Massima

Va dichiarata l’inammissibilità del ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza di merito che ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno biologico derivante da postumi invalidanti conseguenti ad infortunio, atteso che la notificazione dell’atto è avvenuta oltre il termine perentorio di sessanta giorni previsto dall’art. 325, comma 2, c.p.c., decorrente dalla data di comunicazione della sentenza impugnata, con conseguente decadenza dal potere di impugnazione.

(Rocchina Staiano)

Supporto alla lettura

INFORTUNIO SUL LAVORO

Per infortunio sul lavoro deve intendersi un evento lesivo avvenuto per causa violenta (con azione intensa e concentrata nel tempo), in occasione di lavoro, dal quale astrattamente possono conseguire, nei casi più gravi, la morte del lavoratore oppure postumi di natura permanente (incidenti sulla capacità lavorativa generica e sull’efficienza psicofisica) oltre che temporanei.

Ogni evento può definirsi avvenuto per causa ed in occasione di lavoro, anche al di fuori dell’orario di lavoro, quando il lavoro sia stato la causa del rischio. E’ cioè necessario che intercorra un nesso di causalità anche mediato ed indiretto, tra attività lavorativa e sinistro. Deve ricorrere un rischio specifico o di un rischio generico aggravato dal lavoro e non di un mero rischio generico incombente sulla generalità delle persone (indipendente dalla condizioni peculiari del lavoro).

Rilevano tutte le condizioni, anche ambientali, in cui l’attività produttiva si svolge e nelle quali è immanente il rischio di danno per il lavoratore. Solo il rischio elettivo, ovvero quello rapportabile a fatto proprio esclusivo e frutto di una libera e spontanea determinazione del lavoratore, estraneo alle mansioni ed al lavoro, esclude l’occasione di lavoro.

È infortunio sul lavoro anche il così detto “infortunio in itinere”, cioè quello occorso al lavoratore nel tragitto compiuto per recarsi o tornare dal luogo di lavoro a casa. Sono considerati infortuni sul lavoro anche quelli dovuti a colpa del lavoratore stesso.

Ambito oggettivo di applicazione

Rilevato che

che il Tribunale di Locri condannava l’INAIL al pagamento in favore di F.B. dell’indennizzo per il danno biologico nella misura del 7% per i postumi permanenti a quest’ultima residuati a seguito dell’infortunio sul lavoro occorsole in data 27 settembre 2010;
che tale decisione veniva riformata, con sentenza dei 21 febbraio 2017, dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria che rigettava la domanda proposta dalla F.B.;
che per la cassazione di tale decisione propone ricorso la F.B. affidato a sei motivi cui resiste l’INAIL con controricorso;
che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
che la ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ. in cui dissente dalla proposta del relatore ed insiste per l’accoglimento del ricorso;
 

Considerato che

 che il ricorso è inammissibile perché notificato in data 26 maggio 2017 ben oltre il temine di sessanta giorni stabilito dall’art. 325, secondo comma, cod. proc, civ, decorrente, nel caso in esame, dal 14 marzo 2017 data in cui l’INAIL risulta aver notificato copia della sentenza della Corte d’appello ai procuratori costituiti della F.B.;
che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va dichiarato inammissìbile;
che le spese del presente giudizio sono poste a carico della ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo;
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’alt, 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n., 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi).
 

P.Q.M.

 La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2,000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n, 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art, 13.
Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2018

Allegati

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