Massima

In sede di accertamento tributario, il principio di inutilizzabilità della prova acquisita in modo irregolare (o irritualmente acquisita), proprio del codice di procedura penale, non trova applicazione. Di conseguenza, la validità dell’atto impositivo fondato sull’utilizzo di documentazione bancaria non è pregiudicata dalla riscontrata assenza o da un’eventuale illegittimità dell’autorizzazione necessaria per la sua acquisizione o utilizzazione.

Supporto alla lettura

ACCERTAMENTO TRIBUTARIO

L’accertamento tributario (o fiscale) è il complesso degli atti della pubblica amministrazione volti ad assicurare l’attuazione delle norme impositive.

L’attività di accertamento delle imposte da parte degli uffici finanziari ha carattere meramente eventuale, essendo prevista nel nostro sistema l’autoliquidazione dei tributi più importanti da parte del contribuente stesso, tramite l’istituto della dichiarazione. Gli uffici intervengono quindi soltanto per rettificare le dichiarazioni risultate irregolari o nel caso di omessa presentazione delle stesse.

A seconda del metodo di accertamento utilizzato, questo può essere:

  • analitico: attraverso l’analisi della documentazione contabile e fiscale;
  • analitico-induttivo: cioè misto, basato su un esame documentale e presunzioni, di norma fondate su elementi gravi, precisi e concordanti, salvo in caso di omessa dichiarazione o di contabilità inattendibile/omessa;
  • induttivo: attraverso l’utilizzo esclusivo di presunzioni che possono essere anche esclusivamente semplici;
  • sintetico: fondato su coefficienti ministeriali.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

La C.T.P. di Avellino rigettava il ricorso proposto dalla curatela del Fallimento di (omissis) avverso avvisi di accertamento per IRPEF e IVA relativi agli anni 1995, 1996 e 1997.

La C.T.R. Campania accoglieva l’appello proposto dalla suddetta curatela rilevando che la documentazione bancaria era stata acquisita dalla G.d.F. sulla base di un’autorizzazione del Procuratore della Repubblica che, non essendo inserita in un procedimento penale, è atto di un procedimento amministrativo che come tale andava motivato, quantomeno facendo riferimento agli indizi di violazione di norma tributaria che giustificavano la richiesta della G.d.F..

Avverso questa sentenza ricorrono per cassazione il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate; resiste con controricorso il Fallimento.

Motivi della decisione

Col primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., la ricorrente rileva che la C.T.R., deducendo la mancanza di motivazione del provvedimento autorizzativo, ha pronunciato su di un motivo non prospettato nel ricorso introduttivo.

Col secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973art. 32, comma 7, e art. 33, comma 3, nonchè D.P.R. n. 633 del 1972art. 54, oltre che vizi di motivazione, la ricorrente rileva che, a norma dell’art. 33 citato, comma 3, la necessità della previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria è prevista solo quando l’amministrazione finanziaria intenda utilizzare a fini fiscali dati raccolti in sede di indagini penali, restando perciò esclusa la necessità di autorizzazione in assenza di indagini penali.

In ogni caso i giudici d’appello non avrebbero in alcun modo chiarito perchè nella specie non vi sarebbe un processo penale, posto che, come risulta dal provvedimento di autorizzazione riportato, viene citato l’art. 248 c.p.p., e, in ogni caso, che il pubblico ministero non è organo amministrativo.

La censura esposta nel primo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto, se è vero che la Corte di Cassazione, quando sia denunciato un error in procedendo, quale il vizio di ultra o extrapetizione, è anche giudice del fatto ed ha il potere – dovere di esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia, per il sorgere di tale potere – dovere è necessario, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (v. Cass. n. 1170 del 2004).

Le censure esposte nel secondo motivo di ricorso sono fondate nei termini di cui in prosieguo.

In proposito, giova rilevare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la mancanza della autorizzazione dell’ispettore compartimentale (o, per la Guardia di Finanza, del comandante di zona) prevista ai fini della richiesta di acquisizione, dagli istituti di credito, di copia dei conti bancari intrattenuti con il contribuente, non preclude l’utilizzabilità dei dati acquisiti, atteso che la detta autorizzazione attiene ai rapporti interni e che in materia tributaria non vige il principio (presente nel codice di procedura penale) della inutilizzabilità della prova irritualmente acquisita, salvi i limiti derivanti da eventuali preclusioni di carattere specifico (v. Cass. n. 4987 del 2003).

E’ inoltre da rilevare che, sempre secondo la giurisprudenza di legittimità, l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria, richiesta per la trasmissione, agli uffici delle imposte, dei documenti, dati e notizie acquisiti dalla Guardia di finanza nell’ambito di un procedimento penale, è posta a tutela della riservatezza delle indagini penali, non dei soggetti coinvolti nel procedimento medesimo o di terzi, con la conseguenza che la mancanza dell’autorizzazione, se può avere riflessi anche disciplinari a carico del trasgressore, non tocca l’efficacia probatoria dei dati trasmessi, nè implica l’invalidità dell’atto impositivo adottato sulla scorta degli stessi. Quanto poi al requisito motivazionale del provvedimento autorizzatorio, l’apprezzamento della gravità degli indizi può essere espresso anche in modo sintetico, oppure indiretto, tramite il riferimento ai dati allegati dall’autorità richiedente (v. tra le altre Cass. n. 28695 del 2005).

Sulla base di quanto sopra esposto, deve concludersi che, a prescindere da ogni altra considerazione, la mancanza (e, a fortiori, l’eventuale illegittimità) dell’autorizzazione (del comandante di zona o dell’autorità giudiziaria) ai fini dell’acquisizione di documentazione bancaria (ovvero dell’utilizzazione di quella acquisita nell’ambito di un processo penale) non incide sul valore probatorio dei dati acquisiti nè sulla validità dell’atto impositivo adottato sulla scorta dei suddetti dati.

In tali termini il ricorso deve essere pertanto accolto e la sentenza impugnata che ha fatto applicazione di una regula iuris diversa deve essere cassata con rinvio ad altro giudice che provvedere a decidere la controversia facendo applicazione del principio di diritto sopra esposto, liquidando altresì le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese a diversa sezione della C.T.R. Campania.

Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2008.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2009

Allegati

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