Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Milano ha rigettato il reclamo proposto da Fo.Vi., detenuto per reati ostativi di “prima fascia” ex art. 4-bis legge 26 luglio 1975, n. 354 (ord. pen.) e sottoposto al regime speciale dell’art. 41-bis ord. pen., avverso l’ordinanza del Magistrato di sorveglianza di Milano in data 18 giugno 2024 che ha dichiarato inammissibile la richiesta di permesso premio ex art. 30-ter ord. pen., mancando i presupposti di legge, come recentemente precisati e modificati dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199.
2. Ricorre Fo.Vi., a mezzo del difensore avv. Pasqualino Miraglia, che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato, denunciando la violazione di legge, anche sotto il profilo della incostituzionalità delle norme applicabili.
2.1. Con il primo motivo pone la questione della legittimità costituzionale della nuova disciplina, introdotta dall’art. 1, comma 3, D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla Legge 30 dicembre 2022, n. 199, secondo la quale l’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione (con l’unica eccezione della liberazione anticipata) possono essere concessi al detenuto o internato sottoposto a regime speciale di detenzione previsto dall’articolo 41-bis ord. pen. solamente dopo che il provvedimento applicativo di tale regime speciale sia stato revocato o non prorogato.
Invoca i parametri costituzionali degli artt. 3,13 e 27 Cost: il primo, perché il mancato accesso ai benefici deriva da un provvedimento amministrativo; il secondo, perché la riforma del 2022 ha aggravato la posizione del ricorrente che aveva subito condanna per fatti anteriormente commessi; il terzo, perché viene violato il principio di rieducazione della pena, impedendo una effettiva valutazione da parte del giudice per la fruizione dei benefici penitenziari.
2.2. Il secondo motivo denuncia l’inapplicabilità del più rigoroso regime sopravvenuto a chi, come Fo.Vi., sia stato condannato per delitti commessi prima dell’entrata in vigore del testo modificato.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. Sulla prima questione, è utile richiamare l’orientamento di legittimità (Sez. 1, n. 28618 del 20/02/2024, Bruzzise, n.m.) che, in primo luogo, ritiene estensibili alla nuova disciplina gli approdi della Corte Costituzionale e della Corte EDU, svolgendo i seguenti rilievi.
“I giudici di legittimità hanno svolto, in proposito, argomentazioni che il Collegio condivide e fa proprie, affermando, in conclusione, che non sussiste “anche secondo la giurisprudenza consolidata della Corte EDU, alcuna incompatibilità strutturale tra l’adozione di un regime carcerario differenziato (dettato dalla necessità di neutralizzare l’allarme sociale derivante dal mantenimento da parte del detenuto di relazioni con l’esterno del carcere) e i contenuti della citata norma convenzionale, attesa la natura temporanea della misura, l’esistenza per il detenuto di spazi minimi e incomprimibili di relazionalità e controllo giurisdizionale sulle ragioni giustificatrici del provvedimento originario e delle eventuali sue proroghe e sulla tipologia delle limitazioni imposte” (Sez. 1, n. 44149 del 19/04/2016, Sarcone, Rv. 268294 – 01). La conclusione non muta in ragione della disposizione, introdotta dall’art. 1, comma 3, D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla Legge 30 dicembre 2022, n. 199, secondo cui l’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione (con l’unica eccezione della liberazione anticipata) possono essere concessi al detenuto o internato sottoposto a regime speciale di detenzione previsto dall’articolo 41-bis solamente dopo che il provvedimento applicativo di tale regime speciale sia stato revocato o non prorogato”.
Inoltre, la pronuncia Bruzzise, cit., – con particolare riguardo all’eccezione di illegittimità costituzionale relativa alla richiesta di permesso premio, quale quella in esame – ha ulteriormente precisato che: “La manifesta infondatezza, per questa parte, della proposta questione di legittimità costituzionale è, peraltro, ulteriormente attestata dall’assenza, nel nuovo testo dell’art. 41-bis, di significativi elementi di novità, sotto l’aspetto considerato, rispetto alla formulazione previgente. Se è vero, infatti, che, sul piano astratto, non sussisteva, prima dell’intervento modificativo del 2022, una formale ed ineludibile incompatibilità tra la sottopostone al regime differenziato e l’accesso ai permessi premio, sicché le relative richieste dovevano essere vagliate nel merito e non dichiarate tout court inammissibili (in questo senso, cfr., nella giurisprudenza di legittimità, Sez. 1, n. 42723 del 07/10/2021, Zagaria, Rv. 282155 – 01; Sez. 1, n. 21946 del 08/06/2020, Apicella, Rv. 279373 – 01), non va trascurato, per converso, che la stessa Corte costituzionale, con l’ordinanza n. 197 del 2021, ha posto l’accento sul legame tra il regime di cui all’art. 41-bis e l’impossibilità di accesso ai benefici penitenziari, laddove ha precisato che l’applicazione del regime di cui all’art. 41-bis presuppone l’attualità dei collegamenti con organizzazioni criminali e che “In costanza di assoggettamento a tale regime, l’accesso ai benefici penitenziari non risulta possibile, e di certo non è compatibile con una valutazione di ‘sicuro ravvedimento’ ex art. 176 cod. pen.”). In questo modo, la Corte costituzionale ha offerto una nitida indicazione che il legislatore ha recepito, adattando la disciplina dell’istituto alle sue connotazioni strutturali sulle quali, va conclusivamente ribadito, la riforma del 2022 non ha inciso in misura significativa”.
