Massima

In materia di istanza di rimborso di un credito IVA che, essendo sorto nel corso di una procedura concorsuale, riveste la natura di credito di massa, l’Amministrazione finanziaria non può legittimamente opporre in compensazione al soggetto cessionario crediti erariali (crediti concorsuali) che risultino sorti antecedentemente all’inizio della procedura medesima.

Supporto alla lettura

IVA

L’imposta sul valore aggiunto (IVA), è un’imposta indiretta applicata in fase di produzione e scambio di un bene o di un servizio. Il fornitore del prodotto o del servizio calcola e addebita l’aliquota al cliente e, successivamente, la versa all’erario utilizzando il modello F24.

Il riferimento normativo fondamentale risiede nel D.P.R. 633/1972 e, attualmente, in Italia, l’aliquota è pari al 22% ma esistono anche aliquote ridotte (4% e 10%) applicate a beni di prima necessità. Si tratta di un’imposta di rilevanza fondamentale per il bilancio dello Stato ma è anche una delle più evase nel panorama italiano ed europeo, motivo per cui è stato introdotto il meccanismo del reverse charge o inversione contabile in alcuni settori particolari dell’economia.

Esistono anche operazioni non imponibili IVA (comprendono le cessioni di beni e prestazioni di servizi nei rapporti con l’estero) e operazioni esenti dall’IVA (cessioni di beni e prestazioni di servizi individuate espressamente dalla legge, il cui elenco si trova nell’art. 10 del D.P.R. n. 633/1972), ma in entrambi i casi valgono tutti gli obblighi IVA (fatturazione, registrazione, dichiarazione), ma non viene addebitata IVA al cliente.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza n. 1545/12/2023 del 20/03/2023, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio (di seguito CGT2) respingeva l’appello proposto dalla società (omissis) Spa (di seguito (omissis)) avverso la sentenza n. 13847/11/19 della Commissione tributaria provinciale di Roma (di seguito CTP), che aveva respinto il ricorso della società contribuente nei confronti di un provvedimento dell’AGENZIA DELLE ENTRATE (di seguito AE) che, con riferimento all’anno d’imposta 2014, aveva sospeso il rimborso della somma di Euro 17.161,50 a fronte di quello richiesto di Euro 117.673,00.

1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, il rimborso della parte del credito non soggetta a sospensione veniva effettuato in corso di causa.

1.2. La CGT2 respingeva l’appello di (omissis) evidenziando che: a) i crediti vantati dall’Amministrazione finanziaria e recati da tre cartelle di pagamento erano sorti in data antecedente alla notifica della cessione del credito da parte di (omissis); b) pertanto, “la compensazione operata dall’Ufficio non (poteva) ritenersi preclusa dalla suddetta cessione”; c) non assumeva alcuna rilevanza la circostanza che il cedente non aveva comunicato al cessionario l’esistenza di crediti pregressi.

2. (omissis) impugnava la sentenza della CGT2 con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ.

3. AE resisteva con controricorso.

Motivi della decisione

1. Il ricorso di Ifis è affidato a tre motivi, di seguito riassunti.

1.1. Con il primo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 115 cod. proc. civ., degli artt. 14, 15, 24, 25, 26, 45, 8/ e segg. del D.P.R. 29 settembre 19/3, n. 602, dell’art. 38 bis del D.P.R. 26 ottobre 19/2, n. 633 (decreto IVA), dell’art. 60 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, dell’art. 23 del D.Lgs. 18 dicembre 199/, n. 4/2 e degli art. 56130 e 135 L. Fall. (ora, in termini, artt. 155246 e 248 CCII). Nella prospettazione di parte ricorrente, la CGT2 avrebbe proceduto alla sospensione parziale del rimborso del credito IVA in violazione delle norme e dei principi in tema di prova della pretesa tributaria fatta valere dall’Amministrazione, non avendo proceduto alla regolare notificazione delle cartelle di pagamento e degli atti della riscossione.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1241 ss. e 1260 ss. cod. civ., dell’art. 56 L. Fall. (ora, in termini, art. 155 CCII), nonché dell’art. 38 bis del decreto IVA, dell’art. 60 del r.d. n. 2440 del 1923 e dell’art. 23 del D.Lgs. n. 4/2 del 199/, per avere la CGT2 erroneamente ritenuto l’applicazione, in materia di compensazione fallimentare, delle disposizioni previste dal codice civile anziché della specifica previsione dell’art. 56 L. Fall.

1.3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza o del procedimento per omessa pronuncia su punti decisivi della controversia in violazione degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ., dell’art. 36 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 135 L. Fall. (ora in termini art. 248 CCII). In particolare, il giudice di appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla esdebitazione ex lege conseguente all’omologa e alla completa esecuzione del concordato fallimentare.

