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Cassazione civile sez. VI, 01/03/2017, n. 5250

Massima

In tema di delibazione di sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale, la prolungata convivenza dei coniugi per un periodo superiore a tre anni, pur configurando una situazione giuridica di ordine pubblico ostativa al riconoscimento della sentenza canonica, costituisce un’eccezione in senso stretto e, come tale, non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma deve essere specificamente eccepita dalla parte interessata. Il giudice di merito che la rilevi d’ufficio, anche se la controparte è rimasta contumace e non l’ha sollevata, decide in modo contrario a tale principio e la sua sentenza è cassabile.

Supporto alla lettura

DELIBAZIONE DI SENTENZA ECCLESIASTICA

Con il termine «delibazione» si intende quella speciale procedura giudiziaria tramite la quale in un determinato Stato viene accordata (a domanda di parte) efficacia giuridica ad un provvedimento di carattere giudiziario emesso dall’autorità giudiziaria di un altro Stato.

A tale procedura possono essere sottoposte anche le sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale emesse dall’ordinamento giudiziario canonico, in applicazione dell’Accordo tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica del 18 febbraio 1984, modificativo della precedente normativa in materia prevista dal Concordato Lateranense del 1929.

Infatti, l’art. 8, n. 2 di tale rinnovata disciplina prevede che la sentenza ecclesiastica di nullità di un matrimonio concordatario (cioè celebrato in forma canonica a cui sia seguita trascrizione ai fini civili) può acquistare efficacia giuridica nella Repubblica italiana previa domanda congiunta di entrambi i coniugi o di uno di essi, da inoltrarsi presso la Corte di appello competente per territorio, che va individuata in quella nel cui distretto si trova il Comune ove fu trascritto il matrimonio stesso.

La domanda di delibazione, che deve necessariamente essere sottoscritta da un procuratore legale, richiede la presenza dei seguenti ed indispensabili presupposti processuali:

  • la sentenza di nullità del matrimonio– è rilasciata dal competente organo giudiziario ecclesiastico, nel rispetto della procedura da osservarsi nei processi di nullità matrimoniale;
  • il decreto di esecutività– è rilasciato dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, nella sua funzione di superiore organo di controllo dell’attività giudiziaria ecclesiastica, con il quale si attesta la esecutività secondo il diritto canonico della delibanda sentenza ecclesiastica di nullità.

La delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio canonico, facendo venir meno retroattivamente i suoi effetti civili fin dal giorno della sua celebrazione (lasciando tuttavia impregiudicati gli eventuali rapporti di filiazione e tutti gli obblighi giuridici ad essi collegati), fa venir meno anche l’esigenza della domanda di divorzio, qualora esso non sia già giudizialmente intervenuto tra le parti. Viceversa, è possibile la delibazione della sentenza ecclesiastica anche se sia già intervenuto il divorzio, i cui effetti personali e patrimoniali già eventualmente ivi statuiti restano comunque fermi ed efficaci.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Caltanissetta, con sentenza 18 dicembre 2014, ha rigettato la domanda di (omissis) che aveva chiesto di dichiarare efficace in Italia la sentenza del Tribunale ecclesiastico regionale (omissis), confermata in appello in data 10 ottobre 2012, dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario contratto con (omissis), il 16 settembre 1997, per esclusione dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale e della prole. La Corte ha ritenuto che la predetta sentenza ecclesiastica non fosse delibabile, ostandovi il fatto, di ordine pubblico, che dopo la celebrazione del matrimonio i coniugi avevano convissuto per un considereviole periodo di tempo e per oltre tre anni, in applicazione della sentenza delle Sezioni Unite n. 16379 del 2014.

(omissis) ha proposto ricorso per cassazione, con il quale ha denunciato la violazione e falsa applicazione di legge, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere il giudice di merito rilevato d’ufficio il fatto della prolungata convivenza, che costituiva oggetto di eccezione in senso stretto che la parte, rimasta contumace, non aveva sollevato nel giudizio di merito. La (omissis) non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente fondato, avendo la sentenza impugnata deciso la causa in senso contrario al principio secondo cui la convivenza triennale come coniugi, quale situazione giuridica di ordine pubblico ostativa alla delibazione della sentenza canonica di nullità del matrimonio, è oggetto di un’eccezione in senso stretto, non rilevabile d’ufficio, nè opponibile dal coniuge, essendo caratterizzata da una complessità fattuale strettamente connessa all’esercizio di diritti, adempimento di doveri e assunzione di responsabilità di natura personalissima (v. Cass., sez. un., n. 16379/2014).

Il ricorso è accolto e la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Caltanissetta, in diversa composizione, anche per le spese.

P.Q.M.

La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Caltanissetta, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2017

Allegati

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