:
– istanza di detenzione domiciliare in data 20 novembre 2024, dichiarata inammissibile ai sensi dell’art. 58-quater Ord. pen.;
– istanza di affidamento in prova cd. terapeutico presso la Comunità terapeutica (omissis) con richiesta di applicazione provvisoria, datata 25 febbraio 2025;
1.2. Con decreto del 8 aprile 2025, il Tribunale di sorveglianza, investito delle richieste, ha dichiarato inammissibili le istanze, sul rilievo della sussistenza, ai sensi dell’art. 58-quater Orci. pen., della preclusione all’ammissione alle misure.
2. Limitatamente alla declaratoria di inammissibilità dell’istanza di affidamento in prova cd. terapeutico, il ricorso è fondato, alla luce del tenore dell’art. 58-quater cit., che non menziona, tra le misure rispetto a cui opera la preclusione alla concessione dei benefici penitenziari nei confronti di condannato cui sia stata revocata una delle misure alternative alla detenzione indicate (affidamento in prova, detenzione domiciliare, semilibertà), l’affidamento in prova di cui all’art. 94 d.P.R. n. 309 del 1990.
2.1. La disposizione di cui all’art. 58-quater, comma 2, Ord. pen. sancisce il divieto di concessione di lavoro esterno, permessi premio, affidamento in prova al servizio sociale di cui all’art. 47, detenzione domiciliare e semilibertà, al condannato nei cui confronti sia stata revocata una misura alternativa ex artt. 47, comma 11, 47-ter, comma 6, 51, comma 1, Orci. pen., norme che afferiscono agli istituti indicati.
Si tratta di disposizione che stabilisce una preclusione rispetto alla nuova concessione delle misure alternative indicate a carico del condannato nei cui confronti sia stata in precedenza disposta la revoca di una misura alternativa, ma che non contiene alcuna preclusione, per colui cui sia stata revocata la misura, all’istanza di affidamento cd. terapeutico.
2.2. In proposito, il Collegio concorda con la giurisprudenza che, superando una precedente lettura, frutto di una interpretazione estensiva della disposizione, secondo cui l’art. 58-quater I. n. 354 del 1975 prevederebbe divieto anche in riferimento all’affidamento in prova terapeutico, osserva: «Tale secondo orientamento esegetico non pare condivisibile per una molteplicità di ragioni. Innanzitutto occorre sottolineare che dall’interpretazione letterale e logico sistematica dell’art. 94 citato si evince che in esso è contenuta, al sesto comma, una clausola di chiusura che opera un generico rinvio, “per quanto non diversamente stabilito”, alla disciplina prevista dalla I. 26 luglio 1975, n. 354 e successive modifiche. Tale clausola di salvezza non può intendersi limitata a norme particolari contenute nel d.P.R. n. 309 del 1990 e deve intendersi estesa ad ogni disposizione dello stesso ordinamento penitenziario che faccia specifico riferimento a singoli e diversi istituti in coerenza con il principio che la legge speciale deroga a quella generale, laddove il contrario non sia espressamente stabilito. Ne consegue che l’affidamento terapeutico di cui all’art. 94, d.P.R. n. 309 del 1990, per quanto non espressamente previsto dal citato testo unico in materia di stupefacenti, trova la sua fonte di disciplina nella l. n. 354 del 1975, art. 47 e successive modifiche. Tale conclusione, peraltro, non consente di affermare che, in virtù del rinvio operato del d. P.R. n. 309 del 1990, art. 94, comma 6, alle norme di ordinamento penitenziario “per quanto non diversamente stabilito”, comprenda anche l’estensione degli effetti impeditivi derivanti dalla revoca di altra misura alternativa previsti dalla l. n. 354 del 1975, art. 58-quater, comma 2. Tali effetti sono, infatti, espressamente limitati, ai sensi del combinato disposto del secondo e del comma 1 del citato art. 58-quater, all’affidamento in prova al servizio sociale (art. 47), alla detenzione domiciliare (art. 47-ter) e alla semilibertà (art. 51). L’espresso rinvio all’affidamento in prova al servizio sociale “nei casi previsti dall’art. 47”, presente nell’art. 58-quater, comma 1, sin dal testo originario introdotto con il d.l. n. 152 del 1991 è obiettivamente e univocamente indicativo della espressa esclusione dell’affidamento in prova terapeutico, già previsto nell’art. 47-bis e, successivamente, trasfuso nel d.P.R. n. 309 del 1990, atteso che l’ordinamento penitenziario non prevede ulteriori e diverse forme di affidamento in prova.».
