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Cassazione civile sez. VI, 30/07/2020, n.16317

Massima

In tema di opposizione a sanzione amministrativa, per espressa disposizione dell’art. 23, comma 11, della l. n. 689 del 1981, come modificato dall’art. 99 del d.lgs. n. 507 del 1999, non trova applicazione l’art. 113, comma 2, c.p.c. e non si fa, quindi, luogo a pronunzia secondo equità. Alla medesima conclusione si giungerebbe, comunque, anche in assenza di una disposizione quale quella di cui all’art. 23 citato, in quanto le opposizioni ex art. 22 e ss. della l. n. 689 del 1981 non rientrano nella competenza del giudice di pace stabilita “ratione valoris” dall’art. 7 c.p.c., cui fa riferimento l’art. 113 c.p.c., ma in quella speciale attribuita dalla legge “ratione materiae”.

Supporto alla lettura

OPPOSIZIONE A SANZIONE AMMINISTRATIVA

Per la violazione di talune norme non penali sono previste sanzioni amministrative (di solito pecuniarie).

Contro il provvedimento che le applica al trasgressore, questi può proporre opposizione per ottenere l’annullamento totale o parziale del provvedimento, o almeno una riduzione della sanzione.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Giudice di pace di Andria, con sentenza n. 559/2014, accoglieva il ricorso proposto da (omissis) avverso l’ordinanza ingiunzione emessa dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agro-alimentari – Ufficio di Bari) per aver in data 02.11.2011 irregolarmente emesso tre documenti di accompagnamento, oltre ad avere omesso l’annotazione dell’orario di partenza, con riferimento al momento in cui i prodotti venivano consegnati al trasportatore e, per l’effetto, annullava il provvedimento impugnato ritenendo intervenuta la prescrizione del diritto, per essere stata l’ingiunzione notificata 871 giorni dopo l’accertamento dell’illecito.

In virtù di gravame interposto dal Ministero, il Tribunale di Trani, con sentenza n. 1169/2018, dichiarava l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 339 c.p.c., comma 3, per non essersi il Giudice di pace pronunciato secondo equità, ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2 ed averlo erroneamente fatto secondo diritto.

Avverso la sentenza del Tribunale di Trani il Ministero propone ricorso per Cassazione, fondato su un unico motivo.

(omissis) è rimasto intimato.

Ritenuto che il ricorso principale potesse essere accolto, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente notificato al difensore dell’Amministrazione, il Presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Atteso che:

– con l’unico motivo il Ministero ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per violazione della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma undici, nonchè dell’art. 113 c.p.c., comma 2. In particolare, ad avviso del ricorrente la corte territoriale, violando le ordinarie regole in materia di opposizione a sanzione amministrativa, avrebbe erroneamente ritenuto applicabile alla specie l’art. 113 c.p.c., comma 2.

Il motivo è fondato.

preliminare osservare che, sin dalla modifica introdotta alla L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 11, dalla D.Lgs. n. 507 del 1999, art. 99, è stato statuito che nei giudizi di opposizione a sanzione amministrativa, attribuiti alla competenza del giudice di pace, non si applica il disposto dell’art. 113 c.p.c., comma 2. In particolare secondo il consolidato orientamento di questa Corte, anche in assenza di un’apposita disposizione legislativa, quale quella di cui all’art. 23 cit., si arriverebbe alla medesima conclusione, in quanto le opposizioni, della L. n. 689 del 1981, ex art. 22 e ss. non rientrano nella competenza del giudice di pace, stabilita ratione valoris dall’art. 7 c.p.c., comma 1 (cui fa riferimento l’art. 113 c.p.c.), ma in quella speciale attribuita dalla stessa L. 689 cit. e successive modificazioni (art. 22 bis c.p.c.), ratione materiae, onde al riguardo non troverebbe in ogni caso applicazione il richiamato art. 113 c.p.c. (Cass. 30 aprile 2007 n. 23978; Cass. 16 maggio.2006 n. 21075; Cass. 1 febbraio 2006 n. 2231 e Cass. 10 marzo 2005 n. 5297).

Alla luce della statuizione normativa e dell’orientamento giurisprudenziale consolidatosi risulta, dunque, evidente l’errore in cui è incorso il giudice di merito nel dichiarare il ricorso inammissibile, dal momento che nella fattispecie tale giudice avrebbe dovuto pronunciare sentenza, come correttamente ha fatto, secondo diritto.

In conclusione, il ricorso va accolto, con cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio al Tribunale di Trani, in persona di un diverso magistrato, il quale provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso;cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Trani, in persona di diverso magistrato, anche per le spese di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2020

Allegati

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