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Cassazione penale sez. feriale, 12/09/2025, n. 30640

Massima

L’obbligo di procedere all’interrogatorio preventivo dell’indagato prima dell’applicazione di una misura cautelare coercitiva, introdotto dall’art. 291, comma 1-quater, c.p.p., costituisce un adempimento essenziale e non derogabile. Le eccezioni a tale obbligo, previste per i reati di particolare gravità commessi “con uso di armi o altri mezzi di violenza personale”, devono essere interpretate in modo tassativo.

Supporto alla lettura

MISURE CAUTELARI

Si tratta di quei provvedimenti, di natura provvisoria ed immediatamente esecutiva, emessi dall’Autorità Giudiziaria, finalizzati a prevenire determinati eventi che possono verificarsi durante le indagini preliminari o nel corso del processo, capaci di compromettere la funzione giurisdizionale.

Le misure cautelari si dividono in:

– PERSONALI: cioè limitative della libertà personale. Possono essere:

  • coercitive (sopprimono o limitano la libertà personale): si distinugono in custodiali, quindi arresti domiciliari (art. 284 c.p.p.), custodia in carcere (art. 285 c.p.p.), custodia in luogo di cura (art. 286 c.p.p.); non custodiali, divieto di espatrio (art. 281 c.p.p.), obbligo di presentazione alla P.G. (art. 282 c.p.p.), allontanamento dalla casa familiare (art. 282bis c.p.p.), divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 282ter c.p.p.), divieto e obbligo di dimora (art. 283 c.p.p.)
  • interdittive (diritti e facoltà personali): quindi: sospensione della potestà di genitore (art. 288 c.p.p.), sospensione da un pubblico ufficio o servizio (art. 289 c.p.p.), in questo caso il GIP deve prima procedere ad interrogatorio, divieto di esercitare determinate attività (art. 290 c.p.p.)

– REALI: provvedimenti che incidono sul patrimonio, hanno finalità cautelari riferibili o alla garanzia per il pagamento delle pene pecuniarie, spese di giustizia ed eventuali risarcimenti danni (sequestro conservativo, artt. 316-320 c.p.p.), ovvero all’esigenza di impedire la commissione di nuovi reati o ulteriori conseguenze a quelli già commessi (sequestro preventivo, artt. 321-323 c.p.p.). Tali misure vanno richieste al giudice da parte del P.M., per esse è previsto un sistema di impugnazioni e non sono condizionate ai presupposti dei gravi indizi e delle esigenze cautelari.

Per quanto riguarda le condizioni per l’applicazione di tali misure, bisogna guardare a:

  • limite edittale della pena: delitti, pena dell’ergastolo o della reclusione superiore al massimo a 3 anni per le misure coercitive diverse dalla custodia cautelare in carcere e per le misure interdittive, pena della reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni per la custodia cautelare in carcere;
  • gravi indizi di colpevolezza;
  • esigenze cautelari (art. 274 c.p.p.): devono essere specifiche ed inderogabili, relative ad un pericolo di inquinamento probatorio ed attuale, fondate su circostanze, espressamente indicate nel provvedimento, pena nullità (in questo caso la custodia cautelare non può avere durata superiore ai 30 giorni ed è prorogabile fino a un massimo di 90 giorni). Se vi è fuga o pericolo di fuga, quando la pena applicabile in concreto superi i due anni di reclusione, oppure per gravi delitti con uso delle armi o altri mezzi di violenza personale, contro ordine costituzionale, criminalità organizzata.

Il giudice adotterà la misura cautelare più opportuna, secondo i principi di adeguatezza di proporzionalità, di obbligatorietà della custodia cautelare, nel caso di criminalità organizzata, omicidio volontario, prostituzione o pornografia minorile. Non può disporsi la custodia cautelare in carcere di donna incinta, madre di prole inferiore a 3 anni con lei convivente, padre se la madre è deceduta o impossibilitata a dare assistenza alla prole, ultrasettantenne.