2.3. Il Collegio condivide la ricostruzione dell’istituto tratteggiata nella precedente decisione, ove si afferma altresì che «Tale approdo ermeneutico appare coerente con i principi enunciati dalla Corte Costituzionale (ordinanza n. 367 del 1995 e sentenza n. 377 del 1997) secondo cui l’affidamento in prova in casi particolari, “pur inserendosi come species del genus de/l’affidamento in prova già previsto dall’ordinamento penitenziario, rappresenta una risposta ( … ) differenziata dell’ordinamento penale” che trova la sua giustificazione nella “singolarità della situazione dei suoi destinatari”, ossia le persone tossicodipendenti o alcooldipendenti. Nell’affidamento in prova terapeutico, fondato su presupposti specifici ed autonomi (accertato stato di tossicodipendenza ed idoneità del programma terapeutico ai fini del recupero del condannato) assume, quindi, un rilievo preminente la cura dello stato di tossicodipendenza ed il recupero da tale condizione. In tale contesto ed avuto riguardo alla preminente finalità di recupero sottesa all’istituto disciplinato dall’art. 94, d.P.R. n. 309 del 1990, si spiega la scelta legislativa di non attribuire rilievo all’esito negativo di un’altra misura che, a differenza dell’affidamento terapeutico, non sia modulata sullo stato di tossicodipendenza.».
2.4. In proposito, assume rilievo decisivo la disposizione di cui all’art. 94, comma 6, d.P.R. citato che, con riferimento all’affidamento cd. terapeutico, prevede l’applicabilità, per quanto non diversamente stabilito, della disciplina prevista dalla legge n. 354 del 1975 che necessita, pertanto, di puntuale raccordo con le previsioni speciali, contenute nel d.P.R. n. 309 del 1990, ispirate alla valorizzazione della finalità terapeutica che la misura assume nell’intento di perseguire la risocializzazione del condannato affetto da dipendenza.
3. In definitiva, il Collegio concorda con la richiamata giurisprudenza di legittimità, dovendosi pertanto ribadire che il divieto di concessione di benefici penitenziari al condannato nei cui confronti sia stata disposta la revoca di una misura alternativa, previsto dall’art. 58-quater, comma 2, legge n. 354 del 1975 e successive modifiche, non opera per l’affidamento in prova in casi particolari di cui all’art. 94, d.P.R. n. 309 del 1990, atteso che tale misura alternativa alla detenzione non è espressamente menzionata tra quelle per cui si applica la previsione ostativa di cui al citato art. 58-quater, disposizione non suscettibile di interpretazione analogica. (Sez. 1, n. 6287 del 23/10/2014 (dep. 2015), Santamaria, Rv. 262825-01).
4. Dal quadro normativo evocato, discende la correttezza della decisione impugnata nella parte in cui è stata dichiarata inammissibile l’istanza di concessione della detenzione domiciliare, avanzata ai sensi dell’art. 47-ter, comma 1-bis, Ord. pen., sul rilievo che la concessione di tale misura alternativa è preclusa, secondo il disposto di cui all’art. 58-quater, comma 2, Ord. pen., al condannato nei cui confronti siano stati revocati affidamento in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare e semilibertà.
Diversamente, il ricorso deve essere accolto e disposto l’annullamento con rinvio, in parte qua, al Tribunale di sorveglianza di Milano, con riferimento alla declaratoria di inammissibilità dell’istanza di affidamento in prova in casi particolari ex art. 94, d.P.R. n. 309 del 1990 avanzata dal condannato.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d.lgs. n. 196 del 2003, in quanto imposto dalla legge.
P.Q.M.
Annulla il decreto impugnato limitatamente all’affidamento in prova cd. terapeutico, con rinvio per un nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Milano. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d.lgs. n. 196 del 2003, in quanto imposto dalla legge.
Così deciso il 20 giugno 2025.
Depositata in Cancelleria l’11 luglio 2025.
