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Cassazione penale sez. I, 05/10/2022, n.9991

Massima

Integra il delitto di peculato e non quello di furto militare aggravato la condotta del militare che si appropri di una somma di denaro smarrita, affidatagli per ragioni di servizio dalla persona che l’aveva rinvenuta.

Supporto alla lettura

PECULATO

Si tratta di un reato proprio, potendo essere commesso da un soggetto che riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.

Presupposto del reato è il possesso o la disponibilità di beni mobili altrui per ragione del proprio ufficio o servizio:

  • possesso: la dottrina è concorde nel ritenerlo quale potere di fatto sul bene, direttamente collegato ai poteri e ai doveri funzionali dell’incarico ricoperto;
  • disponibilità del bene: rinvia alla possibilità di disporre della cosa a prescindere dalla materiale detenzione della stessa. Anche la mera disponibilità giuridica è idonea ad integrare, sussistenti gli altri elementi, il reato in esame.

 

Sia il possesso che la detenzione devono trovare la loro ragione nell’ufficio o nel servizio svolto dal soggetto pubblico. Si postula, dunque, che l’agente pubblico, in relazione al bene, sia titolare di poteri e doveri nel momento in cui realizza la condotta tipica.

Il peculato è reato plurioffensivo, nel senso che ad essere lesi dalla condotta sono sia il regolare e buon andamento della P.A. che gli interessi patrimoniali di quest’ultima e dei privati, pur incentrandosi il disvalore essenziale della condotta nell’abuso delle facoltà connesse alla qualifica pubblica rivestita in ordine alla destinazione di risorse di cui si dispone per ragione del proprio ufficio o servizio.

L’elemento psicologico è rappresentato dal dolo generico, consistente nella coscienza e nella volontà dell’appropriazione. Il reato si consuma nel momento in cui ha luogo l’appropriazione dell’oggetto materiale altrui da parte dell’agente, la quale si realizza con una condotta incompatibile con il titolo per cui si possiede, a prescindere dal verificarsi di un danno patrimoniale, trattandosi di condotta comunque lesiva dell’ulteriore interesse tutelato dall’art. 314 c.p., che si identifica nella legalità, imparzialità e buon andamento della P.A.

La seconda parte dell’art 314 c.p. ha ad oggetto il peculato d’uso che interviene sulla condotta del Pubblico ufficiale che si impossessa del denaro o della cosa per farne un uso momentaneo e la restituisca immediatamente. Si tratta per questo motivo di un reato meno grave, punito con una pena decisamente meno severa.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 18 gennaio 2022 il Tribunale Militare di Verona ha condannato (omissis), appuntato scelto in congedo, in servizio, all’epoca dei fatti, presso la stazione dei Carabinieri di (omissis), per i reati di cui ai capi a) (furto militare aggravato di cui all’art. 230 c.p.m.p., commi 1 e 2, art. 47 c.p.m.p.) e b) (violata consegna aggravata di cui all’art. 120 c.p.m.p. e art. 47 c.p.m.p., comma 2), alla pena di mesi otto di reclusione militare concessa la circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4 considerata prevalente.

2. Avverso detta sentenza ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello, denunciando tre vizi.

2.1.Con il primo motivo si denuncia erronea applicazione di legge penale.

Si rileva che si tratta del delitto di peculato di cui all’art. 314 c.p., comma 1 ricondotto, dal Tribunale Militare, a quello di furto aggravato con riferimento al capo a).

Nella specie soggetto passivo della condotta non è né l’Amministrazione militare né un militare, ma il privato, cioè la persona che aveva smarrito il portafogli all’interno del quale vi era il danaro di cui il militare si è appropriato ed al quale l’oggetto era stato affidato per ragioni di servizio.

Si richiamano in tal senso precedenti di legittimità in termini (Sez. 6, Rv. 262458; Rv. 272926; Rv. 253194).

Al militare va attribuita la qualifica di pubblico ufficiale e, quindi, deve essergli ascritto il reato comune di cui all’art. 314 c.p..

2.2. Con il secondo motivo si denuncia erronea applicazione di legge penale e processuale.

La giurisdizione appartiene al Tribunale ordinario stante la diversa qualifica del reato sub a) come reato comune invocata dal ricorrente, secondo quanto illustrato con il primo motivo di ricorso, con conseguente attribuzione della cognizione al giudice ordinario ed esclusione di quella dello speciale Tribunale militare, ai sensi dell’art. 103 Cost., u.c..

