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Cassazione civile sez. V, 25/09/2025, n. 26172

Massima

L’avveramento dell’evento dedotto in condizione risolutiva all’interno di una compravendita immobiliare non esonera l’acquirente, in quanto titolare della proprietà (ancorché “risolubile”), dall’obbligazione tributaria (IMU, e per estensione ICI) per le annualità maturate in epoca successiva all’avveramento stesso, nonostante la retroattività (ex tunc) della caducazione degli effetti traslativi. L’obbligazione permane finché l’ente impositore non abbia acquisito conoscenza della sopravvenienza di tale evento, non rilevando a tal fine la sola annotazione della relativa ricognizione intervenuta tra le parti in margine alla trascrizione della compravendita condizionata ai sensi dell’art. 2655, comma 1, cod. civ.

Supporto alla lettura

IMU

L’Imposta Municipale Propria (IMU) è l’imposta dovuta per il possesso di fabbricati, escluse le abitazioni principali classificate nelle categorie catastali diverse da A/1, A/8 e A/9, di aree fabbricabili e di terreni agricoli ed è dovuta dal proprietario o dal titolare di altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie), dal concessionario nel caso di concessione di aree demaniali e dal locatario in caso di leasing.

L’IMU è stata introdotta, a partire dall’anno 2012, sulla base dell’art. 13 del D. L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in sostituzione dell’imposta comunale sugli immobili (ICI).

A decorrere dal 2014 e fino al 2019, poi, l’IMU è stata individuata dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità per il 2014) quale imposta facente parte, insieme al tributo per i servizi indivisibili (TASI) e alla tassa sui rifiuti (TARI), dell’imposta unica comunale (IUC).

La legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio per il 2020) ha successivamente abolito, a decorrere dall’anno 2020, la IUC e – tra i tributi che ne facevano parte – la TASI. Sono, invece, rimasti in vigore gli altri due tributi che componevano la IUC, vale a dire la TARI e l’IMU, quest’ultima come ridisciplinata dalla stessa legge n. 160 del 2019.

L’IMU si applica in tutti i comuni del territorio nazionale. È fatta salva l’autonomia impositiva prevista dai rispettivi statuti della regione Friuli-Venezia Giulia e delle province autonome di Trento e di Bolzano; per queste ultime province continuano ad applicarsi, rispettivamente, l’Imposta immobiliare semplice (IMIS) e l’imposta municipale immobiliare (IMI) (art. 1, comma 739, della legge n. 160 del 2019).

Ambito oggettivo di applicazione

RILEVATO CHE:

1. La “(omissis)”, in qualità di società di gestione del fondo comune d’investimento immobiliare speculativo di tipo chiuso riservato ad investitori qualificati denominato “(omissis)”, a seguito di subentro – con decorrenza dal 10 giugno 2013 fino al 27 marzo 2017 – alla “(omissis) S.p.A.”, ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Basilicata il 6 aprile 2018, n. 196/1/2018, che, in controversia su impugnazione di diniego di rimborso (con provvedimento reso l’8 ottobre 2015, prot. n. 7829, su istanza del 4 settembre 2015) – dell’IMU corrisposta per gli anni 2013 e 2014 nella misura di € 26.437,00, con riguardo a due impianti fotovoltaici ubicati nel Comune di Picerno (PZ), di cui il predetto fondo comune d’investimento era proprietario, essendo cessati ex tunc gli effetti traslativi della compravendite stipulate tra la “(omissis) S.r.l.” e la “(omissis) S.p.A.”, con rogiti notarili del 30 novembre 2011 e del 29 febbraio 2012, entrambe sotto la condizione risolutiva della mancata concessione di finanziamenti bancari entro il termine del 31 maggio 2012 (art. 9 delle pattuizioni contrattuali), per il sopravvenuto avveramento degli eventi dedotti in condizione risolutiva, rispettivamente, per la prima compravendita, il 21 maggio 2012 e, per la seconda compravendita, il 31 maggio 2012, in base alla ricognizione fattane tra la “(omissis) S.r.l.” e la “(omissis) S.p.A.”, con rogiti notarili del 3 ottobre 2014, ha rigettato l’appello proposto dalla “(omissis) S.p.A.” nei confronti del Comune di Picerno (PZ) avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Potenza il 7 giugno 2016, n. 391/1/2016, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali.

