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Cassazione civile sez. VI, 09/04/2021, n.9485

Massima

Non è ammesso ricorso straordinario per cassazione contro il decreto di Corte d’appello che ha provveduto sulla domanda di revoca dell’amministratore.

Supporto alla lettura

Revoca Amministratore

L’interruzione del rapporto tra amministratore e condominio può quindi avvenire in due modi:

  • per decisione dell’assemblea condominiale (revoca assembleare);
  • attraverso l’autorità giudiziaria, giudice, quando uno o più condomini depositano ricorso in tribunale (revoca giudiziale).

La legge amministratore di condominio individua con precisione i casi in cui l’amministratore è responsabile e quando può essere soggetto a revoca. L’assemblea può revocare l’amministratore per giusta causa o anche in mancanza di essa. Per il semplice fatto che è venuto a mancare il rapporto fiduciario tra amministratore e condominio. Il comma undicesimo dell’articolo 1129 del codice civile individua i casi in cui l’amministratore può essere revocato per giusta causa. Come revocare amministratore condominio per giusta causa?

  • mediante delibera dell’assemblea condominiale;
  • disposta dall’autorità giudiziaria su ricorso di un condomino quando l’amministratore non adempie all’obbligo di rappresentanza e per amministratore condominio obblighi ulteriori previsti dall’articolo 1131 del codice civile.

L’undicesimo comma articolo 1129 codice civile dice che la revoca dell’amministratore, quando è convocata l’assemblea condominiale, viene deliberata con la stessa maggioranze previste per la sua nomina o con le modalità previste dal regolamento condominiale. Questi sono i modi per stabilire maggioranza per revoca amministratore condominio. Il quorum richiesto è per revoca amministratore condominio maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio (articolo 1136 del codice civile). La revoca dell’amministratore può essere disposta su statuizione del giudice. Ciò può avvenire quando un condomino deposita ricorso revoca amministratore condominio presso il tribunale anche in contrasto con quanto deliberato dall’assemblea condominiale. La revoca giudiziale dell’amministratore può avvenire solo quando c’è una giusta causa. Vediamo nel dettaglio tutti i casi in cui la legge prevede la revoca dell’amministratore per giusta causa. La rimozione amministratore condominio è possibile per:

  • la mancata comunicazione all’assemblea dei condomini della ricezione di un atto di citazione o un provvedimento amministrativo che eccede l’esercizio delle sue funzioni;
  • il mancato reso conto della gestione;
  • la commissione di gravi irregolarità.

Quando l’amministratore è revocato su statuizione del giudice l’assemblea condominiale non può rinominarlo.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Catania ha rigettato l’istanza di D.M.G., condomino del Condominio (OMISSIS), Acireale, che aveva chiesto la revoca di I.G.C. dalla carica di amministratore del condominio, con condanna della parte istante al pagamento delle spese. La Corte d’appello di Catania ha accolto il reclamo proposto dal D.M. e ha revocato l’amministratore dalla carica, condannandolo al pagamento delle spese del doppio grado del giudizio. Per la cassazione del decreto I.G.C. ha proposto ricorso sulla base di un unico motivo, con il quale denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione agli artt. 1131 e 1129 c.c.. Il provvedimento è oggetto di censura nella parte in cui la corte di merito ha posto le spese di lite a carico dell’amministratore revocato. Si sostiene che il procedimento di revoca dell’amministratore non ha natura contenziosa, non essendo perciò applicabili gli artt. 91 c.p.c. e ss. in materia di spese del giudizio. Il ricorso è stato fissato dinanzi alla Sesta sezione civile della Suprema corte su conforme proposta del relatore di manifesta infondatezza.

Il ricorso è infondato.

In tema di condominio negli edifici, non è ammesso il ricorso straordinario per cassazione contro il decreto della Corte di appello che, in sede di reclamo, abbia provveduto sulla domanda di revoca dell’amministratore, al fine di proporre, sotto forma di vizi in indicando o in procedendo, censure che rimettano in discussione la sussistenza o meno di gravi irregolarità nella gestione (nella specie, riconducibili alla mancata convocazione dell’assemblea), perchè tale statuizione, adottata all’esito di un procedimento di volontaria giurisdizione, è priva di efficacia decisoria e non incide su situazioni sostanziali di diritti o status, potendo invece il decreto essere impugnato davanti al giudice di legittimità limitatamente alla statuizione sulle spese di giudizio, concernente posizioni giuridiche soggettive di debito e credito, che discendono da un autonomo rapporto obbligatorio (Cass. n. 15995/2020; n. 9348/2017).

Consegue da quanto sopra che, diversamente da quanto sostiene il ricorrente, la natura del procedimento non determina l’inapplicabilità del principio di soccombenza ai fini della condanna alle spese (Cass., S.U., n. 20957/2004).

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con addebito delle spese del giudizio di legittimità.

Ci sono le condizioni per dare atto D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto”.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nell’importo di Euro 1.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2021

Allegati

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