L’applicazione della misura avviene con provvedimento del giudice, su richiesta del P.M., il quale dovrà trasmettere al giudice, unitamente alla richiesta di applicazione di una misura cautelare, non solo gli elementi che sono a fondamento di essa, ma anche quelli a favore dell’imputato, le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate. All’esecuzione dell’ordinanza dovrà seguire l’interrogatorio (c.d. di garanzia) della persona interessata. Nel caso di mancata esecuzione per irreperibilità della persona da sottoporre alla misura cautelare, l’art. 295 c.p.p. prevede che a seguito di verbale di vane ricerche, il giudice dichiari la latitanza del soggetto, quando la misura sia di tipo coercitivo, ma non necessariamente custodiale.

Avverso l’ordinanza che applica le misure, oltre il ricorso per cassazione è previsto il duplice rimedio del riesame e dell’appello.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 19 giugno 2025, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di L’Aquila applicava a A.A. la misura della custodia cautelare in carcere, ritenendolo gravemente indiziato dei reati di lesioni personali gravi (frattura di due vertebre cervicali e delle ossa nasali, con alterazione del profilo mascellare) commesse ai danni di J.S.F. e valutando sussistente un concreto pericolo di recidiva, alla luce dell’esplicita minaccia – contestata al capo B) dell’incolpazione provvisoria – rivolta dallo stesso G. alla persona offesa.

2. L’ordinanza veniva integralmente confermata dal Tribunale distrettuale che, nel rigettare l’istanza di riesame e il contestuale appello cautelare, riteneva: a) insussistente l’eccepita nullità dell’ordinanza genetica per omesso interrogatorio preventivo (in presenza di entrambe le condizioni ostative di cui al comma 1-quater dell’art. 291 cod. proc. pen.: l’esigenza probatoria di cui alla lett. a) dell’art. 274 cod. proc. pen. e la particolare natura del reato); b) irrilevante l’evocato decorso del tempo tra la consumazione dei fatti (gennaio 2025) e l’applicazione della misura (giugno 2025); c) adeguata e proporzionata la misura applicata, unica idonea a soddisfare le ritenute esigenze cautelari; d) non ipotizzabile, in un’ottica prognostica, il riconoscimento di alcun beneficio.

3. Avverso tale ordinanza, ricorre per cassazione l’indagato. Il ricorso si compone di quattro motivi d’impugnazione.

3.1. Il primo, formulato sotto il profilo del vizio di motivazione, attiene alla dedotta nullità dell’ordinanza genetica per l’omesso interrogatorio dell’indagato richiesto dall’art. 291, comma 1-quater del codice di procedura penale. La difesa sostiene che la motivazione offerta dal Tribunale sarebbe, da un canto, illogica (facendo rientrare nella categoria indicata nell’art. 291 cod. proc. pen. – reati commessi con mezzi di violenza personale – anche il reato di lesioni personali commesso con usuali e comuni modalità di esecuzione) e, dall’altro, indebitamente integrativa dell’ordinanza genetica (avendo individuato l’esistenza di un’esigenza cautelare, quella probatoria, originariamente non indicata).

3.2. Il secondo deduce violazione dell’art. 292, comma 2, lett. c-bis, cod. proc. pen., nonché illogicità e contraddittorietà della motivazione, quanto al giudizio di attualità delle esigenze cautelari, alla luce del tempo trascorso tra la consumazione del fatto e la successiva esecuzione della misura.

3.3. Il terzo deduce violazione dell’art. 275, comma 2-bis, cod. proc. pen. e connesso vizio di motivazione quanto alla necessaria prognosi di applicazione di una pena superiore a tre anni; tanto più in considerazione dei limiti edittali di pena previsti per il reato contestato (da tre a sette anni di reclusione), della diminuente della giovane età (valutabile in questa sede ai sensi dell’art. 19 comma 5 D.P.R. n. 448 del 1998) e delle eventuali ulteriori diminuzioni connessi alla possibile scelta di riti speciali o al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

3.4. Il quarto, in ultimo, attiene al giudizio di idoneità e adeguatezza della misura applicata e deduce che il Tribunale non avrebbe esplicitato gli argomenti dai quali ha dedotto che il Guarnieri non sarebbe in grado di rispettare le prescrizioni relative ad un’eventuale misura gradata, non essendovi evidenza di pregressi fallimenti di percorsi alternativi al carcere.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.