2.3. Con il terzo motivo si denuncia erronea applicazione di legge penale processuale, quanto al capo b).

Opera nel caso al vaglio, essendo riconosciuta la continuazione, il principio della connessione di cui all’art. 12 c.p.p., lett. b) per il quale, in presenza del più grave reato comune di cui all’art. 314 c.p., anche la giurisdizione sul reato militare appartiene al tribunale ordinario.

Si richiamano precedenti in termini, tra cui Sez. U del 23 giugno 2016, Zimarmani, Rv. 269588.

Si chiede, quindi, che la Corte di legittimità affermi che la giurisdizione per il reato militare di violata consegna connesso al reato più grave comune di cui all’art. 314 c.p. appartiene al giudice ordinario e non a quello speciale militare.

3. Il Sostituto Procuratore generale, Dott. (omissis), ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza e la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cesena.

Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.

1. Deve preliminarmente rilevarsi che, nel caso al vaglio, la condotta ascritta all’imputato e per la quale ha riportato condanna, con riferimento al capo a) della rubrica (furto militare) attiene alla sottrazione, da parte di un militare, comandato quale militare di servizio alla caserma, di una somma di danaro contenuta in un portafogli consegnato in caserma da un cittadino che lo aveva rinvenuto sulla pubblica via.

1.1. Tanto premesso, si osserva che la qualificazione della condotta ascritta all’imputato deve essere quella di peculato, di cui all’art. 314 c.p. e non quella furto militare aggravato, come invece ritenuto dal giudice di merito, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario e non di quello specializzato.

Invero secondo la giurisprudenza costante di questa Corte (tra le altre, Sez. 6, n. 9660 del 12/02/2015, Zonca, Rv. 262458, richiamata dal ricorrente e dal Sostituto Procuratore generale nella requisitoria scritta) in tema di peculato, il possesso qualificato dalla ragione dell’ufficio o del servizio non è solo quello che rientra nella competenza funzionale specifica del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, ma anche quello che si basa su un rapporto che consenta al soggetto di inserirsi di fatto nel maneggio o nella disponibilità della cosa o del denaro altrui, rinvenendo nella pubblica funzione o nel servizio anche la sola occasione per un tale comportamento.

Tale principio è stato affermato da questa Corte con riferimento ad una pronuncia di merito del tutto aderente al caso al vaglio e che aveva qualificato in termini di peculato la condotta di appropriazione del danaro, contenuto in un portafogli smarrito dal titolare, posta in essere dal carabiniere che aveva ricevuto in consegna il portafogli dall’autore del rinvenimento.

Del resto, in relazione al reato di peculato, il possesso qualificato dalla ragione d’ufficio o di servizio non è solo quello rientrante nella specifica competenza funzionale dell’agente, ma anche quello derivante da prassi e consuetudini invalse nell’ufficio che permettano di maneggiare od avere la disponibilità materiale del bene, e che, dunque, trova nella funzione o nel servizio l’occasione del suo verificarsi (in tal senso, Sez. 6, n. 19424 del 03/05/2022, Grasso, Rv. 283161.

1.2. Nel caso al vaglio, poi, deve rilevarsi che soggetto passivo della condotta in addebito non è né l’Amministrazione militare né un militare, ma il privato, cioè la persona che aveva smarrito il portafogli all’interno del quale vi era il danaro di cui il militare si è appropriato ed al quale l’oggetto era stato affidato per ragioni di servizio (o, comunque, ove svolte con esito negativo le ricerche del titolare del bene rinvenuto, ai sensi dell’art. 927 c.c. il sindaco del luogo, figura istituzionale preposta a ricevere le cose rinvenute, come segnalato dal Sostituto Procuratore generale militare).

In ogni caso, non si tratta, quanto alla cosa rinvenuta, di oggetto appartenente all’amministrazione militare, presupposto necessario per la configurabilità del reato di peculato militare di cui all’art. 215 c.p.m.p..

2.A tali considerazioni deve aggiungersi la conclusione secondo la quale stante la diversa qualificazione della condotta sub a), trattandosi del delitto di cui all’art. 314 c.p. questo, come dedotto, è connesso ai sensi dell’art. 12 c.p.p., lett. b) con il reato meno grave, contestato al capo b), di violata consegna, con conseguente attrazione della giurisdizione anche su detto reato militare al giudice ordinario (Sez. U, n. 18621, del /06/2016, Zimarmani, Rv. 269588).

3. Consegue l’annullamento della impugnata sentenza, senza rinvio, con trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Forlì, risultando Cesena, luogo di commissione dei fatti, rientrare nella competenza territoriale di quell’Ufficio.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Forlì.Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2022.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2023

Allegati

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