2. La Commissione tributaria regionale ha confermato la decisione di primo grado – che aveva rigettato il ricorso originario della contribuente – sul rilievo che la caducazione ex tunc degli atti di acquisto – per effetto della retroattività della condizione risolutiva – non pregiudicasse la pretesa impositiva del Comune di Picerno (PZ), essendo ancora rimasta la “(omissis) S.p.A.” nel godimento (sia pure sine titulo) degli impianti fotovoltaici.

3. Il Comune di Picerno (PZ) si è costituito in giudizio con “memoria di deposito” della procura conferita al proprio difensore «su foglio separato ed allegato».

4. Nel corso del giudizio di legittimità, la “(omissis) S.p.A.” ha spiegato intervento volontario in ragione del subentro – con decorrenza dal 13 ottobre 2020 – alla “(omissis) S.p.A.” nella gestione del predetto fondo comune d’investimento, aderendo ai motivi del ricorso per cassazione.

5. Il Comune di Picerno (PZ) ha depositato anche memoria illustrativa.

CONSIDERATO CHE:

1. Il ricorso è affidato a tre motivi.

1.1 Con il primo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13, comma 2, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in combinato disposto con l’art. 9, comma 1, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, nonché degli artt. 1360 e 1361 cod. civ., 23 e 53 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che «(non la proprietà bensì) il semplice possesso (svincolato, quindi, dalla titolarità del diritto reale) costituisca condizione di per sé sufficiente a far sorgere l’obbligazione tributaria, asserendo che “il diritto di proprietà non è mai stato preso dal Comune a presupposto dell’imposta, avendo, più correttamente, fatto riferimento al possesso materiale dei beni”».

1.2 Con il secondo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1224, secondo comma, cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per non essere stata riconosciuta dal giudice di secondo grado, in conseguenza del denegato diritto al rimborso, la sussistenza del danno da svalutazione monetaria sulla somma da restituire alla contribuente.

1.3 Con il terzo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di pronunciarsi sul motivo di appello circa il danno da svalutazione monetaria.

2. Va rilevata in limine litis l’inammissibilità della “memoria di deposito” del Comune di Picerno (PZ), che non si è costituito in giudizio mediante un rituale controricorso ex art. 370 cod. proc. civ.

Pertanto, l’ente impositore deve considerarsi mero “intimato” nel presente procedimento, essendosi irritualmente costituito mediante una semplice “memoria” sprovvista di qualsivoglia contenuto difensivo.

Premesso che ai giudizi di legittimità introdotti con ricorso notificato prima dell’1 gennaio 2023, non si applicano gli artt. 370 e 371 cod. proc. civ., come novellati dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, non essendo tali disposizioni richiamate dall’art. 35, sesto comma, del medesimo decreto legislativo fra quelle che – in deroga alla regola generale di cui al precedente quinto comma – sono applicabili anche ai giudizi introdotti con ricorso già notificato a tale data, per i quali non è stata ancora fissata pubblica udienza o adunanza in camera di consiglio (Cass., Sez. 3^, 11 aprile 2025, n. 9501), è pacifico che la parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddirvi, deve farlo mediante controricorso contenente, ai sensi dell’art. 366 cod. proc. civ. (richiamato dall’art. 370, secondo comma, cod. proc. civ.), l’esposizione delle ragioni atte a dimostrare l’infondatezza delle censure mosse alla sentenza impugnata dal ricorrente. In mancanza di tale atto, essa non può presentare memoria, ma solamente partecipare all’eventuale discussione orale (da ultime: Cass., Sez. 1^, 8 luglio 2022, n. 21731; Cass., Sez. 3^, 9 febbraio 2023, n. 4049; Cass., Sez. Trib., 16 dicembre 2024, n. 32755; Cass., Sez. 3^, 23 aprile 2025, n. 10654).

3. Ciò detto, si deve, altresì, dichiarare l’inammissibilità dell’intervento volontario ad adiuvandum della “(omissis) S.p.A.”, in qualità di subentrante alla “(omissis) S.p.A.” nella gestione del predetto fondo comune d’investimento.

