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Cassazione civile sez. VI lav., 17/01/2019, n. 1080

Massima

La misura della rendita per inabilità permanente derivante da malattia professionale — nel caso di specie, broncopatia ostruttiva di grado severo — può essere oggetto di revisione, su istanza del titolare della prestazione ovvero su iniziativa dell’Istituto assicuratore, qualora intervenga una diminuzione o un aumento dell’attitudine al lavoro, ovvero si verifichino modificazioni delle condizioni fisiche del beneficiario. Tuttavia, ai fini della revisione per aggravamento, è necessario che il peggioramento delle condizioni sia eziologicamente riconducibile alla medesima malattia professionale che ha originato la liquidazione della rendita, non potendo la revisione fondarsi su patologie diverse o autonome rispetto a quella già accertata.

(Rocchina Staiano)

Supporto alla lettura

MALATTIA PROFESSIONALE

Per malattia professionale si intende una patologia che insorge a causa dell’attività lavorativa, detta anche tecnopatia, presuppone che il rischio sia provocato dall’attività lavorativa in maniera progressiva e da una serie di atti ripetuti nel tempo, infatti è caratterizzata da un’azione lenta sull’organismo, non violenta e non concentrata nel tempo.

Per fare diagnosi di malattia professionale, possono essere considerate anche le cause extraprofessionali che possono avere contribuito all’insorgere della patologia, purché non siano le sole cause ad aver procurato l’infermità. Va distinta dalla comune malattia, che non è di solito correlata al lavoro (es. l’influenza), e va, inoltre, distinta dall’infortunio, che è invece un evento traumatico che interviene durante l’orario di lavoro, in maniera violenta e concentrata nel tempo.

Deve avere due caratteristiche:

  • essere causata dall’esposizione a determinati rischi correlati al tipo di lavoro, come il contatto con polveri e sostanze nocive, rumore, vibrazioni, radiazioni, o misure organizzative che agiscono negativamente sulla salute;
  • il rischio deve agire in modo prolungato nel tempo e quindi la causa deve essere lenta.

Una volta fatta la diagnosi da parte del medico, è necessario effettuare la denuncia di malattia professionale all’INAIL, compilando l’apposito modulo predisposto dall’ente, che deve essere compilato dalla persona che fa diagnosi di malattia professionale, può quindi essere il medico di base o il medico competente del servizio di prevenzione e protezione aziendale. Denunciata la malattia, l’INAIL deve certificare o meno la presenza della malattia professionale, quindi il lavoratore viene convocato nella sede INAIL territoriale di competenza per essere sottoposto a visita medica e per iniziare l’iter per il riconoscimento della malattia.

Se viene riconosciuta la malattia professionale, e qualora questa impedisca al lavoratore di tornare a lavorare, l’INAIL corrisponde al lavoratore un’indennità dal quarto giorno successivo alla manifestazione della malattia, così retribuita (l’indennità viene calcolata sulla retribuzione corrisposta al dipendente nel 15 giorni prima dell’evento):

  • 60% della retribuzione media giornaliera per i primi 90 giorni;
  • 75% della retribuzione media giornaliera dal 91° giorno fino alla guarigione

Se il dipendente ha riportato un danno biologico, l’indennità di malattia professionale cambia e si ha diritto ad un indennizzo Inail tarato sulla base della percentuale di danno biologico.

Ambito oggettivo di applicazione

Rilevato

che, con sentenza del 3 luglio 2017, la Corte di Appello di Bari confermava la decisione del Tribunale di Trani che, accogliendo la domanda proposta da A.L. nei confronti dell’INAIL, aveva condannato l’istituto al pagamento di una rendita da malattia professionale (“broncopatia ostruttiva di grado severo”) pari al 50%, in luogo del 40% già riconosciuto dall’INAIL, a decorrere dal 10 marzo 2010;

che, ad avviso della Corte territoriale e per quello ancora di rilievo in questa sede, il motivo di appello con il quale l’INAIL aveva censurato la decisione del primo giudice lamentando che il Tribunale aveva “erroneamente ritenuto non consolidato il quadro clinico accertato in termini di postumi valutati nella misura del 40% per trascorso quindicennio dalla costituzione della rendita” era inammissibile perché generico;

che per la cassazione di tale decisione propone ricorso l’INAIL affidato ad un unico articolato motivo cui il A.L. resiste con controricorso;

che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

Considerato

che con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 137, sesto comma, del T.U. n. 1124 del 1965 (in relazione all’art. 360, primo comma, cod. proc. civ.) per avere la Corte d’appello riconosciuto l’aggravamento della rendita professionale nonostante le modificazioni delle condizioni fisiche dell’assicurato fossero intervenute a decorrere dal 10 marzo 2010 ( epoca questa da cui il consulente tecnico d’ufficio aveva datato il peggioramento della “broncopatia cronica ostruttiva” da cui il A.L. era affetto) ovvero ad oltre 15 anni dalla decorrenza della rendita costituita il 28 gennaio 1993;

che il motivo è inammissibile in quanto non censura la “ratio decidendi” dell’impugnata sentenza che aveva ritenuto, come sopra esposto, inammissibile il motivo di appello con il quale l’INAIL aveva riproposto l’eccezione di non rivedibilità della rendita per essere decorso oltre un quindicennio dalla sua costituzione alla rilevata modificazione delle condizioni fisiche dell’assicurato; che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va dichiarato inammissibile;

che le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico della ricorrente e vengono liquidate in favore dell’istituto nella misura di cui al dispositivo con attribuzione all’avv. Massimo N. per dichiarato anticipo fattone;

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi);

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna l’INAIL alle spese del presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15% con attribuzione.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2018

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