1.1. Com’è noto, la legge n. 114 del 9 agosto 2024 ha introdotto, nell’art. 291 cod. proc. pen., cinque nuovi commi (dal comma 1-quater al comma 1-octies), che disciplinano il nuovo istituto dell’interrogatorio preventivo della persona indagata ai fini della successiva ed eventuale applicazione – nei suoi confronti – di una misura cautelare coercitiva; un adempimento procedimentale che fa della procedura di applicazione delle misure cautelari personali una fattispecie processuale complessa nella quale il contatto anticipato con il possibile destinatario del provvedimento restrittivo costituisce un elemento fondante, e non solo cronologicamente antecedente, l’esercizio del potere cautelare, in quanto concorre a confermare – o, al contrario, ad obliterare – il convincimento interinale del giudicante, discendente da un’illustrazione unilaterale dei fatti di causa (Sez. 2, n. 5548 del 09/01/2025, Marangio, Rv. 287575).

Tale adempimento, tuttavia, seppur introdotto in via ordinaria, risente di un’ampia casistica derogatoria in relazione a tutte le ipotesi in cui risulti necessario che il provvedimento cautelare sia adottato “a sorpresa”, ove sussista taluna delle esigenze cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lettere a) e b) (il pericolo di fuga o il rischio di inquinamento probatorio), e in tutti i casi nei quali il pericolo di reiterazione si ponga in relazione a reati di rilevante gravità (i delitti di cui all’art. 407, co. 2, lett. a) cod. proc. pen., quelli di cui all’art. 362, comma 1-ter cod. proc. pen., nonché gravi delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale).

1.2. Ciò considerato, il Tribunale distrettuale, per come si è detto, ha ritenuto insussistente l’eccepita nullità, riscontrando la presenza di entrambe le condizioni ostative di cui al comma 1-quater dell’art. 291 cod. proc. pen.: l’esistenza di una specifica esigenza cautelare (quella di cui alla lett. a) dell’art. 274 cod. proc. pen., che, sebbene non esplicitata nell’ordinanza genetica, è stata ritenuta autonomamente accertabile alla luce della natura interamente devolutiva dell’impugnazione proposta) e la particolare natura del reato in relazione al quale si prospetta l’esigenza cautelare.

La difesa, parallelamente, deduce, sotto il profilo del vizio di motivazione, da un canto, l’indebita integrazione dell’ordinanza genetica (quanto all’ulteriore esigenza cautelare,) e, dall’altro, l’illogicità delle argomentazioni offerte quanto alla natura del reato commesso.

1.3. Ebbene, a prescindere dall’irrilevanza del profilo motivazionale in relazione alla valutazione di un prospettato vizio processuale (essendo questa Corte giudice dei presupposti della decisione, sulla quale esercita il proprio controllo, quale che sia il ragionamento esibito per giustificarla: Sez. 5, n. 19970 del 15/03/2019, Girardi, Rv. 275636) e della duplice opzione ermeneutica prospettabile quanto all’individuazione della seconda ipotesi derogatoria, se, cioè, il rapporto di relazione indicato nel comma 1-quater dell’art. 291 cod. proc. pen. intercorra con il reato la cui imputazione provvisoria viene mossa dal Pubblico Ministero in sede di richiesta cautelare o rispetto a futuri e probabili reati che l’indagato si pensa possa commettere (profilo non specificamente offerto alla valutazione di questa Corte e, quindi, in ragione della natura devolutiva del ricorso per cassazione – art. 610 cod. proc. pen. – non può essere valutato in questa sede: Sez. 6, n. 4007 del 14/08/1998, dep. 1999, Venturini, Rv. 213586), entrambe le censure sono fondate.

Da un canto, infatti, nella specifica materia, il Tribunale non può esercitare il potere integrativo della motivazione di cui all’art. 309, comma 9, cod. proc. pen., poiché, diversamente, si attribuirebbe efficacia sanante della nullità non alla scelta della parte, cui è rimessa la relativa eccezione, ma del giudice (Sez. 6, n. 17916 del 20/03/2025, Luciano, Rv. 288037).

