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Cassazione civile sez. VI-5, 08/06/2021, n. 15881

Massima

In tema di accertamento tributario, il termine dilatorio di sessanta giorni previsto dall’Art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000 (Statuto del Contribuente), opera esclusivamente in caso di controllo eseguito presso la sede del contribuente e non si estende agli accertamenti basati su controlli interni o documentali (cd. “a tavolino”), per i quali non è imposto un vincolo dilatorio all’azione di accertamento.

Supporto alla lettura

ACCERTAMENTO TRIBUTARIO

L’accertamento tributario (o fiscale) è il complesso degli atti della pubblica amministrazione volti ad assicurare l’attuazione delle norme impositive.

L’attività di accertamento delle imposte da parte degli uffici finanziari ha carattere meramente eventuale, essendo prevista nel nostro sistema l’autoliquidazione dei tributi più importanti da parte del contribuente stesso, tramite l’istituto della dichiarazione. Gli uffici intervengono quindi soltanto per rettificare le dichiarazioni risultate irregolari o nel caso di omessa presentazione delle stesse.

A seconda del metodo di accertamento utilizzato, questo può essere:

  • analitico: attraverso l’analisi della documentazione contabile e fiscale;
  • analitico-induttivo: cioè misto, basato su un esame documentale e presunzioni, di norma fondate su elementi gravi, precisi e concordanti, salvo in caso di omessa dichiarazione o di contabilità inattendibile/omessa;
  • induttivo: attraverso l’utilizzo esclusivo di presunzioni che possono essere anche esclusivamente semplici;
  • sintetico: fondato su coefficienti ministeriali.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

che:

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Sicilia, che in controversia su impugnazione da parte di (omissis) a di avviso di accertamento induttivo per Irperf, Irap e IVA anno 2011 – per omessa dichiarazione – ha accolto l’appello del contribuente, riformando la sentenza di primo grado che aveva dichiarato la propria carenza di giurisdizione in relazione a contributi previdenziali e rigettato nel resto il ricorso del contribuente. La CTR ha ritenuto nullo l’atto impugnato in quanto non preceduto da contraddittorio endoprocedimentale, essendo il contraddittorio necessario anche per gli accertamenti a tavolino, e avendo l’Ufficio, acquisita la documentazione richiesta, emesso l’accertamento senza osservare il termine dilatorio di sessanta giorni.

Il contribuente è rimasto intimato.

Motivi della decisione

che:

Con l’unico motivo si deduce la violazione e falsa applicazione della della L. n. 212 del 2000art. 12 commi 1, 4, e 7, nonchè della L. n. 4 del 1929art. 24, e con la L. n. 241 del 1990art. 13, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il motivo è fondato.

Va ribadito che secondo questa Corte:

In relazione alle imposte sui redditi, in tema di accertamento fiscale, il termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000art. 12, comma 7, opera soltanto in caso di controllo eseguito presso la sede del contribuente e non anche alla diversa ipotesi, non assimilabile alla precedente, di accertamenti cd. a tavolino, atteso che la naturale “vis expansiva” dell’istituto del contraddittorio procedimentale nei rapporti tra fisco e contribuente non giunge fino al punto di imporre termini dilatori all’azione di accertamento derivanti da controlli eseguiti nella sede dell’Amministrazione sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente o acquisiti documentalmente (ex multis Cass. n. 24793 del 05/11/2020, Cass. n. 27420 del 29/10/2018).

Non sono pertanto estensibili le garanzie di cui allo Statuto del Contribuenteart. 12, trattandosi di accertamento emesso sulla scorta di un controllo interno (cd. a tavolino) Cass. 12 aprile 2016, n. 7137Cass. n. 24199 del 29.11.2016Cass. n. 8246 del 04/04/2018, Cass. n. 27732 del 30/10/2018).

In relazione all’IVA, “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purchè il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicchè esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito” (Sez. U, Sentenza n. 24823 del 09/12/2015, Rv. 637604 – 01);

peraltro, l’obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale, codificato dalla Carta dei diritti fondamentali della U.E., art. 41, pur costituendo un diritto fondamentale del contribuente e principio fondamentale dell’ordinamento Europeo, in quanto espressione del diritto di difesa e finalizzato a consentire al contribuente di manifestare preventivamente il suo punto di vista in ordine agli elementi su cui l’Amministrazione intende fondare la propria decisione, non è assunto dalla giurisprudenza della CGUE in termini assoluti e formali, ma può soggiacere a restrizioni che rispondano, con criterio di effettività e proporzionalità, a obiettivi di interesse generale, sicchè, nell’ambito tributario, non investe l’attività di indagine e di acquisizione di elementi probatori, anche testimoniali, svolta dall’Amministrazione fiscale (Cass. 14628/2020).

Escluso quindi un obbligo generalizzato di contraddittorio endoprocedimentale, rispetto all’IVA, il giudice tributario di appello è tenuto a effettuare la c.d. “prova di resistenza” in relazione alle riprese IVA, ossia verificare in concreto la “non pretestuosità” dell’opposizione, con specifico e particolare riguardo alla sua efficacia nella fase dell’istruttoria amministrativa, ove si fosse in quella sede effettuato il contraddittorio, nei termini sanciti anche dalla giurisprudenza unionale (“Il giudice nazionale, avendo l’obbligo di garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione, può, nel valutare le conseguenze di una violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto di essere sentiti, tenere conto della circostanza che una siffatta violazione determina l’annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso”, Corte di giustizia 3 luglio 2 014, C129/130/13, Kamino international logistics, motivazione, punto 82, dispositivo, n. 3, seconda parte; Sez. un. 24823/15, cit.; Cass. n. 1969/2017Cass. n. 11560/2018Cass. sez. 6 – 5, n. 20036 del 27/07/2018).

Nel caso di specie, la CTR, in contrasto con i superiori principi, ha accolto l’appello del contribuente, ritenendo sussistere l’obbligo del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale e il termine dilatorio di sessanta giorni prima della notifica dell’accertamento, in contrasto con i superiori principi.

La sentenza va, conseguentemente, cassata e la causa va rinviata alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, affinchè, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Sicilia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2021

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