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Cassazione civile sez. VI-1, 27/01/2020, n. 1807

Massima

Il ricorso per cassazione contro il diniego di protezione internazionale e umanitaria è dichiarato inammissibile quando le doglianze si basano su argomentazioni inconferenti, astratte e generiche, traducendosi sostanzialmente nella non condivisione delle valutazioni di merito operate dai giudici inferiori sulla credibilità del racconto del richiedente.

Supporto alla lettura

PROTEZIONE INTERNAZIONALE

La protezione internazionale è la categoria generale delle figure del diritto di asilo, che l’art. 10 Cost. riconosce allo straniero che nel suo Paese non può esercitare le libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana.

Il nostro sistema prevede tre figure di protezione:

  • status di rifugiato: riguarda il cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può, o non vuole, avvalersi della protezione di tale Paese, oppure apolide che si trova fuori dal territorio nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le medesime ragioni sopra esposte e non può, o non vuole, farvi ritorno (nell’ambito di tali forme di persecuzione, sono state ricomprese alcune specifiche ipotesi fra cui la condizione degli omosessuali incriminati o a rischio di incriminazione perché nei loro Paesi gli atti omosessuali sono reato; la condizione delle donne a rischio di mutilazioni genitali femminili; la condizione dei fedeli di pratiche religiose proibite);
  • protezione sussidiaria:  concerne il cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati  motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe il rischio effettivo di subire un grave danno, da individuarsi nella condanna a morte o nell’esecuzione della pena di morte, oppure nella tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante oppure, infine, nella minaccia grave e individuale alla vita o alla persona derivante da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale;
  • protezione umanitaria: non è uno status, è prevista da leggi nazionali che attuano il suggerimento europeo di proteggere persone in stato di vulnerabilità, per le quali sussistano gravi motivi umanitari (es. le ipotesi di minori non accompagnati; persone a rischio di epidemie nel proprio Paese; persone provenienti da paesi in cui vi è un conflitto armato non così grave da giustificare la protezione sussidiaria; richiedenti che, avendo in attesa della decisione sulla domanda avuto modo di inserirsi stabilmente nella società nazionale, non vanno sradicate dal nuovo contesto di vita).

Lo status di rifugiato è tendenzialmente permanente mentre la protezione sussidiaria dura cinque anni rinnovabili; entrambi possono essere revocati per seri motivi (es. commissione di reati gravi) oppure per il miglioramento radicale della situazione del Paese di origine. Il permesso di soggiorno per motivi umanitari dura di solito due anni rinnovabili ed è rilasciato dal Questore (non dal giudice o dall’organo amministrativo, che si limitano a dichiarare che ve ne sono le condizioni).

La domanda di protezione è proposta in via amministrativa alle forze di polizia ed esaminata dalle Commissioni territoriali insediate nelle sedi stabilite dalla legge. La domanda è istruita con l’ascolto del richiedente asilo (la c.d. intervista) sulla vita passata e sulle ragioni dell’emigrazione, esaminati alla luce delle informazioni sul Paese di origine, le country of origin information (Coi). Decide poi con provvedimento motivato sia rispetto alla credibilità intrinseca che ai riscontri e alle Coi disponibili. Il richiedente può impugnare il provvedimento in tutto o in parte sfavorevole davanti al tribunale del capoluogo del distretto di corte d’appello dove ha sede la commissione territoriale o la sua sezione distaccata che ha emesso il provvedimento, oppure il Cara che ospita il richiedente asilo.

Il giudice decide sul rapporto; non può annullare l’atto perché mal motivato o viziato, ma esamina il merito. Avendo pieni poteri ufficiosi, può ricercare le Coi attraverso riviste, rapporti di ONG, siti Internet specializzati (ma non deve chiedere al Paese di provenienza, il quale potrebbe fornire informazioni falsate o svolgere attività intese a perfezionare la persecuzione dedotta dal richiedente). E’ obbligatorio l’intervento del Pm.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

che:

