Massima

È da ritenersi legittimo il rigetto della domanda volta all’accertamento dell’aggravamento dei postumi derivanti da infortunio sul lavoro, atteso che non è stata fornita prova del nesso causale tra la psicosi denunciata e l’evento lesivo occorso in ambito lavorativo. In assenza di riscontri clinici e probatori idonei a dimostrare che la patologia psichiatrica costituisca una diretta conseguenza dell’infortunio, non può riconoscersi l’aggravamento ai fini indennitari, ai sensi della normativa vigente in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.

(Rocchina Staiano)

Supporto alla lettura

INFORTUNIO SUL LAVORO

Per infortunio sul lavoro deve intendersi un evento lesivo avvenuto per causa violenta (con azione intensa e concentrata nel tempo), in occasione di lavoro, dal quale astrattamente possono conseguire, nei casi più gravi, la morte del lavoratore oppure postumi di natura permanente (incidenti sulla capacità lavorativa generica e sull’efficienza psicofisica) oltre che temporanei.

Ogni evento può definirsi avvenuto per causa ed in occasione di lavoro, anche al di fuori dell’orario di lavoro, quando il lavoro sia stato la causa del rischio. E’ cioè necessario che intercorra un nesso di causalità anche mediato ed indiretto, tra attività lavorativa e sinistro. Deve ricorrere un rischio specifico o di un rischio generico aggravato dal lavoro e non di un mero rischio generico incombente sulla generalità delle persone (indipendente dalla condizioni peculiari del lavoro).

Rilevano tutte le condizioni, anche ambientali, in cui l’attività produttiva si svolge e nelle quali è immanente il rischio di danno per il lavoratore. Solo il rischio elettivo, ovvero quello rapportabile a fatto proprio esclusivo e frutto di una libera e spontanea determinazione del lavoratore, estraneo alle mansioni ed al lavoro, esclude l’occasione di lavoro.

È infortunio sul lavoro anche il così detto “infortunio in itinere”, cioè quello occorso al lavoratore nel tragitto compiuto per recarsi o tornare dal luogo di lavoro a casa. Sono considerati infortuni sul lavoro anche quelli dovuti a colpa del lavoratore stesso.

Ambito oggettivo di applicazione

Rilevato

che, con sentenza del 12 ottobre 2017, la Corte di Appello di Milano confermava la decisione del Tribunale in sede di rigetto della domanda proposta da A.S.S.M. nei confronti dell’INAIL ed intesa ad ottenere l’accertamento dell’aggravamento dei postumi dell’infortunio sul lavoro occorsogli in data 24 ottobre 2005 – già riconosciuti nella misura del 6% di danno biologico – con conseguente condanna dell’istituto alla costituzione della relativa rendita;

che, ad avviso della Corte territoriale e per quello ancora di rilievo in questa sede, le conclusioni del consulente tecnico nominato dal Tribunale erano condivisibili e resistevano alle critiche mosse nell’appello non sussistendo un nesso di causalità tra il denunciato aggravamento – con specifico riferimento alla sindrome psicotica – ed il predetto infortunio in cui il lavoratore aveva riportato un trauma cranico con “lesione tronco cerebellare, sottile frattura al passaggio tra la squama del temporale e mastoide di sinistra, ematoma sottogaleale retro-mastoideo a sinistra” (indennizzato dall’INAIL con un’inabilità temporanea dal 25 ottobre 2005 al 22 gennaio 2006 e postumi permanenti pari al 6%, come detto);

che per la cassazione di tale decisione propone ricorso l’A.S.S.M. affidato ad un unico articolato motivo cui l’INAIL resiste con controricorso;
che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ. in cui dissente dalla proposta del relatore ed insiste per l’accoglimento del ricorso;

Considerato

che con l’unico motivo di ricorso si deduce “difetto e contraddittorietà di motivazione, violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2087 cod. civ. nonché 40 e 41 cod. pen.” non avendo la Corte d’appello fatto corretta applicazione dei principi in tema di nesso di causalità con riferimento agli infortuni sul lavoro secondo cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio di equivalenza delle condizioni sicché deve essere riconosciuta efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito in maniera indiretta e remota alla produzione dell’evento mentre deve escludersi tale nesso eziologico ogniqualvolta sia ravvisato con certezza l’intervento di un fattore estraneo all’attività lavorativa di per sé sufficiente a produrre l’infermità, evidenziandosi come, nel caso in esame, dalla documentazione medica agli atti emergeva una evidente continuità fenomenica tra l’infortunio e il disturbo psichico diagnosticato, ciò anche in considerazione della mancata indicazione da parte dell’INAIL di fattori causali extralavorativi. Nel motivo sono esposte ulteriori argomentazioni circa asseriti contrasti tra le risultanze dei ” …molteplici accertamenti di autorevoli istituti pubblici…” e le conclusioni espresse dal consulente tecnico e, quindi, dal Tribunale e , poi, dalla Corte territoriale e si fa anche riferimento ad un omesso esame da parte dei giudici di merito della ipoacusia a sinistra cui il consulente avrebbe attribuito danno biologico pari al 12%;

che il motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile:

– è infondato in quanto nell’impugnata sentenza è stata esclusa la sussistenza di un nesso di causalità tra la denunciata psicosi e l’infortunio sul lavoro che, ad avviso di entrambi i giudici di merito, non ha rappresentato neppure una concausa dell’insorgenza di detta malattia ragion per cui non risultano violati i principi affermati da questa Corte e richiamati nel motivo in tema di applicazione della regola di cui all’art. 41 cod. pen.;

– è, altresì, inammissibile sotto vari profili: in primo luogo, laddove, finisce con l’esprimere un mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale, che si traduce, quindi, in un’inammissibile critica del convincimento del giudice (giurisprudenza consolidata: v. da ultimo Cass. n. 1472 del 22 gennaio 2013, Cass. n. 1652 del 03/02/2012; id. n. 569 del 12/01/2011; Cass. n. 22707 del 08/11/2010; Cass. n. 9988 del 29/04/2009) non essendo state evidenziate palesi deviazioni dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non si può prescindere per la formulazione di una corretta diagnosi. Inoltre, suppone ancora esistente il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, trascurando la modifica del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. – disposta dall’art. 54, comma 1, lett. b) D.L. n. 83/12, convertito in legge n. 134/12 – che ha reso deducibile solo il vizio di omesso esame di un fatto decisivo che sia stato oggetto di discussione tra le parti confinando il controllo della motivazione sub specie nullitatis, in relazione al n. 4 dell’art. 360 cod. proc. civ. il quale, a sua volta, ricorre solo nel caso di una sostanziale carenza del requisito di cui all’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., configurabile solo nel caso di ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico’, di ‘motivazione apparente’, di ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e di ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ della motivazione (cfr. Cass., Sez. un., n. 8053/14). Peraltro, con riferimento alla omessa valutazione della ipoacusia, non si indica nel motivo quando, nel corso dei precedenti gradi di merito, sia stato allegato la sussistenza di tale malattia come aggravamento dei postumi dell’infortunio in questione. Infine, la documentazione medica prodotta per la prima volta unitamente al ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ.;
che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va rigettato;
che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo;

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto daH’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi);

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2018

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