Se ne deve desumere la manifesta infondatezza della questione posta dal ricorrente che è “peraltro, ulteriormente attestata dall’assenza, nel nuovo testo dell’art. 41-bis, di significativi elementi di novità, sotto l’aspetto considerato, rispetto alla formulazione previgente”.
2.1. Da ciò discende la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate al primo motivo di ricorso.
3. Il secondo motivo ha a oggetto l’inapplicabilità del più rigoroso regime sopravvenuto a chi, come Fo.Vi., sia stato condannato per delitti commessi prima dell’entrata in vigore del testo modificato.
3.1. Esso è infondato alla luce delle argomentazioni svolte dalla pronuncia Buzzise, cit., che ha ricordato la natura non sostanziale della disciplina dei permessi che non consente di applicare la previgente disciplina, così come interpretata dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 1, n. 41549 del 19/09/2024 Celona, n.m.), resa con riferimento al diverso tema della disciplina applicabile ai detenuti e internati la cui collaborazione sia impossibile o inesigibile e che hanno commesso i reati ostativi prima dell’entrata in vigore della modifica normativa, ha ritenuto applicabili le disposizioni di cui all’art. 3 D.L. 162 del 2022 (ovvero la disciplina previgente) e non il rigoroso standard probatorio contenuto nell’art. 4-bis, comma 1-bis, ord. pen., vigente.).
La decisione Celona, cit. ha svolto i seguenti rilievi con riguardo all’eccezione di legittimità costituzionale relativa alla richiesta di permesso premio, proposta dal ricorso definito con la detta pronuncia (ovvero la medesima questione posta dal ricorso in esame): “Ha, pertanto, circoscritto l’eccezione alla richiesta di permesso premio – istituto che, ha affermato la Corte costituzionale nella pronuncia sopra indicata, non determina una trasformazione della natura della pena da eseguire -che, per effetto del mutato quadro normativo, applicabile in forza del principio tempus regit actum (in questo senso, cfr. Sez. 1, n. 38278 del 20/04/2023, Perrone, Rv. 285203 – 01), è destinata ad essere dichiarata, giocoforza, inammissibile perché proveniente da soggetto sottoposto a regime detentivo differenziato. Per tale via, ha, dunque, ammesso, quantomeno implicitamente, che la preclusione all’accesso ai permessi premio non vale ad integrare un mutamento, nel complessivo regime sanzionatorio, di portata tale da determinarne la sostanziale trasformazione e, di conseguenza, ad introdurre elementi di novità idonei a giustificare la rivisitazione delle conclusioni, sopra evocate, raggiunte, ancora in tempi recenti, dalla Corte costituzionale in ordine alla compatibilità tra la disciplina disegnata dall’art. 41-bis Legge 26 luglio 1975, n. 354, e la riserva di giurisdizione prevista dall’art. 13, secondo comma, Cost. La manifesta infondatezza, per questa parte, della proposta questione di legittimità costituzionale è, peraltro, ulteriormente attestata dall’assenza, nel nuovo testo dell’art. 41-bis, di significativi elementi di novità, sotto l’aspetto considerato, rispetto alla formulazione previgente. Se è vero, infatti, che, sul piano astratto, non sussisteva, prima dell’intervento modificativo del 2022, una formale ed ineludibile incompatibilità tra la sottopostone al regime differenziato e l’accesso ai permessi premio, sicché le relative richieste dovevano essere vagliate nel merito e non dichiarate tout court inammissibili (in questo senso, cfr., nella giurisprudenza di legittimità, Sez. 1, n. 42723 del 07/10/2021, Zagaria, Rv. 282155 – 01; Sez. 1, n. 21946 del 08/06/2020, Apicella, Rv. 279373 – 01), non va trascurato, per converso, che la stessa Corte costituzionale, con l’ordinanza n. 197 del 2021, ha posto l’accento sul legame tra il regime di cui all’art. 41-bis e l’impossibilità di accesso ai benefici penitenziari, laddove ha precisato che l’applicazione del regime di cui all’art. 41-bis presuppone l’attualità dei collegamenti con organizzazioni criminali e che “In costanza di assoggettamento a tale regime, l’accesso ai benefici penitenziari non risulta possibile, e di certo non è compatibile con una valutazione di ‘sicuro ravvedimento’ ex art. 176 cod. pen.”). In questo modo, la Corte costituzionale ha offerto una nitida indicazione che il legislatore ha recepito, adattando la disciplina dell’istituto alle sue connotazioni strutturali sulle quali, va conclusivamente ribadito, la riforma del 2022 non ha inciso in misura significativa”.
Il che porta a ritenere che, attenendo le disposizioni in materia di permesso premio alle semplici modalità di esecuzione della pena, esse non hanno natura di norme penali sostanziali: e, quindi, correttamente è stata ritenuta l’inammissibilità della richiesta di permesso.
Parimenti corretta è l’affermazione – desumibile dalla decisione impugnata – che la tutela delle ragioni del detenuto sottoposto a regime differenziato, in caso di mutamento della sua pericolosità, debba trovare la propria sede naturale in occasione di revoca della sottoposizione al detto regime.
4. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, il 5 febbraio 2025.
Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2025.