Dall’altro, alla luce della formulazione normativa, il reato di cui all’imputazione provvisoria mossa in sede di richiesta cautelare (artt. 582, 583, comma 1 n. 1 e 61 n. 1 cod. pen.), benché commesso con modalità particolarmente efferate (con condotta consistita nello sferrare violentissimi pugni sul volto della persona offesa per ben 15 minuti, così causando le gravi lesioni di cui al capo d’imputazione: frattura delle ossa nasali con alterazione del profilo mascellare e frattura di due vertebre cervicali), non può ritenersi ricompreso all’interno della (tassativa) elencazione indicata nel comma 1-quater dell’art. 291 cod. proc. pen.; e ciò per due concorrenti ragioni.

In primo luogo, perché la previsione normativa (altro grave reato) è indicazione tipologica e, quindi, richiede l’integrazione di uno specifico tipo di reato che, nella sua dimensione astratta, abbia gravità analoga a quella dei reati espressamente menzionati. È significativo, infatti, sotto tale profilo, che, nell’elencazione contenuta nell’art. 291 cod. proc. pen., i singoli reati siano richiamati non nelle loro fattispecie base, ma in quelle circostanziate (come, appunto, per lo stesso reato di lesioni personali che, attraverso il riferimento all’art. 362, comma 1-ter, cod. pen., rientra nell’elencazione normativa solo se in presenza delle specifiche aggravanti indicate – quelle di cui agli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma). E tanto conduce a ritenere che ciò che deve essere valutato (ai fini del giudizio di gravità del reato) non sono le concrete modalità di consumazione del fatto (come, appunto, la particolare efferatezza), ma la (astratta) qualificazione giuridica della fattispecie contestata; e solo rispetto ad essa va apprezzata la gravità della (altra) fattispecie, non ricompresa nell’elencazione.

e, in concreto, proprio l’esplicito richiamo contenuto nel più volte richiamato comma 1-quater solo ad alcune fattispecie aggravate di lesioni personali esclude la possibilità di estendere la previsione derogatoria (che, in quanto tale, deve essere oggetto di stretta interpretazione) ad ulteriori fattispecie, diversamente aggravate, come quella in concreto contestata.

In secondo luogo, il sintagma utilizzato dal legislatore (l’utilizzo di armi o altri mezzi di violenza personale) evoca la necessità che la condotta sia posta in essere attraverso l’uso di strumenti (ulteriori rispetto al mero esercizio della forza fisica), che s’interpongano – nell’azione violenta – tra il soggetto agente e la vittima (come, ad esempio, liquidi o sostanze venefiche). Strumenti che, potenziando le capacità fisiche del soggetto, accrescono la lesività della condotta, aumentandone la gravità e la pericolosità. Cosicché, la particolare brutalità, veemenza o efferatezza con la quale è stata eseguita la condotta violenta, in quanto mera modalità di esecuzione della condotta, può, eventualmente, costituire l’aggravante di cui al n. 4 dell’art. 61 cod. pen., ma non la relativa fattispecie derogatoria di cui al comma 1-quater dell’art. 291 cod. proc. pen., mancando, appunto, quel quidpluris ulteriore rispetto al mero esercizio della forza fisica.

2. L’accoglimento del primo motivo di ricorso assorbe la valutazione degli altri.

3. Si impone, pertanto, l’annullamento, senza rinvio, dell’ordinanza impugnata e di quella emessa il 19 giugno 2025 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di L’Aquila, con conseguente rimessione in libertà dell’indagato, se non detenuto per altra causa.

4. La Cancelleria provvederà alla comunicazione al Procuratore generale, in sede, per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 del codice di procedura penale.

5. In ragione della minore età dell’indagato, va disposto – ai sensi dell’art. 52 D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196 e in caso di diffusione del presente provvedimento – l’oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti del processo.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e quella emessa il 19.6.2025 dal GIP del Tribunale per i minorenni di L’Aquila, disponendo la rimessione in libertà di Guarnieri Samuel, se non detenuto per altra causa.

Manda alla cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.

Letto l’art. 52, comma 3, D.Lgs. n. 196/2003, dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento venga omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi, in quanto imposto dalla legge.

Conclusione

Così deciso in Roma, 26 agosto 2025.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2025.

Allegati

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