Massima

Deve dichiararsi inammissibile il ricorso per cassazione proposto dal lavoratore avente ad oggetto il riconoscimento dell’indennità conseguente alla causa di servizio, atteso che, ai sensi della normativa vigente, tutte le sentenze pubblicate successivamente al 4 luglio 2009 — tra cui quella oggetto del presente giudizio — sono impugnabili esclusivamente mediante appello. Ne consegue che il ricorso per cassazione, proposto in luogo dell’ordinario mezzo di gravame, risulta processualmente improcedibile.

(Rocchina Staiano)

Supporto alla lettura

RICORSO PER CASSAZIONE

Il ricorso per cassazione (artt. 360 e ss. c.p.c.) è un mezzo di impugnazione ordinario che consente di impugnare le sentenze pronunciate in unico grado o in grado d’appello, ma solo per errori di diritto, non essendo possibile dinanzi alla Suprema Corte valutare nuovamente il merito della controversia come in appello. Di solito è ammessa solo la fase rescindente in quanto il giudizio verte sull’accertamento del vizio e sulla sua eventuale cassazione, il giudizio rescissorio spetta al giudice di rinvio. Solo nel caso in cui non dovessero risultare necessari ulteriori accertamenti in cassazione, avvengono entrambi i giudizi.

La sua proposizione avviene nel termine (perentorio) di 60 giorni (c.d. termine breve), è previsto un ulteriore termine (c.d. lungo) che scade 6 mesi dopo la pubblicazione della sentenza.

Per quanto riguarda i motivi di ricorso l’art. 360 c.p.c dispone che le sentenze possono essere impugnate:

  • per motivi attinenti alla giurisdizione,
  • per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza;
  • per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro;
  • per nullità della sentenza o del procedimento;
  • per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Inoltre può essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza appellabile del tribunale se le parti sono d’accordo per omettere l’appello (art. 360, c. 1, n. 3, c.p.c.), mentre non sono immediatamente impugnabili per cassazione le sentenze che decidono di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio, in questo caso il ricorso può essere proposto senza necessità di riserva quando sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente il giudizio.

Il ricorso per cassazione è inammissibile (art. 360 bis c.p.c) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa, oppure quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo.

A pena di inammissibilità sono previsiti determinati requisiti di forma:

  • la sottoscrizione da parte di un avvocato iscritto in apposito albo e munito di procura speciale;
  • l’indicazione delle parti;
  • l’illustrazione sommaria dei fatti di causa;
  • l’indicazione della procura se conferita con atto separato e dell’eventuale decreto di ammissione al gratuito patrocinio;
  • l’indicazione degli atti processuali, dei contratti o accordi collettivi o dei documenti sui quali si fonda il ricorso;
  • i motivi del ricorso con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano.

Il ricorso va depositato, a pena di improcedibilità, entro 20 giorni dall’ultima notifica fatta alle parti contro le quali è proposto.

Chi intende resistere al ricorso per cassazione può depositare controricorso e deve essere fatto entro 40 giorni dalla notificazione del ricorso, insieme agli atti e ai documenti, e con la procura speciale se conferita con atto separato.

Ambito oggettivo di applicazione

Rilevato

che, con sentenza del 19 gennaio 2017, il Tribunale di Sulmona, accogliendo l’opposizione proposta dall’INAIL avverso il precetto notificatogli in data 14 novembre 2016 da E.C., lo dichiarava nullo e privo di effetti giuridici;

che il Tribunale, premesso che il precetto era fondato sulla sentenza n. 88/2001 del Tribunale di Sulmona passata in giudicato con la quale le Ferrovie dello Stato erano state condannate al pagamento in favore del E.C. delle indennità conseguenti al riconoscimento della causa di servizio ascrivibili per cumulo alla categoria della tabella A annessa alla legge (rectius: d.P.R.) 30 dicembre 1981, osservava: che la legge 28 novembre 1996 n. 608 aveva limitato la successione ex lege dell’INAIL al soppresso Ente Ferrovie dello Stato ai soli rapporti relativi agli infortuni sul lavoro e alle malattie professionali mentre le somme dovute in virtù della predetta sentenza n. 88/2001 concernevano prestazioni dovute dall’Ente Ferrovie dello Stato per causa di servizio e, quindi, avevano un titolo del tutto diverso e distinto da quello per il quale si era verificata la successione ex lege; che era fondata l’eccezione dell’INAIL circa la mancata notifica del titolo in forma esecutiva insieme o precedentemente al precetto, in violazione del disposto dell’art. 479 cod. proc. civ.;

che per la cassazione di tale decisione propone ricorso il E.C. affidato ad un unico motivo cui resiste con controricorso l’INAIL;

che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ. in cui dissente dalla proposta del relatore evidenziando di aver impugnato la sentenza nella parte in cui aveva ritenuto che il titolo non fosse stato notificato in forma esecutiva e, dunque, laddove l’opposizione proposta dall’INAIL era qualificabile come opposizione agli atti esecutivi;

Considerato

che con l’unico motivo di ricorso si deduce “violazione ed errata interpretazione degli artt. 479 e 156, terzo comma, cod. proc. civ. (in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.) avendo la Corte territoriale dichiarato la nullità dell’opposto precetto sull’erroneo rilievo che il titolo esecutivo posto a fondamento del precetto non era stato notificato in forma esecutiva mentre, in realtà, detto titolo era stato preventivamente spedito in forma esecutiva ed il vizio relativo alla notifica concerneva l’omessa notifica della pagina contenente la formula esecutiva, peraltro, tale presunta nullità sarebbe stata sanata avendo l’atto raggiunto lo scopo per il quale era destinato; che il ricorso è inammissibile essendo la sentenza impugnata appellabile e non ricorribile direttamente per cassazione; invero, l’opposizione proposta era – come riconosciuto dallo stesso ricorrente – un’opposizione all’esecuzione avendo l’INAIL contestato il diritto del E.C. a procedere ad esecuzione forzata perchè il titolo richiamato nell’opposto precetto non era opponibile ad esso istituto; ed infatti solo le sentenze che abbiano deciso opposizione all’esecuzione pubblicate successivamente al Io marzo 2006 e fino al 4 luglio 2009 non sono appellabili secondo quanto previsto dall’ultimo periodo dell’art. 616 cod. proc. civ. introdotto dalla legge 24 febbraio 2006 n. 52, periodo questo abrogato dalla legge n. 69 del 2009, sicché le sentenze pubblicate successivamente al 4 luglio 2009 – quale quella in esame – devono essere impugnate con l’appello (Cass. ri. 20886 del 15/10/2015; Cass. n. 9591 del 30/04/2011); che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va dichiarato inammissibile;

che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal citato art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002 trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi);

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, solo da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2018

Allegati

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