2. I tre motivi possono essere unitariamente esaminati.

2.1. Va premesso che, secondo un recente arresto di questa Corte, “L’Amministrazione finanziaria, se è presentata istanza di rimborso di un credito IVA maturato nel corso di una procedura concorsuale e successivamente ceduto, può legittimamente opporre in compensazione al cessionario istante crediti erariali “omogenei”, cioè maturati anch’essi dopo l’inizio della procedura concorsuale, non ostando alla compensazione gli effetti esdebitatori riconnessi alla chiusura della procedura medesima; in tal caso, peraltro, l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di fornire in giudizio la prova dell’esistenza dei crediti erariali opposti in compensazione, non essendo sufficiente la produzione di semplici estratti di ruolo” (Cass. n. 11464 del 29/04/2024).

2.2. Il superiore principio si giustifica in ragione del principio ricavabile dall’art. 56 L. Fall. (oggi art. 155 CCII), il quale deroga alle regole ordinarie in tema di compensazione. Pertanto, a fronte della richiesta di rimborso, l’Amministrazione finanziaria può opporre in compensazione l’esistenza di crediti erariali, purché omogenei a quelli indicati nell’istanza: vale a dire che a fronte di crediti maturati antecedentemente (crediti concorsuali) o in corso di procedura concorsuale (crediti di massa), possono essere opposti in compensazione crediti erariali maturati, rispettivamente, ante procedura o in corso di procedura; non possono, invece, essere opposti in compensazione crediti erariali maturati antecedentemente alla procedura concorsuale a crediti di massa ovvero crediti erariali maturati nel corso della procedura concorsuale a crediti concorsuali.

2.3. Le superiori conclusioni non sono messe in discussione dagli effetti esdebitatori del fallimento e dei concordati (preventivo e fallimentare): da un lato, detti effetti riguardano esclusivamente i crediti concorsuali (e non anche quelli di massa) e, dall’altro, la compensazione ex art. 56 e 169 L. Fall. opera, laddove eccepita, prima e indipendentemente dal verificarsi di un simile effetto.

2.4. Infine, va ricordato che nel caso di contestazione dei crediti erariali alla base del provvedimento di sospensione o diniego, l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di dimostrare compiutamente i fatti costitutivi del credito opposto in compensazione, non essendo sufficiente la produzione del semplice estratto di ruolo che, come noto, è un atto interno all’Amministrazione finanziaria (cfr., ex multis, Cass. n. 22507 del 09/09/2019Cass. n. 22184 del 22/09/2017).

2.4.1. Non si tratta, infatti, di procedere all’ammissione di detti crediti al passivo di una procedura fallimentare (per la quale è sufficiente una prova “semplificata”), ma della opponibilità degli stessi in sede contenziosa ad un soggetto terzo (il cessionario), qual è oggi (omissis).

2.5. Applicando i superiori principi di diritto al caso di specie, deve ritenersi la fondatezza dei primi due motivi di ricorso.

2.5.1. Se è vero, come affermato dalla difesa erariale, che l’Amministrazione finanziaria non debba fornire alcuna prova certa della esistenza di controcrediti ai fini del diniego di rimborso o, come nel caso di specie, dell’emissione del provvedimento di sospensione, è altrettanto vero che detta prova deve essere fornita nel giudizio nel quale si discute della legittimità del diniego ovvero della sospensione, non essendo sufficiente la mera indicazione dell’esistenza di cartelle di pagamento che recano i predetti crediti.

2.5.2. In proposito, il giudice di appello si limita a dare atto delle contestazioni della società contribuente al riguardo (le cartelle di pagamento non sono state mai regolarmente notificate), ma non le prende in considerazione, “accontentandosi” della mera indicazione da parte di AE dell’esistenza di dette cartelle.

2.5.3. Inoltre, la CGT2 non prende in considerazione la rilevanza del momento di insorgenza dei crediti offerti in compensazione con riferimento alla data di inizio della procedura concorsuale: posto che il credito IVA è sorto dopo l’inizio della procedura, la possibile compensazione e, quindi, la legittimità della sospensione del rimborso è condizionata dalla circostanza che i controcrediti erariali siano anch’essi sorti successivamente all’inizio della procedura.

2.6. Infondato è, invece, il terzo motivo di ricorso, in ragione dell’evidenziata irrilevanza degli effetti esdebitatori riconnessi al concordato fallimentare.

3. In conclusione, vanno accolti i primi due motivi di ricorso, rigettato il terzo; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, rigettato il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del presente procedimento.

Così deciso in Roma, il 08 aprile 2025.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2025

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