Invero, secondo il più recente orientamento di questa Corte, il successore a titolo particolare nel diritto controverso può ben impugnare per cassazione la sentenza di merito, entro i termini di decadenza, ma non può intervenire nel giudizio di legittimità, mancando una espressa previsione normativa riguardante la disciplina di quell’autonoma fase processuale, che consenta al terzo la partecipazione al giudizio con facoltà di esplicare difese, assumendo una veste atipica rispetto alle parti necessarie, che hanno partecipato al giudizio di merito (Cass., Sez. 3^, 11 maggio 2010, n. 11375; Cass., Sez. 1^, 7 aprile 2011, n. 7986; Cass., Sez. 1^, 30 maggio 2014, n. 12179; Cass., Sez. 1^, 19 febbraio 2015, n. 3336; Cass., Sez. 1^, 23 marzo 2016, n. 5759; Cass., Sez. 1^, 4 marzo 2021, n. 5987; Cass., Sez. 2^, 16 dicembre 2022, n. 36923; Cass., Sez. 2^, 29 dicembre 2023, n. 36459; Cass., Sez. 3^, 13 giugno 2024, n. 16526; Cass., Sez. 3^, 30 marzo 2025, n. 8345), a meno che il dante causa non si sia costituito nel giudizio di legittimità, ai fini dell’esercizio del potere d’azione derivante dall’acquistata titolarità del diritto controverso, determinandosi, in difetto, un’ingiustificata lesione del suo diritto di difesa. Tuttavia, tale ipotesi non ricorre nel caso di specie, essendo stato parte il dante causa sin dal giudizio di primo grado.

4. Il primo motivo è fondato.

4.1 La censura attinge la sentenza impugnata nella parte cui è stato affermato che: «Orbene, nel caso di specie è dato incontestato pure dalla società ricorrente che all’art. 9 dei due contratti di compravendita veniva stabilita tra le parti contraenti la contestuale immissione nel “possesso” dei beni, “con tutti i conseguenti effetti” (evidentemente anche ex lege tributaria), a nulla significando il mancato consolidarsi ab origine anche del diritto di proprietà in capo alla acquirente per il verificarsi degli effetti ex tunc della condizione risolutiva, presupposto dominicale non preso in considerazione dal comune, assorbita dalla ctp pertanto la delibazione della conoscenza o meno dell’ente del verificarsi della condizione, circostanza chiaramente ininfluente in ordine alla legittimità del diniego (che appunto non la cita affatto in motivazione) né per la decisione della lite. Il fatto, poi, che presupposto del tributo sia anche il possesso dell’immobile e non solo la proprietà del bene nel caso di scissione e non coincidenza è dato incontestato anche dalla contribuente (…)».

4.2 Secondo la ricorrente, la retroattività “reale” dell’avveramento dell’evento dedotto in condizione risolutiva travolgerebbe ex tunc gli effetti traslativi della compravendita condizionata, facendo venir meno ab origine il presupposto impositivo (cioè, la titolarità della proprietà), non essendo sufficiente a tal fine la perduranza in capo al compratore del mero possesso non qualificato (cioè, sganciato dalla titolarità della proprietà) dopo la cessazione dell’efficacia contrattuale.

4.3 In verità, l’assunto non coglie appieno nel segno. Difatti, come è stato anche sostenuto in dottrina, la titolarità della c.d. “proprietà risolubile” (cioè, la proprietà acquistata in virtù di titolo sottoposto a condizione risolutiva) costituisce idoneo presupposto ex art. 3 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, almeno fino all’avveramento dell’evento a cui le parti hanno subordinato la cessazione degli effetti contrattuali ex art. 1353 cod. civ., con il conseguente ripristino ex tunc della titolarità della proprietà in capo al venditore.

Nella specie, però, l’obbligazione tributaria è riferita ad anni (2013 e 2014), in cui la condizione risolutiva si era già avverata prima della scadenza del termine all’uopo fissato (il 21 maggio 2012 ed il 31 maggio 2012), pur essendone stata constatata la sopravvenienza – mediante convenzione di ricognizione tra le parti – soltanto in epoca successiva (con rogiti notarili del 3 ottobre 2014).