1. il cittadino nigeriano (omissis) ha invocato la protezione internazionale o umanitaria riferendo di essere stato un cantante e di aver lasciato il proprio Paese poichè, a seguito di un incidente nel quale era morto l’autista che lo stava accompagnando ad uno spettacolo, aveva ricevuto minacce dall’uomo che gli aveva prestato gli strumenti musicali, andati distrutti nell’incidente, il quale aveva ucciso il padre; egli lo aveva denunziato e questi era stato arrestato, ma poi era stato rilasciato dalla polizia corrotta, che addirittura aveva ricevuto soldi per uccidere lo stesso ricorrente, il quale perciò era scappato in Libia nel 2012 rimanendovi due anni prima di arrivare in Italia nel 2016, dopo aver appreso dalla moglie che quello stesso uomo aveva incendiato l’abitazione e ucciso due dei loro tre figli;

2. il Tribunale di Campobasso ha respinto il ricorso avverso il diniego della competente Commissione territoriale, che aveva ritenuto il richiedente totalmente inattendibile per l’incoerenza, le contraddizioni, la vaghezza e l’implausibilità del suo racconto; nel condividere tali conclusioni il giudice a quo ha aggiunto che comunque la vicenda è strettamente personale, senza alcuno sfondo politico, trattandosi di “timori di persecuzione personale” del tutto astratti e congetturali; anche la protezione sussidiaria è stata negata in quanto la zona di provenienza non è interessata da un conflitto armato (v. rapporto Amnesty international 2017-2018); ai fini della protezione umanitaria il tribunale ha infine evidenziato che il ricorrente non ha particolari legami familiari col territorio italiano, nè manifesta patologie che debbano essere necessariamente curate in Italia;

3. avverso la decisione il ricorrente ha proposto tre motivi di ricorso per cassazione; il Ministero intimato non ha svolto difese;

4. a seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Motivi della decisione

che:

5. il primo motivo – con cui si lamenta congiuntamente la violazione di plurimi articoli del D.Lgs. n. 25 del 2008 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, l’omesso esame di fatto decisivo “in relazione alla mancata valutazione della vicenda personale del richiedente e della situazione esistente in Nigeria sulla base della documentazione allegata e dell’omessa attività istruttoria” e la “mancanza totale di motivazione” (art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5) con riguardo allo status di rifugiato e alla protezione sussidiaria – è inammissibile, in quanto basato su argomentazioni inconferenti: a pag. 5 si fa riferimento a “segni di bruciatura sul coro… segno delle persetnioni subite dalla comunità che voleva costringerlo a succedere a/ padre” i quali non trovano riscontro nei fatti di causa; a pag. 6 si fa riferimento ai “genitoli adottivi che sono vecchi e malatì che non compaiono nella storia narrata; a pag. 5 si critica la ritenuta irrilevanza delle “difficoltà di carattere economico”, delle quali in realtà non si parla nel provvedimento impugnato; a pag. 7 e 8 si rivendica lo “status dl nAgiato politico” mai emerso prima; dal canto suo, il tribunale ha puntualmente esaminato i motivi di ricorso e ampiamente motivato sulla non credibilità del racconto del ricorrente; ha inoltre escluso la protezione sussidiaria sulla base di COI acquisite da fonti qualificate; le censure sono in ogni caso astratte e generiche, sostanzialmente traducendosi nella non condivisione delle valutazioni di merito del tribunale (v. pag. 8 del ricorso);

6. le doglianze veicolate con il secondo mezzo – violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998art. 5, comma 6, omesso esame di fatto decisivo, omessa attività istruttoria, motivazione apparente (art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5) in merito a protezione umanitaria – sono parimenti inammissibili, poichè il Tribunale motiva specificamente sulla non credibilità del timore prospettato (minacce per vicende private) e sull’inesistenza di particolari profili di vulnerabilità (familiari o di salute), sicchè le censure finiscono per risultare astratte e generiche;

7. inammissibile è anche la terza censura, con cui sì lamenta la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002 art. 74, comma 2 e art. 136, comma 2, in uno al D.Lgs. n. 25 del 2008art. 28-bis, comma 2, lett. a), poichè per giurisprudenza costante di questa Corte “la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottata con la sentenza che definisce il giudizio di appello, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002art. 136, non comporta mutamenti nel regime impugnatorio che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione dello stesso D.P.R., ex art. 170 dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanta adottata con sentenza, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione, rimedio previsto solo per l’ipotesi contemplata dal citato D.P.R., art. 113 (Cass. 3028/2018, 32028/2018, 29228/2017).

8. l’assenza di difese degli intimati esclude la pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 27 settembre 2019.

Depositato in cancelleria il 27 gennaio 2020

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