4.4 Ora, in difetto di una comunicazione ad hoc da parte della contribuente, è indubbio che l’ente impositore non potesse avere alcuna cognizione dell’avveramento dell’evento dedotto in condizione risolutiva prima dell’annotazione della ricognizione intervenuta tra le parti il 3 ottobre 2014 in margine alla trascrizione della compravendita.

Tuttavia, il giudice di appello non si è curato di accertare se l’ente impositore potesse aver acquisito tale conoscenza in epoca anteriore all’annotazione della relativa ricognizione in margine alla trascrizione delle compravendite condizionate ex art. 2655, primo comma cod. civ. (come si dà atto alla nota 2 a piè della pagina 14 del ricorso).

Invero, anche a voler ritenere che, in assenza di trascrizione o annotazione nei registri immobiliari, l’ente impositore si possa avvalere di una presunzione iuris tantum di permanenza della titolarità del diritto di proprietà in capo al proprietario sub condicione, ciò che rileva è la conoscenza eventualmente acquisita aliunde in epoca antecedente alla maturazione delle annualità oggetto di accertamento.

L’ente impositore non può, dunque, dolersi sic et simpliciter di non aver potuto acquisire conoscenza della sussistenza del presupposto impositivo, riguardo alla corretta individuazione del soggetto passivo, se non attraverso la pubblicità immobiliare (in senso analogo, con riguardo a diversa fattispecie: Cass., Sez. Trib., 19 febbraio 2025, n. 4329).

4.5 Il giudice di merito si atterrà, quindi, al seguente principio di diritto: «In tema di IMU (come anche in tema di ICI), l’avveramento dell’evento dedotto in condizione risolutiva – mediante specifica pattuizione all’interno – di una compravendita immobiliare non esonera l’acquirente, in quanto titolare della proprietà (ancorché “risolubile”) ex art. 9, comma 1, d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (nonché, per l’ICI, ex art. 3 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504), dall’obbligazione tributaria per le annate maturate in epoca successiva, nonostante la caducazione retroattiva degli effetti traslativi, almeno fino a quando l’ente impositore non abbia acquisito conoscenza della sopravvenienza di tale evento, non rilevando a tal fine la sola annotazione della relativa ricognizione tra le parti in margine alla trascrizione della compravendita condizionata ex art. 2655, primo comma cod. civ.».

5. Il secondo motivo ed il terzo motivo – di cui si rende opportuna la trattazione congiunta per la comune attinenza alla pretesa del maggior danno da svalutazione monetaria in aggiunta al rimborso del tributo (asseritamente) indebito – sono inammissibili.

5.1 La ricorrente si duole per il mancato riconoscimento del maggior danno da svalutazione monetaria ex art. 1224, secondo comma, cod. civ. sulla somma pretesa in restituzione.

Dall’esposizione degli antefatti processuali si evince che tale domanda era stata proposta sin dall’instaurazione del giudizio di prima istanza.

5.2 Tuttavia, le Sezioni Unite di questa Corte hanno recentemente ribadito che la domanda con cui il contribuente chieda in via autonoma il maggior danno, ulteriore rispetto a quello forfettariamente determinato dagli interessi legali previsti dalla disciplina tributaria, derivante dal ritardo nel versamento di un rimborso effettuato spontaneamente dall’amministrazione fiscale, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, poiché, mancando una contestazione sul rapporto tributario principale (quale il diritto al rimborso o al riconoscimento del credito d’imposta), non può dirsi mai sorta una controversia su questione riservata alla giurisdizione tributaria dall’art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, né, di conseguenza, sussistente un rapporto di accessorietà con la lite che riguarda unicamente il danno di cui all’art. 1224, secondo comma, cod. civ. (Cass., Sez. Un., 21 dicembre 2022, n. 37445).

6. Alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi la fondatezza del primo motivo e l’inammissibilità dei restanti motivi, il ricorso può trovare accoglimento entro tali limiti e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata (ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a), della legge 31 agosto 2022, n. 130), in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’inammissibilità dell’intervento volontario nel presente procedimento;
accoglie il primo motivo e dichiara l’inammissibilità dei restanti motivi;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 9 settembre 2025.

Allegati

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